E-commerce: corre veloce, ma i negozi non sono “finiti”: l’Italia al bivio tra digitale e prossimità
Il Bel Paese compra sempre più online, ma continua a varcare la soglia del market sotto casa. I numeri del 2024-2025 spiegano perché il canale fisico resta centrale e dove il digitale sta davvero cambiando il retail
L’e‑commerce cresce, ma non divora i negozi; semmai li costringe a cambiare pelle. E i numeri lo confermano: nel 2024 l’online ha pesato il 13% del retail complessivo – 17% nei servizi e 11% nei prodotti – per un valore stimato di 58,8 miliardi di euro (38,2 miliardi prodotti; 20,6 miliardi servizi). Nei primi dieci mesi del 2025 l’e‑commerce e la grande distribuzione hanno segnato entrambe un +2,1%, mentre i negozi su piccole superfici sono scesi di -0,7%. Dati che arrivano dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre e che, incrociati con l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, e con le rilevazioni Istat ed Eurostat, aiutano a capire dove stia andando il commercio italiano.
L’Italia dell’online: crescita robusta, ma il negozio resta il “primo canale”
Nel 2024 la penetrazione dell’e‑commerce sul totale retail si è attestata al 13%: 17% nei servizi (turismo, trasporti, ticketing) e 11% nei prodotti. Valore degli acquisti online B2C: 58,8 miliardi di euro (+6% sul 2023). Ripartizione: 38,2 miliardi prodotti (+5%), 20,6 miliardi servizi (+8%). Quadro validato dall’Osservatorio eCommerce B2C e ripreso da più fonti.
Nei primi dieci mesi del 2025, andamento per canale: e‑commerce +2,1%, grande distribuzione (GDO) +2,1%, negozi di piccole superfici -0,7%. È il pendolo del retail: il fisico tiene se è grande e organizzato; soffre quando è frammentato e poco presidiato dal digitale.
Nonostante il “boom” dell’online (+72,4% tra 2019 e 2024), quasi il 90% delle vendite al dettaglio di prodotti passa ancora per i negozi fisici. È un’Italia che usa l’online per scoprire, confrontare, prenotare; ma spesso conclude in punto vendita, soprattutto per l’alimentare e i beni a forte componente tattile.
Dove il digitale corre di più: settori e abitudini in trasformazione
I comparti più dinamici nel 2024 sono stati: Arredamento e home living (+12%), Beauty & Pharma (+12%), Food & Grocery (fra +7% e +8% a seconda dei rilevatori), Auto & Ricambi (+10%), Informatica & Elettronica (+6%), Abbigliamento (+5%). L’online nei prodotti vale mediamente l’11% della spesa, ma in Informatica/Elettronica vola attorno al 42%: segno che quando l’offerta è standardizzata e le specifiche sono chiare, il digitale diventa canale preferito.
Il confronto europeo: tanta strada fatta, altra da fare
Nel 2024, secondo Eurostat, circa il 77% degli utenti internet nell’UE ha acquistato online nell’ultimo anno; l’Italia è nelle retrovie con una quota attorno al 60% degli utenti, ben sotto la media e lontana dai Paesi leader come Irlanda (96%), Paesi Bassi (94%), Danimarca (91%). Questo dato non misura il fatturato (dove l’Italia cresce), ma la diffusione dell’abitudine all’acquisto online. È una spia culturale e infrastrutturale: alfabetizzazione digitale, qualità dei servizi post‑vendita, logistica di prossimità.
2025: il cantiere del retail tra inflazione in raffreddamento e volumi in recupero
L’anno in corso ha visto la GDO consolidare il recupero dei volumi con un profilo di crescita moderato a valore; i dati di Istat e i monitoraggi di società di ricerche private indicano, a metà anno, GDO in progresso e “piccole superfici” in affanno, mentre l’e‑commerce mostra ritmi costantemente superiori alla media. Il dato cumulato di +2,1% per GDO ed e‑commerce nei primi dieci mesi, a fronte del -0,7% delle piccole superfici, fotografa questa divergenza.
Perché il negozio non scompare
Il “valore d’uso” del punto vendita: provare, toccare, chiedere consiglio. In categorie come alimentare fresco, cura persona, moda e arredo, l’esperienza fisica resta determinante in fasi chiave del percorso d’acquisto.
La prossimità come servizio: consegne rapide, click & collect, resi semplificati. È qui che fisico e digitale si integrano: il negozio diventa punto di ritiro, showroom, micro‑hub logistico.
La geografia dei bisogni: aree interne e piccoli centri soffrono carenze logistiche e digitali. Dove la densità di offerta fisica scende, il digitale colma i vuoti; dove i negozi presidiano bene il territorio, l’online diventa complemento, non sostituto.
Le cifre della CGIA mettono in guardia: laddove regolazione debole e pressione fiscale più alta penalizzano il fisico, l’e‑commerce tende ad accelerare ulteriormente. Per il retail italiano, la chiave è un equilibrio virtuoso, non una gara a somma zero.
Il consumatore ibrido: come sta cambiando il carrello
Mix canale/prodotto: si compra un biglietto aereo online, si ritira la spesa al supermercato, si ordina un piccolo elettrodomestico con consegna in giornata. I dati Netcomm‑Politecnico mostrano che i servizi digitali (turismo, mobilità, entertainment) corrono più dei prodotti: 20,6 miliardi nel 2024, +8%.
Decisioni informate: comparatori, recensioni, live shopping, chat. Cresce l’uso di strumenti digitali anche quando l’acquisto si chiude offline: l’effetto “ROPO” (Research Online, Purchase Offline) resta forte in Italia.
- Attese logistiche: finestre di consegna strette, resi gratuiti, tracciabilità in tempo reale. L’online è percepito “normale” quando è affidabile: ritardi e attriti si pagano in tasso di conversione e fedeltà.
I segnali deboli che contano: inclusione digitale e capitale umano
Il ritardo italiano nella quota di acquirenti online riflette un digital divide ancora presente: età anagrafica, istruzione, reddito e territorio incidono. Nel 2024 in UE, tra i 25‑34 anni la quota di chi compra online sfiora l’89%; tra i 65‑74 scende attorno al 53%. Ampliare le competenze digitali e semplificare l’esperienza (pagamenti, resi, assistenza) è cruciale per allargare la base, non solo il valore medio dello scontrino.
Cosa ci dicono i numeri sul 2026 (senza la sfera di cristallo)
Se il trend +2,1% di e‑commerce e GDO proseguisse, il 2026 vedrebbe un’ulteriore erosione del gap con i negozi di prossimità. Ma le percentuali contano meno del “come”: dove i piccoli retail si integrano (catalogo digitale, resi e ritiri), la curva si appiattisce e i negozi restano competitivi.
La domanda dei servizi online – turismo, mobilità, intrattenimento – continuerà a trainare: nel 2024 era 17% del retail in termini di penetrazione e 20,6 miliardi in valore; è ragionevole attendersi ulteriori progressi se l’offerta continuerà a semplificarsi e a tutelare il consumatore.
L’Italia sconta un tasso di acquirenti online inferiore alla media UE: colmare il gap non è (solo) questione di promozioni, ma di educazione digitale, servizi post‑vendita, affidabilità logistica.