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La riserva di Cavagrande: il “Gran Canyon” negato

La riserva di Cavagrande: il “Gran Canyon” negato

Chiusa da un anno, il sindaco di Avola: «Si scopre oggi che nulla è stato fatto»

Di Isabella Di Bartolo |

Nessun progetto per riaprire il “Gran canyon” ibleo a un anno dalla sua chiusura al pubblico per ragioni di sicurezza. Solo parole, fino ad oggi, dunque. La riserva di Cavagrande del Cassibile, che si estende tra i Comuni di Avola, Siracusa e Noto, resta chiusa dopo l’incendio dello scorso anno. «Le promesse della Regione, infatti, sono rimaste tali – dice il sindaco di Avola, Luca Cannata -. Il nuovo dirigente dell’Azienda foreste demaniali, Caruso, ha comunicato di aver eseguito un primo sopralluogo ma di non aver trovato, sulla sua scrivania, alcun progetto. E’ chiaro che il dirigente verificherà la situazione e ci darà le spiegazioni necessarie ma, certamente, questa “distrazione” ci lascia molto sorpresi e perplessi. Allora cosa è stato fatto in questi mesi? »   Il primo cittadino di Avola evidenzia come dall’Azienda demaniale non solo non vi sia certezza di un progetto per la messa in sicurezza della Riserva ma nemmeno dei fondi utili a tali lavori. «Il dirigente Caruso – prosegue Cannata – ci ha dato piena disponibilità e noi allo stesso modo non possiamo che essere favorevoli a lavorare insieme. Ma qualche dubbio è legittimo poiché l’Azienda ha comunicato che tenterà di inserire il progetto per reperire i fondi Pac ma ancora non vi è alcuna risposta in merito».   Niente progetto, dunque, e niente soldi a distanza di un anno dalla chiusura forzata di un sito naturalistico che rappresenta un simbolo del turismo del territorio sudorientale. «Con stupore e molta preoccupazione – ribadisce Cannata – prendo atto che fino ad oggi non è stata fatta alcuna proposta progettuale: quindi non è solo un problema di soldi da parte dell’Azienda foreste demaniale ma anche di proposte. Se così fosse, dopo le verifiche del caso, allora è chiaro che vi è una gravissima inadempienza da parte dell’azienda che per oltre un anno non ha prodotto nulla».   L’ira del sindaco di Cannata esplode a due mesi dall’ultimo di una serie di incontri sulla mancata fruizione della Riserva di Cavagrande e sull’ipotesi di intervento. La riunione risale allo scorso 11 aprile quando le associazioni ambientaliste della provincia misero attorno a uno stesso tavolo i rappresentanti delle amministrazioni comunali di Avola, Noto e Siracusa, i vertici dell’Azienda Foreste demaniale della provincia e della Soprintendenza ai beni culturali per la riapertura della Riserva naturale orientata “Cavagrande del Cassibile”. «Da allora nessuna novità è emersa nonostante gli impegni presi e la volontà di riaprire l’area protetta alla fruizione dei visitatori» dice Marco Mastriani, responsabile della sezione di Siracusa e consigliere regionale di Ente fauna siciliana.   «Assistiamo a una situazione inaccettabile – dice la guida naturalistica Mastriani – nonostante gli impegni presi e la manifesta volontà di riaprire l’area protetta alla fruizione dei visitatori usufruendo dei sentieri nella parte centrale dell’oasi, nulla è stato ancora fatto. E con la stagione avviata, ancora una volta per l’inerzia della Regione siciliana si crea un notevole danno di immagine turistica alla nostra provincia. Credo che ormai siamo al paradosso di una costante incertezza delle risposte da parte delle istituzioni ai cittadini che chiedono lumi senza avere interlocutori seri».   Ogni anno, secondo le ultime stime, la Riserva naturale orientata di Cavagrande conta oltre 60mila visitatori. «I turisti – dice Mastriani – oggi, purtroppo, arrivati al belvedere di Avola Antica o al sentiero “Mastraronna”, lato Canicattini Bagni, sono costretti a ritornare indietro. E’ assurdo anche affermare di non avere i soldi per il ripristino dei sentieri e inapplicare le leggi regionali sui ticket d’ingresso nelle Riserve naturali da oltre 16 anni e poi, quando accade una calamità naturale, chiudere le riserve per carenze di risorse economiche».   Nella legge di stabilità regionale pubblicata nella Gazzetta ufficiale dello scorso 15 maggio, articolo 59, è stato approvato il quarto dispositivo di legge che autorizza l’assessore regionale al Territorio e Ambiente a emanare un decreto entro 30 giorni dalla pubblicazione per l’istituzione del ticket d’ingresso nelle aree protette. «Ma non solo – aggiunge Marco Mastriani – nella legge di stabilità è indicato con chiarezza che occorra emanare un decreto per assicurare almeno alcuni servizi primari finalizzati alla tutela e conservazione dell’area e potenziare tutti quelli finalizzati alla sua fruizione.   Perchè i deputati regionali della provincia di Siracusa non intervengono in merito invece di fare finta di non conoscere il problema? Ci auguriamo che la Regione siciliana non collezioni leggi regionali inapplicate e si dia concretamente la possibilità di attuare gli strumenti utili per tutelare le aree protette da incendi, calamità naturali e non, manutenzione ordinaria dei sentieri e delle aree attrezzate, punti informativi e di accoglienza turistica, ecomusei e in generale si migliori la tutela e la fruizione delle nostre aree protette puntando sull’ecoturismo».   Contro l’empasse anche il sindaco Luca Cannata. «Da un anno ormai – dice – subiamo danni di immagine così come subiscono danni economici gli operatori turistici e commerciali del territorio per la mancata apertura di una riserva che rappresenta un simbolo dell’intero comprensorio. Ovunque andiamo, in occasione di Fiere del turismo o eventi simili, presentiamo il “Grand canyon” come eccellenza del territorio: per questo non possiamo accettare una “distrazione certificata” da parte dell’Azienda. Vogliamo risposte, subito. Il tempo dell’attesa per noi è terminato».   Da Cavagrande del Cassibile alla riserva del Ciane, alle porte di Siracusa, nel segno dell’incuria. Ad accendere i riflettori su un’altra riserva è il Museo del Papiro che, perseguendo i propri compiti istituzionali, si occupa anche della salvaguardia della vegetazione a Cyperus papyrus L. e, più in generale, del paesaggio fluviale del Ciane. «Nel passato – dice il direttore Corrado Basile – lo spettacolo che si presentava agli occhi del visitatore era incantevole. Oggi il fiume presenta un evidente stato di degrado, particolarmente nella parte superiore del corso d’acqua, causato dal mancato sfalcio razionale della vegetazione dell’alveo.   La situazione ci ha spinto a occuparsi ancora una volta di questo fiume, in difesa degli aspetti paesaggistici e storico-testimoniali. Dalla sentita esigenza di divulgare le informazioni emerse dagli studi e dalle indagini condotti è nata l’idea di realizzare una mostra che aiuti a comprendere meglio i motivi che hanno portato a questo stato di degrado e sia utile strumento di documentazione sul cambiamento del paesaggio fluviale del Ciane, in particolare nell’ultimo ventennio, in un obiettivo di conservazione dell’ambiente fluviale».

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