L'Italia rilancia sul "nucleare sostenibile" e il Governo incassa l'ok dell'Enea
Pronto il ddl delega che sarà in Parlamento dopo l'estate: le tappe arrivare alla produzione di energia
Dopo oltre trent'anni di stop, il nucleare torna ufficialmente nell’agenda politica italiana con una tabella di marcia definita. Il disegno di legge delega per il cosiddetto «nucleare sostenibile», approvato a febbraio dal Consiglio dei ministri, arriverà in Parlamento dopo la pausa estiva.
Una volta varato, aprirà una finestra di dodici mesi per costruire il quadro normativo necessario: dalle procedure autorizzative alla formazione dei tecnici, fino agli standard di sicurezza e gestione dei rifiuti. L’obiettivo dell’esecutivo è chiudere l’iter entro il 2026-2027, così da dotare il Paese di una cornice giuridica moderna su cui basare le scelte tecnologiche future.
Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, la transizione non può reggersi solo su rinnovabili e accumuli: «Oggi i consumi elettrici sono poco oltre i 300 TWh annui, ma nei prossimi 15-20 anni ci si attende un raddoppio. Non possiamo pensare di coprire tutta la domanda tappezzando l’Italia di fotovoltaico ed eolico, che hanno un problema strutturale di intermittenza», ha detto al Meeting di Rimini. Il nucleare, nelle intenzioni del governo, non sostituirà le rinnovabili ma le integrerà in un mix più equilibrato. Per il ministro «dobbiamo ragionare sul nucleare di nuova generazione per garantire stabilità al sistema elettrico e avvicinarci al disaccoppiamento del prezzo della luce da quello del gas». Un obiettivo che formalmente può avvenire solo a livello europeo, ma che l’Italia punta a perseguire di fatto con strumenti contrattuali e scelte produttive mirate.
Il tema più sensibile resta la sicurezza e quindi anche la gestione delle scorie. Oggi gran parte dei rifiuti ad alta attività è stoccata all’estero, mentre quelli a bassa intensità, soprattutto di origine sanitaria, sono distribuiti in oltre cento siti sul territorio nazionale. La logica, ha detto il ministro, è concentrare in pochi centri idonei questi rifiuti e verificare la mappatura esistente per individuare nuove aree, d’intesa con Regioni e Comuni. Senza sottovalutare il fatto che "queste scorie, che sino a oggi sono state considerate solo un problema, in futuro potranno costituire una risorsa in quanto saranno materiale combustibile per i reattori di nuova generazione». Anche Elizabeth Rizzotti, COO e Managing Director di Newcleo Italia, conferma: i nuovi reattori di quarta generazione sono più efficienti proprio perché usano la scoria come nuovo combustibile.
Quanto ai costi, Pichetto ha ricordato che uno dei grandi produttori di small modular reactors ha stimato un investimento di circa 30 miliardi per 15 reattori, pari a 2 miliardi l’uno: «Un livello comparabile al fotovoltaico dieci anni fa», ma «contestare oggi i costi è prematuro».
Il rilancio del nucleare incontra anche il sostegno del mondo scientifico. La presidente dell’Enea, Francesca Mariotti, ricorda come l’Italia sia già un pezzo avanti perché, nonostante l’addio al nucleare, ha mantenuto competenze e una filiera industriale di rilievo, e la ricerca non si è mai fermata. Sul fronte della vigilanza, l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) ricorda che la sicurezza è già oggi garantita da un’autorità indipendente: «Il rafforzamento dell’Isin sarà decisivo per affrontare le sfide del futuro», ha sottolineato il direttore generale Francesco Campanella.
Ma è pericoloso? Il fact checking
Gli impianti nucleari sono percepiti da buona parte della popolazione come strutture estremamente pericolose per salute umana e l’ambiente, così come le scorie nucleari. Questa fonte di energia può davvero essere considerata pericolosa, o più pericolosa di altre? “La risposta è piuttosto semplice: No. Gli impianti nucleari non sono più pericolosi di altri sistemi di produzione di energia, anzi sono in assoluto tra i meno pericolosi”, spiegano dall’Enea. A dare sostegno a quest’affermazione sono numerosi rapporti e analisi che passano in rassegna diversi aspetti relativi alla pericolosità. Uno di questi indicatori è il numero di vittime direttamente attribuibili a incidenti o a emissioni inquinanti, una sorta di classifica che prende in considerazione il numero di vittime in funzione dell’energia prodotta.
Ad avere questo triste primato (su dati relativi al 2020) sono gli impianti a carbone, ai quali sono attribuibili 24,6 morti per ogni Terawatt-ora di energia elettrica prodotti, seguiti dal petrolio (con 18,4 vittime), biomasse (4,6) e gas naturale (2,8). Il nucleare si trova nelle ultime posizioni con 0,03 vittime per ogni Terawatt-ora di energia elettrica prodotto, meno dell’idroelettrico (1,3) e poco sopra al solare (0,02).
Anche le scorie sono un problema relativo: sono tracciate, verificate e stoccate in luoghi idonei e protetti. Ma spesso non possiamo fare la stessa affermazione in merito ai rifiuti chimici o industriali che, purtroppo, a volte sono semplicemente abbandonati con gravi danni alla salute e all’ambiente.
Ad accrescere ulteriormente la sostenibilità e la sicurezza del nucleare sono i suoi principi fondamentali: la 'difesa in profondità', che presuppone almeno 4 livelli di sicurezza, in pratica 4 barriere diverse tra il cuore del reattore e l’esterno, oltre a sistemi di sicurezza attivi e passivi; e poi ci sono le ricerche nello sviluppo di nuove centrali a fissione, dette di quarta generazione, disegnate per migliorarne ulteriormente la sicurezza e ridurne la produzione di scorie, anche grazie al riciclo di parte delle stesse (tecnicamente la chiusura del ciclo del combustibile). Più avanti avremo centrali a fusione, per produrre energia anche su larga scala, oltre che sicura e sostenibile.