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Il report

Le imprese italiane credono nel futuro: a investire è l'80%

A sottolinearlo il rapporto Eibis della Banca europea per gli investimenti (Bei) dal quale emerge che nel Bel Paese c'è un ottimismo superiore rispetto ai competitor europei

Redazione La Sicilia

09 Dicembre 2025, 07:19

Le imprese italiane credono nel futuro: a investire è l'80%

Certamente, ecco il testo con i neretti applicati per evidenziare i dati chiave e i concetti principali:

La Banca europea per gli investimenti (BEI) ha diffuso i risultati italiani dell’EIB Group Survey on Investment 2025 (EIBIS), l’indagine annuale che raccoglie le risposte di circa 12.000 aziende in Europa e negli Stati Uniti sulle dinamiche d’investimento. Dallo studio emerge che l’80% delle società italiane ha investito nell’ultimo anno: una flessione rispetto all’87% registrato nell’edizione 2024 e al di sotto della media UE (86%). Il quadro, tuttavia, si accompagna a un netto miglioramento delle prospettive per il 2025: il 27% prevede di aumentare i propri investimenti contro il 16% che ipotizza un taglio, per un saldo positivo dell’11%, più che doppio rispetto al +4% dell’Unione e ben oltre il +3% rilevato in Italia lo scorso anno. “I risultati dell’indagine di quest’anno sulle dinamiche di investimento delle imprese mostrano un’Italia che guarda al futuro con fiducia e che sta investendo nella propria competitività – afferma Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della Banca europea per gli investimenti –. La BEI continuerà ad accompagnare le imprese italiane nei loro percorsi di trasformazione, sostenendo investimenti che rafforzano crescita, produttività e resilienza climatica”.

L’ottimismo delle imprese italiane supera quello dei concorrenti europei: il 32% si attende un miglioramento delle prospettive nel proprio settore, contro il 12% che prevede un peggioramento, per un saldo di +20% a fronte dello 0% nell’UE.

Sul fronte climatico, il 69% delle aziende ha adottato misure per gestire gli impatti del cambiamento climatico, ben sopra la media europea (53%). Tali interventi, però, consistono spesso nell’acquisto di assicurazioni (62% contro il 25% UE) più che in piani strutturali o investimenti mirati: solo il 17% investe in soluzioni specifiche (UE: 30%) e il 18% ha definito una strategia di adattamento (UE: 26%). Quanto alla mitigazione delle emissioni, il 50% ha svolto audit energetici (UE: 56%), il 35% ha fissato obiettivi di riduzione (UE: 47%) e l’84% ha adottato misure (UE: 92%), soprattutto in ambito riciclo (61%), efficienza energetica (51%) e rinnovabili (44%).

Il 57% delle imprese italiane opera sui mercati internazionali (UE: 66%), con punte nell’industria (82%) e tra le grandi realtà (75%). Le interruzioni nelle catene logistiche incidono meno che nel resto d’Europa (35% contro 43%), ma la reazione resta prudente: solo il 5% investe in sistemi digitali di monitoraggio delle scorte (UE: 18%) e l’11% diversifica le fonti di approvvigionamento dall’estero (UE: 19%). “Le imprese italiane stanno accelerando su innovazione e investimenti immateriali, favorite anche da condizioni finanziarie più favorevoli – ha affermato Debora Revoltella, Capo Economista del Gruppo BEI –. Ma per mantenere un vantaggio competitivo di lungo periodo è essenziale intensificare l’adozione di tecnologie avanzate, in particolare l’Intelligenza Artificiale, e investire di più nella mitigazione dei rischi climatici”.

Le condizioni di finanziamento restano complessivamente favorevoli: il 49% delle aziende fa ricorso a fonti esterne (UE: 42%), mentre solo il 10% si dichiara insoddisfatto dei costi dei prestiti, in forte calo rispetto al 22% dell’anno precedente e al di sotto della media europea (15%). Le imprese italiane utilizzano più spesso dei partner europei i prestiti bancari, segnale di un ecosistema finanziario reattivo.

Sul versante digitale, il 74% impiega almeno una tecnologia digitale, in linea con l’UE; tuttavia solo il 45% adotta soluzioni avanzate (UE: 51%) e l’Intelligenza Artificiale è utilizzata dal 20% delle realtà, molto al di sotto della media europea (37%). Gli investimenti immateriali rappresentano il 39% del totale (UE: 35%), trainati da software/ICT (12%), formazione (10%), ricerca e sviluppo (9%) e miglioramenti organizzativi (7%). Oltre la metà delle imprese intende ampliare la capacità produttiva o sviluppare nuovi prodotti, mentre soltanto il 28% investirà nella sostituzione di macchinari e impianti esistenti (UE: 43%).