L'intervista
Barbara Tabita : «Quando mi hanno proposto "Sicilia Express" mi sono commossa. Parlava anche di me»
L'attrice, di origini siracusane, è tra i protagonisti della serie natalizia di Ficarra e Picone su Netflix. Il rapporto con la sua terra e il divario Nord-Sud ancora molto forte soprattutto nei trasporti
Barbara Tabita
Ci sono voluti 18 anni per sposarsi. Nel 2007 Barbara Tabita era la fidanzata di Valentino Picone nel film “Il 7 e l’8”, adesso è diventata sua moglie in “Sicilia Express”, la miniserie natalizia che ha debuttato venerdì scorso su Netflix, firmata da Ficarra e Picone. La serie, una satira politica presentata con il garbo e l’intelligenza dei due autori-protagonisti che mescolano risate e impegno sociale, racconta le vicende di due infermieri emigrati per lavoro a Milano con le famiglie rimaste in Sicilia. «Una favola natalizia, un film comico da vedere tutti insieme» racconta l’attrice siracusana, spiritosa, “peperina” e dalla carica sexy, che ai film di Natale è abituata, dalle commedie di Pieraccioni a “Natale in Sudafrica”. «Ti innamori di queste coppie, ti riconosci, ci sono tutte le vicissitudini, le difficoltà che si possono vivere nelle famiglie. In più c’è un elemento narrativo fantastico, un po’ come l’armadio delle “Cronache di Narnia”, ma qui il portale magico è un cassonetto dei rifiuti che ti porta in un lampo in piazza Duomo a Milano, un marchingegno utilissimo ma anche fonte di guai e risate».
Un set «meraviglioso», racconta la Tabita, che nel cast ricchissimo conta Katia Follesa, moglie di Ficarra nella serie, Max Tortora, Sergio Vastano, Jerry Calà, Giorgio Tirabassi, e un bel gruppo di attori siciliani di talento, Angelo Tosto, Mimmo Mignemi, Barbara Gallo, Giovanna Criscuolo.

Nella serie ci sono tanti dei nodi della nostra terra, senza “cassonetti” magici spostarsi dalla Sicilia è un’impresa ardua e costosa.
«Quando ho letto la sceneggiatura mi sono commossa, parlava di me. So benissimo cosa significa lavorare a Milano o a Roma e spostarsi dalla Sicilia… Andare a New York costa di meno! Più facile atterrare a Malta e poi prendere un aliscafo. Ti ritrovi all’aeroporto con le stesse persone, pendolari come te, ad aspettare l’ultimo volo della sera che viene cancellato tantissime volte. E se l’Etna fa gli schiribizzi atterri a Palermo, a Reggio, a Comiso. La continuità territoriale dovrebbe esserci sempre. In Sicilia la realtà supera l’immaginazione».
Non va meglio con treni e autostrade.
«Andare da Ragusa a Trapani è un viaggio! Ci vogliono ore e ore. Nessuno pensa alle strade. Il ponte Morandi è crollato e lo hanno ricostruito, quelli delle autostrade siciliane quando li rifanno? Ben venga il ponte ma bisogna fare anche le strade, le ferrovie, i treni non funzionano come al nord. Io farei provare ai politici cosa significa muoversi in questo modo. Un’odissea».
Quanta distanza c’è ancora tra nord e Sud?
«Siamo sempre troppo Sud. E’ il tema della miniserie. Noi non siamo indolenti, il mondo è cambiato. Sono loro che ci hanno lasciato indietro. La politica, chi fa le scelte, chi spende i fondi, non pensa ai siciliani. Io mi sento italiana e vorrei vivere come nel resto d’Italia».
I siciliani sono complici?
«La mancanza dell’acqua dipende da noi? Un volo che costa 900 euro per tornare a casa dai genitori può dipendere da noi? C’è la retorica della politica sull’Italia unita ma nei fatti?»
Che rapporto ha con la sua terra?
«Si soffre, si viaggia avanti e indietro perché si ha il sole nel cuore. In “Sicilia Express” c’è un momento bellissimo su questo tema. La Sicilia è il posto più bello del mondo. Qualche tempo fa a Milano ho visto delle persone ferme in strada a guardare un balcone barocco. Mi sono resa conto di quanta fortuna abbiamo noi che ci siamo cresciuti nel barocco, ci abbiamo giocato a nascondino, a calcetto, a soffione. Siamo cresciuti nella bellezza, in una terra meravigliosa. Spesso siamo costretti ad allontanarcene per lavorare».
Ha vissuto in molte città siciliane, come le vede?
«Sono di Augusta, quindi Siracusa è casa, ora vivo a Ragusa ed è stupenda. Palermo è una grande città europea, aperta, vivace, puoi trovare un concertino jazz alle due del pomeriggio e uno spettacolo di Pina Bausch la sera. Catania è il Teatro Stabile, quello di Turi Ferro, Musumeci e Pattavina, delle compagnie importanti. Era una certezza assoluta e spero torni a esserlo. Poi, credo si dovrebbe rivalutare il centro storico, vorrei fosse vivissimo e non violento. Sono cresciuta nella Catania di Francesco Virlinzi, c’era musica ovunque, spettacoli ovunque, una raggiante Catania. Ma sono cose che possono tornare, se c’è la volontà».
C’è un luogo del cuore?
«Noto, l’ho scoperta 20 anni fa in vacanza e non ho mai smesso di andarci. Una città bellissima, un barocco che ti abbraccia, un mare come ai Caraibi. Una città arcobaleno, dove c’è integrazione, fermento e persone da tutto il mondo. E poi Palazzolo Acreide, bellissima, il luogo dello spirito, perché sono devota a San Sebastiano. La prima volta che sono andata alla festa del 10 agosto è stata l’emozione più grande della mia vita. Succede qualcosa di fenomenale, è l’esaltazione della gioia. Sono molto credente e Dio per me è gioia e amore».

Cosa cambierebbe della Sicilia?
«Vorrei che a Palazzo di Orleans ci fosse un limite d’età, vorrei solo giovani al comando perché è loro il futuro».
Abbiamo paura di cambiare?
«Forse l’abbiamo nel dna, siamo fatalisti, siamo gattopardi. Ma ci sono tanti giovani in gamba che studiano fuori ma poi tornano e possono dare qualcosa alla loro terra. Ci vuole un ricambio generazionale».
Le donne sono cambiate, ma spesso pagano le scelte con la vita.
«Sono cambiati gli uomini, io non vorrei mai sopraffare il mio compagno, ma fare ogni passo insieme».
Il movimento “Mee Too” ha mutato i set, mai subito molestie?
«Mai. Io ho la faccia di quella che ti dà una sberla».
Quando ha iniziato i genitori l’hanno ostacolata o incoraggiata?
«Incoraggiata no, io e mio fratello Luigi siamo attori, mia sorella è una stylist, non erano entusiasti, ma ci hanno lasciati liberi di scegliere. Poi abbiamo scoperto che il nonno di mia madre era attore nella compagnia di Pirandello».
Nel lavoro qual è stata la svolta?
«“Il 7 e l’8” mi ha fatto conoscere, ”I Cesaroni” mi hanno dato la popolarità nazionale. Il ruolo più bello per me è stato ne “Lo scambio” di Salvo Cuccia, l’ho amato follemente».
Il futuro? Il sogno nel cassetto?
«Vorrei continuare a lavorare, mi piacerebbe esplorare donne di una certa età. Ho 50 anni, vorrei interpretare donne che, come me, hanno una storia alle spalle».