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Dal 1° gennaio stop ai conti correnti in rosso: ecco chi rischia di più

Di Cesare La Marca |

CATANIA – Momento peggiore di questo non c’era per una stretta sui “conti in rosso” di famiglie e imprese – proprio mentre l’economia è trascinata nel baratro dall’emergenza sanitaria – e l’Eba (European Banking Authority) è riuscita a quanto pare a coglierlo in pieno.

Le conseguenze di questo taglio a un minimo di “flessibilità” bancaria che spesso ha salvato da usura e fallimenti chi suo malgrado lavora e sopravvive in zona “saldo zero” rischiano di essere devastanti dal primo gennaio per migliaia di imprese e decine di migliaia di famiglie solo a Catania e provincia.

Basteranno in base alle nuove regole dell’autorità bancaria europea, in mancanza di una deroga, per i privati tre “sconfinamenti” e mancati pagamenti per un equivalente di cento euro ciascuno di bollette, utenze o contributi previdenziali, e di 500 euro ciascuno per le imprese, perché scatti il blocco degli addebiti automatici delle utenze o delle rate dei finanzimenti, in caso di insufficiente liquidità in conto corrente, con tutte le conseguenze del caso, tra cui la morosità dell’utente, oltre alla segnalazione alle centrale dei rischi come “cattivi pagatori”. 

Questo porterà a innescare l’ulteriore pesantissima conseguenza della chiusura dell’accesso al credito per le imprese – soprattutto quelle micro e piccole le più a rischio secondo Unimpresa rispetto alle più strutturate aziende medie e grandi – e per le famiglie già in difficoltà.

«In questa fase l’Eba avrebbe dovuto mitigare il rischio per quelle micro e piccole imprese che sono riuscite a sopravvivere agli effetti della pandemia e devono comunque restituire il sostegno ottenuto col decreto liquidità – afferma il presidente regionale di Unimpresa Salvo Politino – mentre questa rigida direttiva in un momento così delicato rischia di far saltare l’intero sistema, anche perché il 35% delle aziende etnee in base ai nostri dati non intende neanche ripartire».

Quali ricadute si temono per un sistema economico già fragile e provato come quello etneo?

«L’allarme è per le microimprese fino a 10 dipendenti, che nel nostro territorio sono oltre 29mila nel settore del commercio, oltre 4.700 nella ristorazione e circa 500 nel settore ricettivo e turistico. Le piccole imprese da 10 a 50 dipendenti sono oltre 680 nel commercio, 340 nella ristorazione e oltre cinquanta nel ricettivo. A nostro avviso – aggiunge il presidente regionale di Unimpresa – le aziende di queste dimensioni sono le più esposte e sono quelle che potranno avere le maggiori difficoltà rispetto alle medie e grandi nell’affrontare una direttiva così rigida. Abbiamo chiesto con forza una deroga sensibilizzando le forze politiche, ma al momento senza risposta. L’unica misura prevista al momento è quella della Regione con un bando Irfis fino a 50mila euro per i ristoratori, a cui a nostro avviso andrebbe aggiunto anche un bando fino a 30mila euro a sostegno delle imprese non bancabili. Bisogna insomma intervenire a livello politico perché stando così le cose non saranno più possibili nemmeno piccoli sconfinamenti e questo vuol dire, per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie, non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia Covid, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui».

Insomma la rigidità dell’autorità bancaria europea su migliaia di conti correnti in “zona rosso” – che poi sono tutti quelli di imprenditori e famiglie che non hanno incassato o lavorato né ricevuto sostegno adeguato – rischia di far saltare quel che resta di un fragile equilibrio economico e sociale, e non è proprio il momento, mentre al contrario bisogna pensare a come ripartire, e al più presto.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA