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Fontanarossa, via libera alla privatizzazione. Tappe e compratori, ecco il “piano riservato”

Di Mario Barresi |

CATANIA – Decolla la privatizzazione di Fontanarossa. Con voto unanime, ieri pomeriggio, l’assemblea dei soci di Sac ha dato avvio al percorso che si concluderà, entro i 12 mesi previsti dal cronoprogramma già deliberato, con la cessione di almeno il 51% pro quota delle azioni di ognuno degli enti pubblici (Camera di Commercio del Sud-Est detentrice del 61,22%, Città metropolitana di Catania, Libero consorzio di Siracusa e Irsap con il 12,24% a testa; il Comune di Catania mantiene la sua quota del 2,04%, ma aderisce alla scelta dell’assemblea) affidando il mandato al consiglio d’amministrazione di avviare la “fase 1” del piano.

Cosa succederà adesso? Saranno selezionati, entro i primi mesi del 2020, tre diversi advisor: uno finanziario (per la valutazione della società in funzione del percorso di cessione della maggioranza), uno legale (per il supporto nella predisposizione del bando) e uno industriale (per studiare il piano di investimenti a lungo termine da indicare agli aspiranti partner privati). Per il ruolo finanziario si profila già l’interessamento di colossi come Unicredit, Mediobanca e Banca Intesa, oltre ad altri istituti internazionali.

A inizio del prossimo anno partirà, come si legge nel piano anticipato da La Sicilia, la seconda fase, con tre mesi di «strategia di marketing»: pubblicazione del bando, manifestazione d’interesse, prima selezione. Poi scattano le «offerte non vincolanti»: 60 giorni per riceverle e selezionarle. Infine, l’ultimo step di altri due mesi: presentazione e scelta delle «offerte vincolanti», con l’aggiudicazione al vincitore, l’autorizzazione del contratto e il “closing” della privatizzazione. Se non ci dovessero essere intoppi, compresi i tempi delle autorizzazioni preventive al bando da parte dei ministeri dell’Economia e dei Trasporti, la cessione del pacchetto di maggioranza di Sac (dal 51 al 70% la forbice ipotizzabile) dovrebbe concludersi entro la fine del 2020.

Non scontato, nella scelta unanime di ieri, il via libera della Regione, che controlla – più o meno direttamente – le quote dell’Irsap (ente dell’assessorato alle Attività produttive) e dell’ex Provincia di Siracusa, commissariata. L’ultima assemblea dei soci Sac, infatti, s’era fermata per la «pausa di riflessione» chiesta dal governo regionale, in una nota firmata da Nello Musumeci. Una riflessione che il governatore aveva definito «giuridica» (per acquisire il parere del proprio Ufficio legislativo e legale su alcune questioni legate a Irsap ed ex Province), ma anche «politica».

I problemi tecnici, evidentemente, sono stati risolti. Sulle questioni più delicate, invece, il commissario dell’Irsap, Giovanni Perino, ieri ha fatto aggiungere al verbale una nota su mandato dell’assessore regionale alle Attività produttive, Mimmo Turano. Voto favorevole, dunque, al cronoprogramma, affidando l’incarico all’advisor, fatti salvi «i diritti del socio» sulla «valutazione all’esito del lavoro». La Regione, inoltre, chiede di «elaborare un adeguato piano industriale». Che dovrà tenere conto di tre esigenze: degli «investimenti da effettuarsi in aggregazione con quelli già pianificati dalla Regione», della «necessità che gli investimenti siano aggiuntivi rispetto a quelli necessari per l’acquisizione delle quote sociali» e, infine, «nell’ambito di un sistema dei trasporti aeroportuali integrato della Regione, la eventuale acquisizione di significative quote di capitale della società Airgest».

La privatizzazione dell’aeroporto di Catania avverrà con una procedura che i vertici di Sac definiscono «di massima trasparenza pubblica». Ma il piano, più o meno riservato, è abbozzato nel memorandum già consegnato dal cda ai soci. In cui la «soluzione auspicata» è la vendita del pacchetto di maggioranza. Come nei casi «virtuosi» delle privatizzazioni di Nizza, Lione e Lubiana. Certo, «gli azionisti perderebbero il controllo di Sac», ma il cda elenca gli «specifici diritti» del socio pubblico di minoranza: i «meccanismi di verifica/coordinamento» rispetto al piano industriale e l’individuazione di «soggetti maggiormente idonei a proseguire la creazione di valore del gruppo Sac», con «positivi impatti sul territorio».

A chi si dovrà vendere? Più che un Fondo infrastrutturale, che avrebbe «limitata possibilità di creare nuove sinergie» (soprattutto se «non presente già nel settore aeroportuale»), meglio i «partner strategici». Che garantirebbero «massimizzazione del valore di Sac», «possibili sinergie» e «rafforzamento del management».

Sul bando sarà decisivo il lavoro dell’advisor. Ma alcune idee, «a titolo meramente indicativo ed esemplificativo», ci sono già. Fra i requisiti: essere «investitore con sede nell’Ue», «gestore aeroportuale o azionista di maggioranza (o di minoranza qualificata) di altri gestori aeroportuali Ue», avere «parametri di solidità patrimoniale-finanziaria». Il vincitore sarà scelto «non solo sulla base del prezzo, ma soprattutto della qualità del piano industriale»: sviluppo del traffico, piano investimenti, sviluppo di attività commerciali “non aviation”, efficienza operativa. E poi le regole post vendita. Con precisi paletti: divieto per il socio privato di vendere le azioni per almeno 5 anni; diritto di prelazione per i soci pubblici in caso di successiva cessione della maggioranza da parte dei privati; «opzione di vendita», per la minoranza pubblica, di «ulteriori quote» al privato. Infine, gli «altri accordi di governance»: l’ad sarà nominato dal socio privato, al pubblico la scelta del presidente e di «materie riservate al Cda non delegabili all’ad».

Ma su tutti questi aspetti c’è ancora da discutere e limare. Per ora si parte: è il rullaggio della privatizzazione.

Twitter: @MarioBarresi

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