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I mestieri dell’estate: Il fiorente giro dei “vucumprà” da spiaggia

I mestieri dell’estate: Il fiorente giro dei “vucumprà” da spiaggia

Alla Plaia passa un ambulante ogni 4 minuti per vendere di tutto: dal cocco alle aste per selfie

Di Eva Spampinato |

Uno ogni quattro minuti. Una media di dodici in mezz’ora. Dodici, non uno ogni tanto. Collanine, fasce per capelli, bracciali orientali, cocco fresco. Occhiali da sole, caricatori esterni per telefonini, tecnologia. L’irresistibile asta per i selfie. È il fiorente giro dei “vucumprà” da spiaggia. I venditori ambulanti con lo zaino. Quelli che una volta i catanesi chiamavano “marocchini”, per semplificare il discorso, ma che intanto hanno cambiato nazionalità. Tutti bengalesi, cittadini del Bangladesh che vivono da molti anni a Catania e fanno i venditori ambulanti di professione. Da piazza Duomo alle spiagge. Integrati. Nonostante il presidente provinciale del Sib (Sindacato italiano balneari), Giuseppe Ragusa sia convinto che il fenomeno stia andando a scemare, la spiaggia non sembra dello stesso parere. «A me sembrano aumentati – dice Alice, 35 anni, stesa in riva al mare con la figlia – certo, forse il litorale della Plaia è più grande e magari si vedono di meno. Nella zona di Taormina sono molti di più e più fastidiosi, insistono, disturbano, ti svegliano proprio quando ti sei appena appisolata. Qui alla Plaia – continua la giovane signora – mi sembrano più discreti. In fondo, anche loro devono “campà”».   Dello stesso parere uno dei bagnini del Lido Azzurro che da 30 anni sorveglia l’eterogenea spiaggia dello storico stabilimento, controlla i confini con la spiaggia libera e fa da filtro con gli ambulanti: «Non mi sembrano affatto diminuiti i vucumprà, noi cerchiamo di non farli arrivare fino alle file di sdraio più a monte, dentro lo stabilimento, perché andrebbero in conflitto con le nostre attività commerciali, con il chiosco, ma anche con il centro massaggi. I massaggiatori cinesi sbucano da dietro l’angolo quando meno te lo aspetti».   Meno venditori ambulanti dalla pelle scura, ma più numerosi quelli dalla pelle “gialla”. Quella che si consuma sotto il solleone della Plaia, all’ombra dei 33 gradi sotto l’ombrellone, è una piccola guerra intestina tra commercianti con lo zaino in spalla. Bengalesi contro cinesi. Due culture a confronto e, in mezzo, i bagnanti come prede. «Con l’avvento dei cinesi – ha aggiunto Giuseppe Ragusa, presidente provinciale del Sib – tutta quella roba che si vendeva prima è, come dire, scaduta. Per non parlare delle massaggiatrici orientali che girano per le spiagge. Ma anche in questo caso – dice convinto – nessuna invasione. Con la crisi, inoltre, la gente è meno disposta a spendere i 5-10 euro per prodotti non originali ed anche per questo, forse, si vedono meno ‘vucumpra” in giro”.   In effetti anche gli ambulanti bengalesi ci confermano di non andare molto d’accordo con i cinesi. «Loro non ti rispettano – dice Alì – sono antipatici e non trattano bene il cliente come invece facciamo noi». Passo lento, appesantito dal peso di un portaoggetti in legno carico di merce, di una pesante sacca in spalla, del porta vivande refrigerato. Andamento rallentato dal caldo micidiale e dal peso della sabbia. Si fermano, mostrano la mercanzia, vanno avanti se nessuno fa cenno di voler acquistare qualcosa. Uno ogni quattro minuti. Cocco fresco, bastoni per scattare i selfie di gruppo da lontano, collanine.

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