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Il giovane popolo del Blasco: a Messina 40.000 persone alla festa del rock

Il giovane popolo del Blasco: a Messina 40.000 persone alla festa del rock

E in chiusura Vasco Rossi intona in siciliano “Vitti ’na crozza” e “Malarazza”

Di Giuseppe Attardi – N |

MESSINA – In 40mila si sono precipitati da tutta la Sicilia e dalla Calabria. Nessun viadotto crollato, nessuna deviazione, poteva fermarli. Per il Komandante, questo e altro. In fila ordinati, sotto il sole cocente: al casello, ai traghetti, ai cancelli, ai camioncini di hot–dog, ai gazebo del merchandising. È il popolo del Blasco. Alcuni sono arrivati persino dalla dirimpettaia isola di Malta. Altri hanno pernottato per tre notti davanti ai cancelli d’ingresso dello stadio San Filippo per essere i primi a varcarli ieri pomeriggio.   «Noi siamo di Cosenza, loro di San Cataldo: siamo diventati amici per forza, è da domenica che siamo qui insieme – racconta Alessandro indicando un altro gruppo di ragazzi – Alla fine, è come se fossimo tutti una grande famiglia, accomunata dall’amore per Vasco». «Se non fosse stato per il Kom, non avrei fatto che questa follia – assicura uno del gruppo di San Cataldo – Per altri concerti avevo comprato il biglietto in tribuna, ma stavolta no: vuoi mettere l’emozione di cantare e ballare con lui sotto il palco? ».   Non mancano le scaramucce dei tifosi: “Liga mediano, Vasco capitano”, recita uno dei tanti striscioni srotolati davanti alla passerella a forma di V. Pochi i veterani, la maggioranza è di giovani, ventenni tantissimi, trentenni molti. I capelli bianchi? Le calvizie? Schiacciati e nascoste sotto il berretto del Komandante. Tutti sfoggiano almeno una bandana, un cappellino, una maglietta o un polsino griffati col nome del Blasco. La birra scorre a fiumi. Lunghe code ai bagni chimici. Il selfie è dilagante. Tutti vogliono immortalare il momento storico.   «Ci siamo messe in fila alle 8, ma saremmo potute arrivare anche prima visto che dall’emozione stanotte non ho chiuso occhio – racconta la catanese Paola – Non vedo l’ora che il concerto inizi, sono eccitatissima. Abbiamo i biglietti da nove mesi, praticamente un parto». Un reggiseno vola sul palco durante Rewind, in prima fila le ragazze si scatenano. La voglia di divertirsi è palpabile. È anche la prima volta che la Sicilia rivede Vasco dopo quella malattia che se lo stava portando via. Era da sette anni che il rocker di Zocca non varcava lo Stretto. E il benvenuto dei 40mila del San Filippo è assordante quando il Komandante dà fuoco alle polveri.   E lui ricambierà. A fine concerto, prima della conclusiva Albachiara, dedica all’«orgoglioso popolo siciliano» Vitti ‘na crozza e Malarazza. Vasco Rossi c’è. Ed è in formissima. Trentasei anni dopo il suo primo concerto, continua a riempire gli stadi. A 63 anni, molte energie spese anche a lottare contro i demoni interiori, il Blasco sta perfezionando un capolavoro che appartiene a pochi grandi. Ha scavalcato le barriere anagrafiche: oggi sotto il suo palco trovi i figli e persino i nipoti di chi lo seguiva tra le Bollicine degli anni Ottanta. Ragazzi che sanno a memoria le liriche memorabili di Sally o che cantano a squarciagola Vivere.   Un fuoriclasse? Certamente, alcuni suoi testi meriterebbero di finire dritti dritti nelle antologie scolastiche. Una leggenda? In 36 anni di carriera è riuscito a confermarsi l’unica vera rockstar italiana: quasi come se il tempo si fosse fermato o meglio ancora quasi come se lui, Vasco Rossi, il ribelle di una volta, rappresentasse uno dei pochissimi punti di contatto tra generazioni distinte e distanti.

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