finanziaria nazionale
Ponte sullo Stretto, 780 milioni spostati al 2033. Cateno De Luca si accoda al Pd: «Schifani si faccia restituire 1,3 miliardi»
L'emendamento del governo Meloni sposta le risorse per la mega opera del 2025 ad altre misure. Il deputato messinese: «Una scelta politica, non contabile»
È stato depositato l'emendamento del governo nazionale che aggiunge 3,5 miliardi di euro alla finanziaria, sottraendoli in parte al Ponte sullo Stretto. In particolare 780 milioni di euro vengono spostati nel 2033.
La modifica, attraverso una modifica tabellare allo stato di previsione del Mit, «rifinanzia, alla luce dell'aggiornamento dell'iter amministrativo e del non perfezionamento degli impegni relativi alle somme iscritte in bilancio nell'anno 2025 in conto residui rinvenienti dall'anno 2024, gli stanziamenti relativi al Ponte sullo stretto di Messina - si spiega nella Relazione tecnica - prevedendo un incremento delle risorse nell'anno 2033 tale da lasciare inalterato il valore complessivo delle somme autorizzate».
Per la segretaria del Pd Elly Schlein maggioranza e governo «hanno dato retta a uno dei nostri emendamenti, la proposta Nicita, che chiedeva di prendere atto del fallimento del Ponte bloccato dalla Corte dei Conti e di indirizzare le risorse a Sicilia e Calabria per non perderle», anche se stanno «riprendendo quei soldi per la necessità che nasce da un brutto pasticcio del governo su Transizione 5.0. Il governo - ha aggiunto la segretaria dem - ha partorito un meccanismo di incentivi talmente complesso che le imprese non li stavano chiedendo, la semplificazione è arrivata troppo tardi e hanno tolto troppi soldi rispetto a quelli inizialmente stanziati, attorno a 4 miliardi. Ora li devono rimettere non per colpa di Pd o Confindustria, ma per colpa loro che ne hanno tolti troppi, il pasticcio lo hanno fatto loro. Ditemi se questo è un governo serio».
Per Cateno De Luca il definanziamento del Ponte per il 2025 «è una scelta politica, non contabile. Questo significa una cosa sola - dice il leader di Sud Chiama Nord, nel corso di una conferenza stampa all'Ars, durante la quale ha illustrato i dati relativi alle coperture finanziarie dell'opera - il governo nazionale ha deciso di depotenziare e definanziare il Ponte, facendolo entrare in un binario morto. Quelle risorse sono state destinate a Zes, aiuti alle imprese e caro materiali: scelte che condivido nel merito. Ma si tratta di spese definitive, non recuperabili in futuro. Oggi, dunque, il Ponte sullo Stretto risulta sottofinanziato di almeno 3,5 miliardi, ai quali si aggiungono ulteriori 2-3 miliardi che verosimilmente emergeranno con il progetto esecutivo, che ancora non esiste».
Per De Luca il nodo centrale è ora politico e riguarda direttamente la Regione Siciliana: «In questa situazione rimane inspiegabilmente bloccato 1,3 miliardi di euro del Fondo sviluppo e coesione della Sicilia, vincolato a un'opera che non ha più una copertura finanziaria certa e un cronoprogramma credibile. È una follia continuare a tenere ferme queste risorse. Chiedo al presidente Schifani di intervenire immediatamente per chiedere la riprogrammazione e lo svincolo di quel miliardo e tre. Sono risorse della Sicilia e devono tornare nella disponibilità della Regione per essere utilizzate a favore dei cittadini, delle infrastrutture e dello sviluppo reale del territorio».