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“Prufissuri, sapesse quanti ominicchi!” Se Camilleri e Sciascia si parlassero, lassù

Di Antonio Di Grado |

Questa deliziosa vignetta d’un bravo artista ragusano, Guglielmo Manenti, mi ha ispirato il desiderio di ascoltarlo, il successivo dialogo tra Camilleri e Sciascia. Ma non potendo ascoltarlo davvero, ecco come me lo sono immaginato.

Camilleri: «Prufissuri, si ricorda? Camilleri sono.»

Sciascia: «Ce ne ricorderemo di questo pianeta: è la frase che ho fatto incidere sulla mia tomba. E perciò mi ricordo anche di lei. E di quando veniva a trovarmi in campagna, alla Noce. Ma per favore, non parli come il suo commissario, parli in italiano. Ricorda? “L’italiano è ragionare”: l’ho scritto io in qualche mio libro, chissà, ne ho scritti tanti. E se non ragioniamo qui, dove tutto finalmente è chiaro… Era laggiù che si sragionava, politici e opinionisti facevano a gara per seminare menzogne, alibi, imposture… Che confusione!»

C.: «Lo diceva un suo personaggio, prima di morire: “Che confusione!”. Gran bel romanzo, quello. E grande confusione, nel nostro tutt’altro che bel paese, oggi più di allora. Ma per sua fortuna le sono stati risparmiati Berlusconi e Renzi, Grillo e Di Maio, Bossi e Salvini, la Meloni e la Gelmini.»

S.: «E chi sono? Da dove sono spuntati fuori? Perdoni la mia ignoranza, qui in Paradiso l’unico giornale che arriva è il Bollettino di Sant’Antonio e l’unica emittente a trasmettere è Radio Maria: piuttosto noiosi entrambi, ma meglio di certi bollettini dei partiti o delle consorterie finanziarie camuffati da giornali indipendenti, meglio di certe cronache politiche a caccia dell’ultimo balbettio di Occhetto o di Forlani.»

C.: «Occhetto? Forlani? Prufissuri, trent’anni passarono. Ora siamo in mano a improvvisatori, a ominicchi e quaquaraquà, peggio: a seminatori di odio.»

S.: «Già, che ci si avviava a una catastrofica degenerazione della politica e di chi la rappresenta, me lo diceva Vincenzo Consolo, quando arrivò anche lui quassù, qualche anno fa.»

C.: «Anche lui come noi quassù? Non credo che mi amasse…»

S.: «Tranquillo. Pensi che ha fatto pace pure con Gesualdo Bufalino: qui ci vogliamo tutti bene. E non si meravigli, poi, di questa imprevista assunzione in cielo di gente come lei e me e come loro, che proprio credenti o quanto meno osservanti non potevamo definirci: qui il Padrone di Casa è più intelligente e più giusto dei preti che in terra si sostituiscono a Lui, e pensano di potere aprire e chiudere le porte della salvezza consultando il catechismo. Sapesse quanti baciapile e quante figlie-di-Maria stanno invece all’inferno! Oltre tutto, pare che qui fossero a corto di intellettuali, è roba richiesta: proprio ieri l’arcangelo Gabriele è venuto a chiedermi notizie di un certo Diego Fusaro, che da voi va forte ma di cui non so nulla.»

C.: «Non l’ho mai letto né visto o sentito. Posso solo riferire il giudizio di certi amici miei, che per cretino lo pigliano e per cretino lo lasciano.»

S.: «Ah, i cretini di una volta! Tanti e tanti anni fa, me la prendevo col “cretino di sinistra”, con un certo ottuso conformismo, con certi burocrati dell’ortodossia che imperversavano a sinistra, nella mia sinistra. E perciò mi rifugiai tra le braccia dei radicali, come già avevano fatto Silone, Vittorini, Cassola e il mio amico Pasolini. Ma a proposito, andiamo a trovare Pannella? Sta sei nuvole a destra. Ci fumiamo una sigaretta con lui.»

C.: «Una sigaretta? Una comune sigaretta?»

S.: «E se anche fosse altro? Il Padrone di Casa ha liberalizzato ogni tipo di sostanze, tanto la visione beatifica le supera tutte. Ma dicevamo del “cretino di sinistra”. Be’, non dico che me ne sono pentito d’averne scritto, ma a sentire lei, Consolo, Pannella e gli ultimi arrivati quassù, ora c’è in giro di peggio, molto di peggio: è il ritorno dell’uomo di Neanderthal, del primitivo con la clava, insomma del troglodita di destra. Ah, la bella destra di un tempo! Il circolo dei notabili conservatori e anticomunisti, ma galantuomini; le signore imbellettate per la festa del prefetto o la beneficenza ai “poveri” purché tali restassero, ma ligie al bon ton e alle buone maniere… Nessuno di loro avrebbe inneggiato al sacrificio di vite umane, nessuno avrebbe ripudiato il vangelo di Cristo!»

C.: «Bravo Nanà! Anch’io ho lanciato fulmini contro il razzismo di Salvini e di chi lo vota!»

S.: «Ben fatto. Ma ai fulmini, agli improperi io preferisco le analisi, che ci spieghino cos’accade e perché. Se no finiamo come i ragazzini che litigano dandosi del cretino a vicenda. All’ignoranza e alla ferocia si risponde col pensiero critico, e mi sa che ne è rimasto assai poco in giro. Dimenticavo: non mi chiami Nanà, andava bene “prufissuri” ed è sempre preferibile il “lei”.»

C.: «Ma mi pareva di ricordare che laggiù ci davamo il “tu”.»

S.: «Non mi ricordo, potrebbe anche darsi. Ma come il mio amico Bufalino, con cui quassù giochiamo a scopone anche se lui preferisce gli scacchi, io al “lei” ci tengo, e m’ha dato un gran fastidio che dopo la mia dipartita molti vantassero un’intimità col defunto che non c’era mai stata.»

C.: «Be’, io vengo dal teatro. Ci si dava tutti del tu.»

S.: «E perché l’hai lasciato? Ah già, per scrivere romanzi, che hanno avuto pure successo, a quanto mi diceva quel caro amico che tanto se ne adontò. Io invece non ho nulla contro una buona letteratura d’intrattenimento, e tanto meno contro il giallo, di cui spesso mi sono servito per indagare sul “contesto” politico-affaristico-mafioso. Ma…»

C.: «Ma?»

S.: «Buona permanenza, caro Camilleri. La devo lasciare: mi ha invitato a cena Durrenmatt nella sua nuvola, ci vado con Maria, ci sarà pure Simenon con la sua Tigy, o con chissà chi: con quello sciupafemmine non si può mai sapere».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA