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Banche siciliane sotto stress, arrivano gli ispettori: test per verificare il rischio default

Le imprese faticano a restituire i crediti Covid, Bankitalia accende i riflettori: in difficoltà soprattutto i piccoli istituti di credito

18 Giugno 2023, 21:14

La sede centrale della Banca d'Italia a Palazzo Koch

Una veduta della sede della Banca d'Italia a Palazzo Koch, Roma, 01 dicembre 2017. ANSA/ANGELO CARCONI

La pandemia ha lasciato strascichi da long-Covid non solo per la salute, ma anche per il credito bancario. La crisi e l’inflazione che ne sono scaturite hanno fiaccato le imprese e, ora che gli aiuti pubblici sono venuti meno, le loro debolezze si riversano sul sistema bancario, che è sotto stress. Bce, Eba e Bankitalia hanno lanciato allarmi a più riprese, perchè tutti, in questo momento, vogliono evitare che si ripetano altri default come quelli delle Popolari (Vicenza, Veneto Banca, Etruria e le altre). Le prime crisi, dalle banche regionali Usa al Credit Suisse, hanno mostrato la vulnerabilità di un sistema che si riteneva più solido.

Così le autorità di vigilanza hanno più volte richiamato gli istituti di credito, specie quelli più piccoli, definiti “less significant”, a verificare la rischiosità dei prestiti concessi e hanno effettuato “stress test” straordinari per verificare se la capitalizzazione sia sufficiente a coprire eventuali mancate restituzioni in massa di crediti. Per molte banche sono stati innalzati gli indici di solidità patrimoniale, per essere pronte a sopportare shock di liquidità. Ma non tutte riescono ad aumentare il capitale.

In Sicilia, dove la pandemia ha colpito più che altrove la capacità delle imprese di generare reddito e valore, si vedono i primi segnali di sofferenza. Si è cominciato con i prestiti Covid. Essendo stati ignorati dalla politica gli appelli a prorogare moratorie e preammortamenti, molte aziende cominciano a saltare le rate, faticano a restituire i finanziamenti ricevuti durante la pandemia con garanzia statale fino all’80%: soprattutto nel turismo e nei servizi, dove riaperture e ripresa sono arrivati molto più tardi.

Così aumentano i crediti in sofferenza. Si è aggiunta la corsa della Bce ad aumentare i tassi di interesse, e con il costo del denaro alle stelle si è ridotta la richiesta di nuovi prestiti. Ciò riduce gli obiettivi di utile che le banche avevano stimato nei piani industriali; utili sui quali facevano affidamento per compensare le esposizioni create con l’acquisto dei crediti fiscali dei bonus edilizi. In Sicilia solo il Superbonus vale quasi sei miliardi. Per non parlare dei crediti incagliati che hanno messo alle strette il settore edile.

Queste difficoltà nell’Isola riguardano tutte le banche, ma quelle più grandi hanno più possibilità di organizzarsi, proteggersi e reagire ai contraccolpi. Quelle più piccole, penalizzate da più alti costi di gestione, minori margini e carenza di economie di scala, sono in affanno.

I riflettori di Bankitalia

Da diversi mesi Bankitalia avrebbe acceso i riflettori su alcune situazioni più esposte e avrebbe più volte elevato gli indici minimi di solidità, avrebbe effettuato ispezioni e inviato richiami. E, se per alcune banche l’andamento del primo semestre sembra avere favorito con più introiti il raggiungimento dei nuovi requisiti, per altre non sarebbe andata così. Tant’è che venerdì scorso, mentre il governatore Ignazio Visco partecipava a Palermo alla presentazione di un libro sulla storia dell’istituzione di via Nazionale, diverse squadre di ispettori di Bankitalia avrebbero varcato le soglie di varie banche per avviare nuove e ancora più approfondite verifiche. La parola d’ordine sarebbe: evitare il più possibile commissariamenti o default.

Lo scenario

Una situazione finora non grave, ma che merita attenzione e soluzioni a portata di mano. Lo conferma Dario Costanzo che, a nome di Sicindustria Palermo, di cui è presidente della sezione Credito e finanza, fa la sua analisi da esperto: «Lo scenario che lei ha tracciato corrisponde alla realtà. Ma occorre porsi una domanda: quale deve essere la fase due del credito in Sicilia e in Italia? Accanto alle banche tradizionali, che hanno chiuso filiali e che gradualmente si stanno convertendo al digitale, si affiancano sempre più strutture parabancarie, che sono anche più performanti e che si propongono per una maggiore comprensione delle esigenze delle imprese più piccole. Così il loro credito è sempre più in forma digitale. Il rischio è che nell’intero sistema ci sia una trasformazione digitale troppo spinta».

Algoritmi e merito

Per Costanzo «questo porta il sistema in crisi, perchè l’analisi del merito creditizio si basa su algoritmi standard uguali per tutti i territori. L’analisi automatica del merito creditizio va bene dove il sistema economico è florido, ma non funziona dove non lo è. L’Italia viaggia a velocità diverse e ogni zona, da Nord a Sud, ha potenzialità differenti e ha bisogno di approcci specifici. Invece, nel sistema interamente digitale, con lo stesso algoritmo viene valutato il merito creditizio di un’impresa di Bolzano e di una di Pozzallo. Col rischio di negare il credito a quella che lo merita davvero e di concederlo a quella che va bene solo sulla carta e poi non può restituire».

«Occorre - conclude Costanzo - recuperare la dimensione “artigianale” della valutazione del merito creditizio che sia in grado di comprendere i reali fattori di un’attività e le sue potenzialità di crescita; costruire una rete territoriale “artigianale”, intermedia fra le banche tradizionali e gli operatori digitali, che sia composta da soggetti specializzati nel credito di prossimità, cioè intermediari vigilati e fondi Fia che raccolgano capitali dal sistema delle imprese e li redistribuiscano al tessuto produttivo; e portare gli imprenditori a investire su queste realtà intermedie, non troppo digitalizzate, capaci di interpretare le esigenze e di dare subito risposte a chi le merita sapendone intuire e valorizzare le potenzialità».