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Il mezzosoprano Veronica Simeoni è la regale Amneris nella sontuosa produzione di Aida programmata dal festival lirico dei Teatri di Pietra 2025 nei teatri antichi di Siracusa, Tindari e Taormina

"Una esperienza unica. Ricoprire questo ruolo in questi posti significa confrontarsi non solo con Verdi, ma anche con la storia e con il mito"

Redazione La Sicilia

29 Luglio 2025, 13:28

Simeoni 2

“Respirare il mito”: non poteva essere più evocativo il concept della sesta edizione del Festival Lirico dei Teatri di Pietra 2025, promosso dal Coro Lirico Siciliano sotto la direzione artistica di Francesco Costa. La manifestazione ha riportato l’opera lirica nelle scenografie naturali e monumentali dei teatri antichi della Sicilia: il Teatro Greco di Siracusa (24 luglio), il Teatro Greco di Tindari (27 luglio) e il Teatro Antico di Taormina (29 luglio). Il titolo centrale di quest’estate è stato “Aida” di Giuseppe Verdi, proposta in un’inedita edizione critica a cura di Anselm Gerhard, in scena per la prima volta al mondo con l’inserimento del coro “palestriniano” all’inizio dell’Atto III.

Nel ruolo di Amneris, una protagonista assoluta: il mezzosoprano Veronica Simeoni (nelle foto), applaudita in tutta Europa per la sua intensità drammatica, eleganza vocale e versatilità. Nel ruolo del titolo il soprano Pumeza Matshikiza, il tenore Walter Fraccaro come Radamès, e il baritono Badral Chuluunbaatar quale Amonasro, direzione musicale di Filippo Arlia, regia di Salvo Dolce. L’allestimento ha unito filologia, accessibilità (grazie alla traduzione simultanea in LIS nella rappresentazione di Taormina) e suggestione scenografica, diventando uno degli eventi culturali più significativi dell’estate italiana. Una messinscena che ha potuto contare sull’esperienza e carisma di Veronica Simeoni, forte del suo percorso artistico e della visione interpretativa del repertorio verdiano, come ci racconta lei stessa.

- Cosa ha significato per lei interpretare Amneris in questa produzione monumentale di “Aida”, tra teatri antichi e una nuova edizione critica?

- È stata un’esperienza unica, sotto ogni aspetto. Cantare Amneris in luoghi come il Teatro Greco di Siracusa o il Teatro di Tindari significa confrontarsi non solo con Verdi, ma anche con la storia e il mito. Il contesto, così carico di bellezza e memoria, entra nel respiro dell’interpretazione. Il lavoro sull’edizione critica di Gerhard ci ha restituito sfumature drammaturgiche profonde, e Amneris emerge in tutta la sua complessità: non solo la principessa gelosa, ma una donna divisa, umana, vera.

- Il ruolo di Amneris è spesso considerato tra i più difficili del repertorio verdiano: vocalmente e psicologicamente. Qual è stata per lei la sfida più grande nell’affrontarlo?

Amneris è una montagna da scalare. Verdi le affida momenti di grande forza, ma anche fragilità. La scena del giudizio nel quarto atto è un vertice assoluto: vocalmente è una prova di resistenza e controllo, psicologicamente è il punto di rottura del personaggio. La difficoltà sta nel tenere insieme regalità, rabbia, amore, dolore, senza mai cedere alla caricatura. Ho cercato di rendere la sua evoluzione emotivala più autentica possibile, lasciando spazio al dramma senza perdere il rigore musicale”.

 Lei è uno dei mezzosoprani italiani più apprezzati a livello internazionale. Come descriverebbe il suo percorso artistico?

