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Turismo in Sicilia, da Bankitalia campanello d’allarme: stranieri in calo

Di Michele Guccione |

PALERMO – Al neo assessore regionale al Turismo, Manlio Messina, la notizia non piacerà, anche se i fatti sono precedenti all’inizio del suo mandato: nel secondo trimestre di quest’anno la Sicilia è stata visitata da meno turisti stranieri rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A segnalare l’anomalia dopo diversi periodi in costante crescita è la rilevazione periodica di Bankitalia, secondo cui nel secondo trimestre del 2019 la spesa dei viaggiatori stranieri in tutta Italia è aumentata del 5,6%, ma altrettanto non è accaduto nell’Isola. Qui, infatti, i visitatori stranieri hanno speso 531 mln di euro nel periodo aprile-giugno, a fronte dei 628 mln dello stesso periodo del 2018.

Ciò, come detto, è conseguenza di una contrazione degli arrivi: le mete siciliane sono state preferite da un milione e 407mila stranieri, quasi 100mila in meno a confronto col secondo trimestre del 2018, quando erano giunti un milione e 525mila turisti dall’estero. Analogamente si sono contratti i pernottamenti: 6 milioni e 254mila a fronte di 6 milioni e 643mila di aprile-giugno 2018.

Il deludente risultato di questo periodo molto importante per la stagione turistica (che comprende Pasqua, 25 aprile, Primo maggio e 2 giugno con relativi ponti) ha consumato il vantaggio regalato dal turismo straniero alla Sicilia nel primo trimestre. Di fatto, la rilevazione di Via Nazionale sul periodo gennaio-giugno si conclude con una perdita secca su tutti gli elementi di analisi: rispetto al periodo gennaio-giugno 2018, nei primi sei mesi di quest’anno i visitatori stranieri sono scesi da un milione e 941mila a un milione e 873mila; i pernottamenti si sono ridotti da 8 milioni e 846mila a 8milioni e 524mila; la spesa è calata da 771 a 704 milioni di euro.

Guardando alle altre regioni, nel secondo trimestre quella preferita dai turisti stranieri è stata la Lombardia con 6 milioni e 402 mila arrivi, i quali però hanno pagato i servizi la metà (1 mld e 970 mln) rispetto ai 4 mln e 716mila ospiti che nel Lazio hanno speso 2 mld e 376 mln. Come numero di visitatori seguono il Veneto (3mln e 833mila), il Friuli Venezia Giulia (3mln e 589mila), la Toscana (2 mln e 527mila), la Liguria (2 mln e 427mila), la Campania (1mln e 636mila). Insomma, la Sicilia è allo stesso livello dell’Emilia Romagna che ha registrato un milione e 458mila arrivi dall’estero.

La comparazione con le altre regioni dimostra ancora una volta come, in un periodo dedicato più alle città d’arte che al mare, territori che custodiscono un numero assai inferiore di beni culturali rispetto ai tesori della Sicilia riescono però ad attrarre flussi turistici di gran lunga superiori. La Lombardia, a parità di densità di popolazione con l’Isola, offre qualità e costi dei servizi che non sono equiparabili alla proposta siciliana. Per non parlare dei costi dei trasporti aerei, che sono diventati proibitivi per qualsiasi tasca, e della scarsa capacità degli aeroporti siciliani di attirare con tariffe competitive nuove compagnie e di attivare più voli diretti e magari con orari più comodi.

L’analisi non può non soffermarsi anche sulla rete delle strutture ricettive, la cui qualità non riesce più a stare al passo con la concorrenza, e su quella dei servizi per il tempo libero, dalle escursioni guidate all’intrattenimento.

Bisogna anche rimarcare l’accento sulla frequente inaccessibilità di molti monumenti, sulla carente offerta di mostre ed eventi e sulla elevata tassazione a carico degli operatori, molti dei quali hanno deciso (e altri lo stanno facendo) di trasferirsi in Grecia, dove l’Iva sulle attività turistiche è stata dimezzata e le tariffe sulle concessioni sono state ridotte al minimo proprio per incentivare gli arrivi. E non è un caso che compagnie come EasyJet abbiano dirottato molti voli dall’Italia proprio verso la Grecia.

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