I dazi Usa al 30% e il conto salato per l'Italia (e salatissimo per la Sicilia)
I settori più colpiti moda, accessori, agroalimentare e l’export delle regioni del Mezzogiorno
L’annuncio del presidente americano Donald Trump di imporre dazi al 30% sulle importazioni europee, a partire dal 1° agosto 2025, rappresenta una seria minaccia per il sistema produttivo italiano, con impatti potenzialmente devastanti su settori chiave come moda, accessori, agroalimentare e sull’export delle regioni del Mezzogiorno.
Secondo Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Accessori Moda, i primi segnali raccolti tra le imprese indicano un impatto «potenzialmente molto grave» per il comparto accessori moda, che nel 2024 ha esportato verso gli Stati Uniti prodotti per un valore di 2,8 miliardi di euro, pari all’11,1% dell’export totale del settore. Il calzaturiero (1,4 miliardi) e la pelletteria (1,2 miliardi) sono i segmenti più colpiti. Le esportazioni verso gli Usa hanno già registrato una flessione del 3,5% nel 2024 rispetto al 2023, e l’introduzione dei dazi rischia di aggravare ulteriormente la situazione, riducendo la domanda e indebolendo la competitività internazionale delle imprese italiane.
Ceolini sottolinea che, senza contromisure efficaci, si rischia un drastico ridimensionamento dell’export e conseguenti ricadute occupazionali lungo tutta la filiera produttiva. Per questo molte aziende stanno già esplorando mercati alternativi, con un focus su Asia, Europa, Medio Oriente e Africa, ma aprirsi a nuovi mercati richiede tempo, investimenti e supporto istituzionale. La presidente di Confindustria Accessori Moda auspica una risposta coordinata europea che favorisca filiere più resilienti e sostenibili, sfruttando anche il nearshoring nel Mediterraneo.
Nel settore agroalimentare, Giuseppino Santoianni, presidente dell’Associazione Italiana Coltivatori, evidenzia come l’Italia abbia registrato nel 2024 un export di vino verso gli Usa superiore a 1,9 miliardi di euro (+10%), con un incremento complessivo del comparto agroalimentare del 16,7%. L’introduzione dei dazi rappresenterebbe un attacco diretto a un settore già provato da crisi, inflazione e cambiamenti climatici. Santoianni richiama l’importanza di difendere il Made in Italy per tutelare le aziende agricole e i lavoratori che garantiscono qualità e sostenibilità.
Anche Legacoop Sicilia denuncia il rischio gravissimo per il comparto agroalimentare regionale, che con olio, vino, agrumi e ortofrutta rappresenta una colonna portante dell’economia e dell’occupazione locale. Le cooperative chiedono un fronte comune europeo e italiano per scongiurare l’introduzione dei dazi, che penalizzerebbero soprattutto le regioni più fragili del Mediterraneo, mettendo a rischio il futuro delle comunità rurali.
Dal punto di vista territoriale, un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia evidenzia come le regioni del Sud, in particolare Sardegna, Molise e Sicilia, siano le più esposte ai danni dei dazi per via della bassa diversificazione dei prodotti esportati. La Puglia risulta invece meno vulnerabile grazie a una maggiore diversificazione. Le regioni del Nord come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna mostrano un rischio più contenuto grazie a mercati e prodotti più diversificati.
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha espresso solidarietà al contesto europeo, auspicando che non si passi dalle parole ai fatti e che i dazi non vengano mantenuti, per evitare un grave limite all’export italiano ed europeo.
In sintesi, la minaccia dei dazi Usa al 30% mette a rischio un export italiano che vale decine di miliardi di euro, con effetti diretti su moda, agroalimentare e manifattura e conseguenze pesanti soprattutto per il Mezzogiorno. La richiesta unanime è per un’azione europea forte, unitaria e coordinata, che tuteli il Made in Italy e sostenga la ripresa e il riposizionamento strategico delle imprese italiane sui mercati global.