Graduale e coerente. Ho studiato con una grande maestra, Raina Kabaivanska,  e il mio cammino è iniziato con le vittorie al “Pavarotti”, al “Viotti” di Vercelli e al concorso Voci Verdiane,  oltre al riconoscimento di Spoleto. Ho avuto da allora la fortuna di lavorare nei maggiori teatri italiani ed europei: dalla Fenice di Venezia all’ Opernhaus Zürich, dal Teatro Regio di Torinoalla Scala di Milano. Ho iniziato con ruoli come Fenena o Adalgisa, per poi arrivare a Charlotte, Carmen, Didon, Eboli. Ogni tappa è stata una scoperta, un’evoluzione. Credo molto nello studio continuo, nel rispetto del testo e nella crescita vocale lenta e solida”.

- Tra i suoi ruoli appunto Charlotte (Werther), Didon (Les Troyens), Adalgisa (Norma) e Carmen: quali elementi questi personaggi condividono con Amneris e come influiscono nel suo approccio interpretativo?

Sono tutte donne forti e contraddittorie. E tutte, in modo diverso, portano in scena un conflitto interiore. Charlotte è il dovere, Didon è l’abbandono,  Adalgisa la solidarietà femminile, Carmen è la libertà, Amneris è la passione trattenuta. Io cerco sempre l’umanità del personaggio: il gesto, lo sguardo, la parola che fa emergere il loro dolore o il loro coraggio. Il mio metodo è drammaturgico: partire dalla musica, certo, ma costruire attorno a essa una psicologia credibile. Il canto deve diventare verità”.

- Cantare in un teatro antico, tra cielo e pietra, ha influenzato la sua interpretazione? Ci racconta un momento che porterà nel cuore?

Assolutamente sì. Il tramonto a Siracusa, con le prime note dell’opera che risuonavano tra le colonne, è stato un momento irripetibile. La luce cambiava, il pubblico sembrava sospeso nel silenzio, e in quel silenzio tutto si caricava di senso. La voce diventa parte del paesaggio, non solo suono ma materia viva tra le pietre. Ho sentito una connessione profonda con la scena, con il passato, con il pubblico. È un’emozione che porterò sempre con me”.

- Guardando al futuro, quali ruoli o progetti sente vicini?

Mi piacerebbe tornare a interpretare Ebolie Azucena in nuove produzioni. Sono due personaggi che sento maturati in me. Poi mi affascina il repertorio da camera e sinfonico: Berlioz, Mahler, Ravel, Britten. Ho avuto esperienze molto belle con i Lieder di Hahn e i Rückert-Lieder di Mahler, e credo che questo tipo di repertorio sia un territorio prezioso per ogni interprete. Lavorare sul dettaglio, sul colore, sulla parola: è una forma diversa, ma profondissima, di lirismo”.

- Che consiglio darebbe oggi a una giovane cantante che sogna di diventare mezzosoprano come lei?

Direi: non avere fretta. Studiare, ascoltare, capire la propria voca. Il mezzosoprano ha un repertorio vasto ma complesso, e non basta avere una bella vocalità. Serve coscienza musicale, resistenza psicologica, empatia. Il mio consiglio è di formarsi bene, cantare solo quello che si è pronti ad affrontare, e non smettere mai di cercare la verità interpretativa. E poi, tanto amore per la musica. Quello è il motore di tutto”.

L’Amneris di Veronica Simeoni nel Festival Lirico dei Teatri di Pietra 2025 ha lasciato un’impronta profonda: una figura regale e umana al tempo stesso, vibrante di forza scenica e raffinatezza musicale. In un progetto che ha coniugato rigore filologico, innovazione scenica e accessibilità culturale,la sua interpretazione è risultata non solo centrale, ma simbolica di un nuovo modo di intendere l’opera: immersa nel paesaggio, ispirata all’universo mitico, viva nel presente.
Una lezione d’arte e di autenticità che conferma Veronica Simeoni tra le voci più significative del panorama lirico europeo.

Qusta produzione di “Aida”, grazie anche alla prima rappresentazione mondiale dell’edizione critica, è diventata un ponte tra arte, storia e identità culturale. E l'interpretazione di Simeoni emerge come testimonianza vivente che la lirica può davvero “respirare il mito”.