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Così gli attacchi Houthi nel Mar Rosso mettono a rischio l'export dei prodotti siciliani

La circum-navigazione dell’Africa sta comportando pesanti ritardi nel traffico marittimo soprattutto nei porti di Augusta e Catania

12 Gennaio 2024, 08:46

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Gli attacchi dei ribelli Houthi a quasi trenta navi portacontainer in transito nel Golfo di Aden, fra lo Yemen e Gibuti, che bloccano di fatto il traffico marittimo nel Mar Rosso verso il Canale di Suez, non è una questione lontana da noi, che non ci riguarda. Ci riguarda eccome! E mette a rischio l’export delle nostre imprese e la stessa crescita economica della Sicilia. Vediamo perchè.

Attacchi pianificati

Gli attacchi sono stati pianificati, non a caso, fra lo scorso mese di dicembre e questo mese di gennaio, cioè il periodo dell’anno di maggiore afflusso di merci da e per la Cina, con le spedizioni che vengono spinte al massimo in vista del Capodanno cinese, che in questo anno, l’Anno del Coniglio, sarà festeggiato fra il 22 gennaio e il 21 febbraio e che vedrà il fermo di quasi tutte le attività. Dunque, nel momento di maggiore presenza di navi in transito verso il Canale di Suez, quasi tutte le compagnie (tranne la Maersk), per non rischiare hanno deviato le meganavi portacontainer che erano già in navigazione verso il Capo di Buona Speranza, allungando il viaggio di almeno due settimane, mentre per spedire le altre merci sono corse a noleggiare navi più piccole che attirano meno l’attenzione dei pirati, oppure hanno scelto la rotta baltica, più lenta per via dei ghiacci; o, ancora, hanno cercato di caricare più container possibile sui convogli che viaggiano lungo le tre linee ferroviarie intercontinentali che il governo di Pechino ha costruito in questi anni fino nel cuore dell’Europa, ma che impiegano più di un mese per giungere a destinazione. Intanto le meganavi continuano a circumnavigare l’Africa dirette nel Nord Europa o nel Mediteraneo entrandovi da Gibilterra.

Le soluzioni

Insomma, sono state soluzioni tempestive che hanno comportato forti ritardi nelle consegne già in viaggio, la riprogrammazione di tutte le altre spedizioni e degli attracchi nei porti e, cosa più grave, l’aumento delle spese di trasporto e lo scoppio di una nuova speculazione di mercato con il raddoppio del costo dei noli di navi e container.
Tutto questo ha avuto inevitabilmente conseguenze anche sui commerci marittimi da e per la Sicilia. Anzitutto con pesanti ritardi. Che nei porti della Sicilia occidentale potranno essere calcolati nei prossimi giorni, mentre l’Autorità di sistema portuale della Sicilia orientale ha già tratto il bilancio del 2023 con un finale d’anno che ha rivelato una vera e propria batosta. Si è registrato, infatti, un calo complessivo di 725mila tonnellate di merci (-2,24% rispetto al 2022) fra i porti di Augusta e Catania, con 455mila tonnellate in meno di petrolio grezzo giunte al porto di Augusta (-6,31%), 207mila tonnellate in meno di prodotti petroliferi raffinati in arrivo sempre ad Augusta (-1,39%) e 93mila tonnellate in meno di prodotti chimici liquidi (-14,81%) in partenza e in arrivo ancora ad Augusta. Infatti, la prima conseguenza del blocco di Suez riguarda le petroliere. Su Catania c’è poi stato un calo del 2,95% di container giunti vuoti e un aumento del 6,6% di quelli pieni. Le merci secche come i cereali ancora non hanno subito contraccolpi, ma con 14 navi in meno.

I costi alle stelle

Ritardi a parte, la seconda e più grave conseguenza è quella dell’aumento dei costi di trasporto, che rende meno competitivi i nostri prodotti all’estero. L’operatore Manto riferisce che la piattaforma Freightos «ha quantificato l'impatto della crisi, rilevando che in Europa, considerando tutti gli extra, i prezzi per ogni container oscillano tra 5.000 e 8.000 dollari sulle principali rotte commerciali dall'Asia, con livelli 2,5-4 volte superiori alla norma per questa stagione. I noli marittimi tra Asia e Nord-Europa sono aumentati del 173%, superando i 4.000 dollari, mentre sulle rotte per il Mediterraneo sono arrivati a 5.175 dollari sul mercato spot (+108%). Alcune compagnie, come la francese Cma Cgm, hanno annunciato aumenti ulteriori. Molte compagnie stanno abbandonando la rotta del Mar Rosso».
Il centro studi Srm collegato a Intesa Sanpaolo ha calcolato i numeri di questa crisi: nella prima metà di dicembre sono transitate da Suez 1.299 navi (-4,6%); da qui passa il 30% del traffico contanier mondiale, e il 40% dell’import-export marittimo italiano, pari a 154 miliardi di euro.

L'emergenza a Suez

Suez in termini energetici rappresenta il 10% dei prodotti petroliferi raffinati, l’8% del Gas Naturale Liquefatto e il 5% del greggio. Inoltre, vanta il transito del 14,6% dell’import mondiale dei prodotti cerealicoli e del 14,5% dell’import mondiale dei fertilizzanti agricoli.
La rotta Shanghai-Amburgo via Buona Speranza richiede 36 giorni di viaggio (+10 rispetto a Suez), la Shanghai-Pireo 34 giorni (+15); oltre ai noli dei container, stanno aumentando i costi del bunkeraggio, cioè il rifornimento delle navi, e delle assicurazioni marittime.
Così conclude l’analisi di Srm: «I giorni di ritardo incideranno sulla ri-schedulazione delle navi e, quindi, sugli arrivi e sulle partenze anche da e per i porti italiani, tra cui Genova, Gioia Tauro, La Spezia e Trieste, che sono tra i principali porti container ed energetici nel nostro Paese (traffico container e prodotti petroliferi). Nel breve termine le navi potrebbero non entrare nel Mediterraneo sbarcando nel Nord-Europa, mentre nel lungo termine non dovrebbero esservi ripercussioni sui volumi totali dell’Italia, poiché le spedizioni, per la maggior parte, giungeranno comunque a destinazione, seppure con ritardi diffusi».