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Disoccupazione, aumenta divario Nord-Sud. Svimez: «Da RdC impatto nullo»

Di Redazione |

ROMA – Si riallarga il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord, nell’ultimo decennio è aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni. E’ il quadro delineato dal Rapporto Svimez 2019. Lo studio, presentato oggi a Roma, rileva che la crescita dell’occupazione nel primo semestre del 2019 riguarda solo il Centro-Nord (+137.000), cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-27.000). Al Sud aumenta la precarietà che si riduce nel Centro-Nord, riprende a crescere il part-time (+1,2%), in particolare quello involontario che nel Mezzogiorno si riavvicina all’80% a fronte del 58% nel Centro-Nord.

Nel suo rapporto, la Svimez giudica «utile il Reddito di cittadinanza» ma sostiene che «la povertà non si combatte solo con un contributo monetario: occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza», spiega l’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno in occasione della presentazione del Rapporto 2019. «Peraltro – sottolinea – l’impatto del Reddito sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro».

La Svimeza analizza anche la fuga dei giovani dal Su.  Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto dei laureati. Un’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone (10,3% del totale. Di questi 57 mila si muovono sempre all’interno del Sud, mentre 179 mila vanno verso il Centro-Nord e l’estero. 

In Italia nel 2018 si è raggiunto «un nuovo minimo storico delle nascite», si ricorda, sottolineando che al Sud sono nati circa 157 mila bambini, 6 mila in meno del 2017. La novità, spiega, è «che il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli». 

Senza un’inversione di tendenza «nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro-Nord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni)». Avverte, poi, il direttore Luca Bianchi. Uno scenario questo definito «insostenibile», viste anche le conseguenze economiche: tra meno di cinquant’anni «con i livelli attuali di occupazione, produttività e di saldo migratorio, l’Italia perderà quasi un quarto del Pil, il Sud oltre un terzo». Per Svimez «le possibilità di contenere tali effetti sono legate ad un significativo incremento del tasso di occupazione, in particolare di quello femminile».

Le previsioni macroeconomiche stimano il Pil italiano a +0,9% nel 2018, +0,2% nel 2019 e +0,6% nel 2020. In particolare il Centro-Nord sarebbe al +0,9% nel 2018, al +0,3% nel 2019, al +0,7% nel 2020. una crescita, come si può vedere, molto modesta anche nelle aree più sviluppate del Paese. Al Sud nel 2018 l’aumento sarebbe del +0,6%, calerebbe a -0,2% nel 2019 e risalirebbe leggermente a +0,2% nel 2020.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA