«L'olio tunisino non è dei tunisini. Non si capisce l'Ue da che parte sta»
«L’olio tunisino non è dei tunisini. Non si capisce L’Ue da che parte sta»
L' Europarlamento vota l'import di 35.000 tonnellate in più senza dazio
Palermo – Domani il Parlamento europeo voterà una proposta della Commissione europea – promossa dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, l’italiana Federica Mogherini col supporto di una parte del Pd – tendente ad aumentare da 56.700 tonnellate a 91.700 tonnellate annue (solo per il 2016 e il 2017) l’importazione in Europa (attraverso l’Italia) di olio tunisino senza pagare dazio. Motivo ufficiale? Aiutare il popolo tunisino e quella democrazia. «Ma qualcuno – si chiede Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia – ha spiegato alla Mogherini che l’olio tunisino non è… tunisino? ».
«In questi ultimi anni di delocalizzazione dell’agricoltura – chiarisce Pottino – imprenditori siciliani, italiani, tedeschi, spagnoli ed europei in generale hanno spostato i loro interessi dove il denaro viene remunerato di più. Hanno fatto incetta di seminativi in Romania per beneficiare dei contributi della Pac, di agrumeti in Marocco per importare arance facendole passare per spagnole e, manco a dirlo, hanno comprato tutti gli oliveti tunisini usufruendo dello sgravio fiscale totale per dieci anni. Qui hanno investito rendendo innovativi gli impianti e, grazie alla manodopera a costo bassissimo e alla possibilità di impiegare fitofarmaci proibiti in Europa, invadono i nostri mercati di olio a 2-3 euro al chilo. Dunque, la Mogherini e l’Ue non daranno questo aiuto al popolo tunisino, non sosterranno la democrazia di quel Paese, ma i nostri imprenditori e quelli italiani e tedeschi che, senza pagare tasse, miscelano legalmente il loro olio tunisino con quello siciliano o italiano, o lo vendono con etichetta tunisina nei supermercati a prezzi low cost. Il nostro olio non può competere e viene svenduto o non viene acquistato».
La denuncia è grave e spiega perchè diversi eurodeputati, dall’Ncd a Fi al M5s, si battono contro la proposta Mogherini, mentre il ministro Maurizio Martina pensa a misure compensative per i nostri agricoltori danneggiati dagli accordi europei di importazione agevolata di olio tunisino e ortofrutta dal Marocco. Ma c’è anche da chiedersi: quanto un’operazione, che finisce per favorire una lobby ben individuabile, è esente dal rischio di regalare ingenti guadagni anche all’agromafia che potrebbe celarsi dietro questi investimenti? In Sicilia si fa già la conta dei danni. Una ventina di giorni fa è giunta nel porto di Palermo una nave carica di 3.758 tonnellate di olio tunisino legalmente diretto ad un oleificio dell’Agrigentino che lo commercializzerà nel corso degli anni. Una enorme riserva che toglierà mercato all’olio siciliano. Se l’olio tunisino costa 3 euro, quello siciliano buono ne costava 7: «Quest’anno – riferisce Pottino – mi hanno proposto 4,20 euro per il mio olio biologico, quando ne spendo 4 fra raccolta e molitura e non considero le spese di coltivazione e imbottigliamento. Non c’è partita nè mercato».
Confagricoltura analizza le conseguenze: nel 2015 per la prima volta è stato utilizzato il contingente massimo di export tunisino in Ue di 56.700 tonnellate, nel periodo da febbraio ad agosto; ciò ha fatto sì che il prezzo medio dell’extravergine in Sicilia sia crollato del 50%, da 6 a 3 euro, soprattutto nell’ultimo trimestre quando è stata ufficializzata la proposta Mogherini. In media in Italia il calo di prezzo è stato del 39% per l’extravergine (da 6 a 3,63 euro al chilo) e del 23% (da 3,78 a 2,90) per l’olio vergine. Da gennaio a novembre 2015 in Italia sono state importate 83.724 tonnellate di olio da più Paesi come l’Egitto (+482,8% rispetto alla media degli anni precedenti) per un valore di 255 milioni di euro, quando la produzione della Sicilia, in aumento rispetto al 2014, è salita a 50mila tonnellate. L’olio in ingresso è pure aumentato di prezzo (+32,6%), da 2,3 euro del 2014 a 3,04 euro al chilo, con un ulteriore vantaggio per chi a livello internazionale specula sui business legati alle materie prime.
Se i piccoli produttori siciliani sono riusciti in qualche modo a piazzare il prodotto, a quelli medi più strutturati è rimasta un’alta percentuale di invenduto. Anche il presidente di Coldiretti Sicilia, Alessandro Chiarelli, si scaglia contro l’import di olio tunisino, quantificando in +520% la quantità entrata in tutto il 2015 nell’Isola. Chiarelli reclama l’applicazione della “legge Mongiello” sui controlli della qualità organolettica e sulla corretta valutazione merceologica della merce in entrata. Ciò darebbe più chances al prodotto siciliano che vanta 8 otto Dop e attende il riconoscimento della Igp Sicilia. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA