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Agata, quella giovane ribelle della cui lezione non siamo degni

Di Carmen Greco |

Catania – Mario Di Mauro, “animatore” della comunità TerraeLiberAzione, è autore (già nel 1999) di un libretto sul tema “Sant’Agata, i Ceri e le Macchine” “studia” la festa di S. Agata da sempre.

Secondo lei è davvero un evento che unisce o solo tre giorni di zona franca dalle regole?

«Non è un “evento”, né una ”terra di nessuno”, semmai è un evento cosmico, regolare, in cui si rinnova un legame, si rigenera un collegamento tra Terra e Cielo. Agata è symbolon, dunque unisce. Il Diabolon è l’opposto, e fa il suo mestiere: divide».

Allora mettiamola così: cos’è diventata questa ricorrenza?

«La morfologia della festa è mutata, nei secoli, ma ha sempre mantenuto i suoi caratteri fondamentali, a partire dalla data, che – peraltro – segna l’ingresso nella primavera mediterranea e corrisponde al 17 di Athyr (5 febbraio), quando a Catania e fino al 394 d.C. si onorava Iside, la dea della vita (Apuleio, “Metamorfosi”; Plutarco, “De Iside et Osiride”). In questi ultimi 25 anni ci sopportiamo i “securitari” che combattono i devoti portatori di ceri votivi… e oggi, in continuità, quelli che impongono l’evacuazione delle abitazioni per i fuochi d’artificio, le perquisizioni demenziali… il “numero chiuso” per gli “eventi”, magari con accesso per raccomandazione dell’assessorino di turno. “Appena arrivate prendete visione delle vie di fuga…”, è scritto proprio accuddhì nelle “prescrizioni” ufficiali diffuse dal Comitato agatino».

Il “securitarismo” materia nuova?

«La paranoia “securitaria” è da sempre un sintomo del vuoto e dell’impotenza reale del “Palazzo”. ma è evidente che la sicurezza nella Festa di Sant’Agata appartiene al buonsenso di tutti i devoti, tutti. E a Sant’Agata che ci protegge. Chi alla Santa “non ci crede” è megghju ca si resta a so casa!. Ovvio che le “misure di sicurezza”, normali e ordinarie, come sempre, vanno praticate: ma senza pruvulazzu elettoralistico. Lo spettacolo dei fuochi ieri sera in piazza Duomo è stato patetico: “bummi” ad uso di videoriprese, spot televisivi… un set sicuritario-demenziale per turisti. Una piazza mezza vuota, senz’anima».

Agata disse “no” al potere, però è il potere a gestire la festa…

«Se parliamo di questi pupi catanesi, il concetto di “Potere” è esagerato. A parte un paio, non contano nulla. Comunque è vero che, da secoli, il “Potere” cerca di dominare la “festa” e di farne un suo teatro. Ma ormai si aggrappano alle teatrate».

Oggi, quanta autenticità c’è, se c’è?

«È già un miracolo che la festa ci sia ancora e ci ponga domande come queste. “Agata” è stata regolarmente presa in ostaggio dal potere di turno, ma non è la prima volta. Ma Agata appartiene al suo popolo “il Popolo del Mondo” che non si piega alla prepotenza, è una lezione vivente di resistenza al potere, ma è, dal profondo, anche una proiezione metastorica di quella forza mentale della Grande Madre che – trasmigrando in forme mutevoli – tiene ancora in vita l’anima resistente del popolo siciliano, il suo respiro sfinito come quello del devoto che porta sulle spalle il cero votivo. Volendo, la festa millenaria è anche metafora di altro: di un popolo che deve governarsi nello spirito universale di libertà che ci ha lasciato Agata in eredità. Agata è santa in tutte le religioni e confessioni monoteiste, ma lo sanno in pochi. A rigor teologico non è “cattolica”, più di quanto non sia “ortodossa”, “protestante” o perfino “islamica”. Tanti non credenti sono attratti da Agata, e la cosa non mi sorprende, anzi mi commuove in modo particolare: ma se non sono bastati secoli e secoli per spiegare queste cose elementari, vuol dire che il diavolo esiste (e il Concilio ecumenico Vaticano II è fallito).

E secondo lei i catanesi lo sanno?

«No, e chi dovrebbe dirglielo? Serve un’altra “pastorale”, ispirata alla “Teologia della LiberAzione”. Neanche in provincia di Catania c’è una vera devozione. E Agata, santa universale (nata a Palermo), è Sola anche in Sicilia. Il Suo messaggio è di potenza liberatrice “insopportabile” per la sicilietta colonizzata. Ma Agata è più viva di noi: è una giovane ribelle della cui lezione non siamo degni. Comunque la Devozione per Agata – che a Catania è più radicata e multiforme di quanto non si veda- mantiene ancora una sua carica spirituale di liberazione e non di rassegnazione. E sarà così fin quando ne potremo parlare senza essere presi per “malati di mente”. Quanto alle famigerate “regole”: la prima regola è pregare e meditare sulla propria fede. Al momento, Agata è un esempio luminoso, ma anche un modello inarrivabile: al suo cospetto semu nenti!. Altro che tutti devoti!».        

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