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Camere di Commercio, cancellata la mappa ridisegnata a Roma: chi vince e chi perde

La sentenza della Corte Costituziinale: resta in piedi l’ente del Sud-Est, confermata la riforma di Schifani.

Mario Barresi

12 Dicembre 2023, 08:14

Camere di Commercio, cancellata la mappa ridisegnata a Roma: chi vince e chi perde

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L’argomento, sia chiaro, non è di quelli che tolgono il sonno alla casalinga di Valguarnera Caropepe o al pensionato di Librino. Né è la mappa delle Camere di Commercio - perché di questo stiamo parlando - a decidere le sorti di decine di migliaia di imprese in Sicilia. Eppure, con in palio una ricca posta economica (il potere negli enti camerali, con conseguenze dirette, ad esempio, sul controllo dell’aeroporto di Catania) e politica (gli equilibri alla Regione, con faide nella maggioranza e persino dentro i partiti), la sentenza depositata ieri ha un effetto deflagrante.

La Corte costituzionale

La notizia è che la Corte costituzionale ha demolito la norma nazionale che ridisegnava il sistema camerale in Sicilia. La Consulta, come aveva “fiutato” il nostro giornale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo comma del decreto “Sostegni-bis”, poi convertito in legge (la 106/2021), che, pur recando “Misure urgenti connesse all’emergenza Covid per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali” conteneva un terremoto per le Camere siciliane. Istituendone due nuove: una a Catania e l’altra che univa Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani. Per giudici della Consulta, come peraltro evidenziato da Sergio Mattarella a Palazzo Chigi e ai presidenti di Camera e Senato al momento della promulgazione della legge di conversione, la norma è in «palese estraneità rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui la stessa è stata inserita», violando il requisito di «omogeneità» previsto dall’articolo 77 della Costituzione.

La questione di legittimità

La questione di legittimità era stata sollevata dal Cga siciliano chiamato a esprimersi sul ricorso dei vertici della Camera del Sud-Est (Catania, Siracusa e Ragusa) smembrata dal cosiddetto “emendamento Prestigiacomo”, dal nome dell’ex deputata di Forza Italia, Stefania, che in un blitz in commissione Bilancio lo propose assieme ad altri. «La sentenza applica una tendenza ormai pacifica: il Parlamento non può stravolgere il contenuto di un decreto legge», commenta Agatino Cariola, avvocato che s’è costituito in giudizio per l’ente camerale. «Chi perde, in questa vicenda, è il Parlamento che, anche dopo la bacchettata del capo dello Stato, è intervenuto più volte nella precedente e nell’attuale legislatura sul testo della norma, per piegarla alle esigenze più contingenti».

Vincitori e vinti

Al di là della riflessione del costituzionalista etneo, l’elenco di vincitori e vinti è più lungo e complesso. Hanno avuto ragione i promotori del ricorso (Pietro Agen, Riccardo Galimberti e Peppino Giannone), ma non su un altro oggetto del contendere: l’efficacia della nuova mappa poi disegnata dalla Regione. E qui si arriva agli altri vincitori, fra cui - oltre a Nico Torrisi, ad di Sac, ora osteggiato dagli ex alleati del gruppo di Agen&C. - ci sono di certo il governatore Renato Schifani e l’assessore Edy Tamajo, che si sono assunti la responsabilità, sfruttando proprio il primo comma (uscito indenne dall’esame della Consulta) della stessa norma, di attuare la riforma del sistema camerale, in difformità dai diktat di Roma. «A distanza di due anni e mezzo - riflette Cariola - c’è da chiedersi: cosa sarebbe successo se la Regione, visto che si parla tanto di autonomia, avesse da subito impugnato una norma statale che pretendeva di entrare nel suo campo materiale? La risposta è chiara: avremmo risparmiato due anni buoni…». E qui, in controluce, si scorge un riferimento alla mancata azione del governo di Nello Musumeci. Certo, la sentenza della Consulta è legata al ricorso dei rappresentanti camerali, ma la Regione, stavolta, s’è esposta. I forzisti Schifani e Tamajo, anche a costo di un duro scontro interno al partito (contro Prestigiacomo, altra sconfitta di questa partita, ma non è sola), hanno sfidato il governo - e in particolare il ministro meloniano Adolfo Urso, molto interessato alla vicenda - fino al grottesco effetto della sovrapposizione “fisica” fra i commissari nominati dal Mise del leghista Giancarlo Giorgetti e quelli regionali. Pure le associazioni di categoria si sono spaccate in due: c’è chi gongola e chi si lecca le ferite.

Ora che succede?

Ora cosa succede? Non cambia nulla, ma anche questa è una svolta. Resta in piedi la CamCom unica Catania-Siracusa-Ragusa, guidata dal commissario Antonio Belcuore, così come il resto della geografia schifaniana: Palermo-Enna, mai in discussione; Messina da sola; la triade Agrigento-Caltanissetta-Trapani. Nell’ente del Sud-Est, che resta col 61% socio di maggioranza assoluta di Sac (il vero tesoro conteso, con lo scenario della privatizzazione), nel 2024 potrà partire l’iter ordinario per eleggere i vertici. E anche lì ci sarà una Camera con vista. Sull’ennesima guerra di potere.
m.barresi@lasicilia.it