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Via al Recovery Fund, ma governo è agli sgoccioli

Di Redazione |

Il Recovery Plan italiano c’è, il governo Conte-bis, fra una manciata d’ore, potrebbe non esserci più. Il Consiglio dei ministri notturno sul Piano di ripresa e resilienza certifica lo scontro totale tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Renzi. «Se non ci sarà il Mes le ministre di Iv si asterranno», annuncia l’ex premier in tv.

E il piano passa infatti con l’astensione delle ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti. La conferenza stampa convocata da Renzi nel pomeriggio alla Camera potrebbe certificare l’addio di Iv al governo. «Decidiamo in mattinata e poi lo comunicheremo alla stampa», annuncia il senatore.

I margini di trattativa, dopo il Cdm, si assottigliano ulteriormente. Se nel pomeriggio fonti di maggioranza evocavano ancora la possibilità di un vertice tra i leader per una ricucitura e, prima di entrare a Palazzo Chigi, Vincenzo Spadafora vedeva ancora le «condizioni per gesti di responsabilità», alla fine della riunione l’impressione è che non restino molti margini per ricompattare la maggioranza. Tanto che continuano a circolare voci e conteggi sui possibili “responsabili”» pronti a prendere il posto di Iv al Senato: si accredita l’uscita di 4 senatori dal gruppo di Renzi e ben 8 da Forza Italia.

E’ sul Mes intanto che si consuma l’ultimo scontro tra Iv, Conte e gli altri partiti alleati. Le ministre renziane definiscono «incomprensibile» la rinuncia al fondo salva-Stati, lamentano ritardi sulle urgenze del Paese e sui nuovi ristori.

«Il Mes non è compreso nel Next Generation, non è questa la sede per discutere il punto», è la replica di Conte, che invita a “non speculare sul numero dei decessi in Italia per invocare l’attivazione del Mes», con «un accostamento che offende la ragione e anche l’etica».

Subito dopo è Roberto Gualtieri a intervenire. «Il Mes non ha nulla a che vedere con il programma Next Generation Eu» e anche se si decidesse di attivarlo, «non avremmo a disposizione risorse per investimenti aggiuntivi», spiega il ministro dell’Economia. «Il Mes non c’entra, non c’è ragione per astenersi», è il concetto che sottolineano a loro volta Francesco Boccia e Enzo Amendola. Mentre il ministro della Salute, Roberto Speranza, ricorda quanto fatto per contrastare la pandemia, anche in termini di risorse. Il confronto viene descritto assai teso, lo strappo di Iv non rientra e le ministre si astengono. Ma Cdm terminato, Gualtieri esulta: «E’ stato un gran lavoro, più importante d’ogni polemica. Ora via al confronto in Parlamento e nella società». Fra poche ore, però, potrebbe essere la crisi di governo a dominare nella politica italiana. Non a caso Conte decide di correre e convoca un doppio Cdm, uno in serata sul nuovo dl anti-Covid (con lo stato di emergenza che potrebbe essere prorogato al 30 aprile), l’altro giovedì sul nuovo scostamento per i ristori di gennaio. Tentando così di mettere in cassaforte i provvedimenti più cruciali per il Paese in questo momento. Poi, se le ministre di Iv si dimetteranno, per il premier si potrebbe davvero aprire la strada della conta e del sostegno dei Responsabili. «Sarà un governo Conte-Mastella e noi saremo all’opposizione o un esecutivo diverso», attacca Renzi. «Ci sono delle forze che vogliono contribuire nel segno di un rapporto con l’Europa e penso che al momento opportuno queste forze possano palesarsi», è la previsione ribadita da Goffredo Bettini, gran tessitore di questi giorni di pre-crisi. Mentre al premier, e al suo argine a un Conte-ter se Iv si sfilasse nelle prossime ore, una sponda arriva da Romano Prodi. «Conte ha fatto bene. A me sembra che Renzi abbia assolutamente lo stesso obiettivo di Bertinotti (nel Prodi I, ndr), cioè rompere», spiega l’ex presidente del Consiglio. E il dado della crisi, ormai, sembra davvero tratto.

Le risorse complessivamente allocate nelle sei missioni del Piano nazionale di rilancio e resilienza sono pari a circa 210 miliardi di euro. Lo si legge nel comunicato stampa del Cdm. Di questi, viene spiegato, 144,2 miliardi finanziano «nuovi progetti» mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a «progetti in essere» che «riceveranno, grazie alla loro collocazione all’interno del Pnrr, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa».

Con il Pnrr «il governo intende massimizzare le risorse destinate agli investimenti pubblici, la cui quota supera il 70%. Gli incentivi a investimenti privati sono pari a circa il 21%». Così il comunicato del Cdm. «Impiegando le risorse nazionali del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 non ancora programmate, è stato possibile incrementare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi progetti in settori importanti, che comprendono la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l’infrastrutturazione sociale e sanitaria del Sud». Nel 2024-2026 la quota maggiore arriverà dai prestiti. «Il primo 70 per cento delle sovvenzioni verrà impegnato entro la fine del 2022 e speso entro la fine del 2023. Il piano prevede inoltre che il restante 30 per cento delle sovvenzioni sarà speso tra il 2023 e il 2025». Lo spiega il comunicato stampa del Cdm. «I prestiti totali aumenteranno nel corso del tempo, in linea con l’obiettivo di mantenere un livello elevato di investimenti e altre spese, in confronto all’andamento tendenziale. Nei primi tre anni, la maggior parte degli investimenti e dei «nuovi progetti» (e quindi dello stimolo macroeconomico rispetto allo scenario di base) sarà sostenuta da sovvenzioni. Nel periodo 2024-2026, viceversa, la quota maggiore dei finanziamenti per progetti aggiuntivi arriverà dai prestiti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA