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Archivio de La Sicilia, lo scrigno che “interpreta” la storia

Di Giulia Imbrogiano |

L’archivio è uno scrigno, custode del materiale più prezioso che la nostra epoca possa vantare: la memoria. Oggi esistono archivi di ogni genere: alcuni preservano diari privati, altri documentazione ufficiale e scartoffie burocratiche, ci sono archivi che conservano le carte autografe dei grandi della letteratura mondiale e altri che raccolgono le pagine ingiallite dei giornali. L’archivio è un gomitolo da districare all’infinito e con cui tessere le narrazioni di ieri e di oggi, consapevoli che in quel passato ritroveremo noi stessi. L’attuale tutela e promozione degli archivi passa attraverso la loro digitalizzazione, che ne rende fruibili i contenuti su larga scala, e il loro utilizzo per i fini più svariati, dalla realizzazione di opere teatrali alla redazione di ricerche accademiche.

Anche il quotidiano La Sicilia vanta un archivio digitale che dal 2016 è divenuto fruibile al grande pubblico, consentendo l’accesso a 73 anni di storia, un milione di pagine consultabili, 25mila edizioni sfogliabili, 5 milioni di articoli e 200mila fotografie. Cosa significano concretamente questi numeri? Quale contributo possono dare alla ricerca? Come ha scritto la storica Lina Scalisi, «è una grande occasione per analizzare attraverso una fonte documentaria omogenea e cronologicamente ininterrotta le questioni politiche, economiche e sociali del nostro tempo». Un’occasione che l’ateneo catanese sta ampiamente sfruttando per promuovere la ricerca scientifica e la stesura di tesi di laurea che prendono le mosse proprio dagli articoli della principale testata siciliana, raccontando un pezzetto della nostra storia.

La grande sorpresa risiede nel fatto che, come per ogni altro archivio, le sue potenzialità travalicano ampiamente le aspettative: accanto alla possibilità di ricerche squisitamente storiche, l’archivio offre ampi spunti anche per le ricerche di carattere linguistico e letterario.

In quest’ultimo caso, rientra la tesi specialistica di Angela Falcone sugli “Usi interpuntivi dell’italiano attraverso il quotidiano La Sicilia” che, mediante una lettura puntuale degli editoriali apparsi nel giornale dal 1945 al 2018, è giunta a sostenere: «Con fare circolare, la punteggiatura nasce dall’oralità e ad essa ritorna». La lingua di un giornale è non solo materia feconda per studi di interpunzione e di lingua, ma anche sorprendente intreccio tra cronaca e letteratura, un intreccio messo in luce da Rosa Maria Carmela Spanò nella sua tesi “La cronaca nera raccontata da un giornalista-scrittore: il caso della belva friulana (1946)”. La ricerca prende le mosse per l’appunto da un evento di efferata cronaca nera, raccontata però rispettivamente sulle pagine del Corriere della Sera e del giornale La Sicilia dai giornalisti-scrittori Dino Buzzati e Antonio Prestinenza, giungendo a sostenere che «uno scrittore-giornalista va ben oltre la semplice narrazione sottolineando sentimenti, pensieri e quanto possa far breccia sul lettore».

Last but not least, l’archivio La Sicilia è una fonte inestimabile per la ricostruzione di fatti storici che hanno avuto eco internazionale, nazionale o perché no, anche locale; uno strumento ben più prezioso delle altre fonti storiche, perché consente di ricostruire non solo fatti, ma anche opinioni, di giornalisti o di lettori affezionati, e di comprendere come eravamo. Tante storie, una storia: dalla storia sociale a quella culturale, dalla storia del giornalismo a quella politica, tutte attinte a quel pozzo della memoria che è l’archivio digitale del giornale La Sicilia. Un quotidiano che, nonostante la sua dimensione locale, vanta nomi di prestigio nazionale come Candido Cannavò e Nino Milazzo; dai suoi articoli trae spunto la tesi di Chiara Cambria Zurro dal titolo “Nino Milazzo, maestro di giornalismo”. Dopo un’attenta analisi dell’operato di questo grande giornalista, Cambria Zurria conclude che «con Nino Milazzo ci troviamo di fronte ad un giornalismo narrativo o giornalismo delle storie, capace di coinvolgere emotivamente e di far immedesimare i lettori».

La notizia prima o poi diventa storia, al giornalista va il merito di averla raccontata, allo storico andrà il merito di averla interpretata da un punto d’osservazione più ampio. Queste due figure professionali sono però legate da quel fragile filo che è la memoria: entrambi sono custodi di un passato che si fa interprete dell’oggi attraverso i racconti di ieri perché, come nell’universo fiabesco de “Le Mille e una notte”, la vita può continuare solo se il flusso della narrazione continua incessantemente a sgorgare.

Quante tesi dall’archivio

Tra i temi delle tesi realizzate consultando l’archivio digitale La Sicilia, molte riguardano la commistione tra storia e giornalismo: Antonio Gagliano si è occupato de “La tragedia di Punta Raisi (1978) attraverso la stampa e la testimonianza dei familiari delle vittime”; Elisa Campo ha analizzato “Il giornalismo d’inchiesta: il caso del morto-vivo di Avola”; Chiara Cambria Zurro ha scritto su “Nino Milazzo, maestro di giornalismo”. Altre hanno analizzato il linguaggio giornalistico: quella di Benedetta Intelisano “Dal delitto d’onore al femminicidio: analisi del linguaggio giornalistico” e quella di Angela Falcone “Usi interpuntivi dell’italiano attraverso il quotidiano La Sicilia”. Altre il rapporto tra giornalismo e letteratura: quella di Riccardo Bruno “Don Pino Puglisi, martire di mafia, tra cronaca giornalistica e letteratura”; quella di Rosa Maria Carmela Spanò “Tra cronaca nera e letteratura. Il caso Rina Fort”; Giorgia Mosca e Graziano Alfonso Missud si sono occupati del giornalista-scrittore Antonio Prestinenza, mentre Fabio Fancello ha scritto su “Antonino Uccello cultura popolare e mass media”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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