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Recovery Fund, i sindaci del Sud scendono in campo

Di Olindo Terrana* |

Entro il 30 aprile il presidente Draghi dovrà inviare alla Commissione Europea il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) per utilizzare le risorse finanziarie previste dalla Programmazione comunitaria con il “Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027” (1.100 miliardi), “Next Generation EU” (750 miliardi) e le tre reti di sicurezza di prestiti (540 miliardi), per un totale di 2.390 miliardi di euro finalizzati al Green Deal europeo, a un’Europa pronta per l’era digitale, più forte nel mondo, per la promozione dello stile di vita europeo e per un nuovo slancio della democrazia dando più voce ai singoli cittadini.

La proposta di PNRR, già varata dal precedente Governo Conte, per una finanza programmata di 311,86 miliardi dei quali 210 miliardi a valere sulla UE, è allo stato odierno, in frenetica riscrittura da parte del Governo Draghi e, considerate le specifiche e indiscusse competenze del presidente, non si può escludere che la precedente Proposta di PNRR subirà modifiche più o meno sostanziali.

In tale delicato contesto, forse anche in considerazione della scarsa rappresentanza nel presente governo di esponenti del Sud e dalla mancata riconferma dell’ex ministro Provenzano, che aveva svolto un ottimo lavoro con il “Piano Sud 2030”, sono emerse diffuse preoccupazioni per le sorti future del Mezzogiorno d’Italia.

A esprimere principalmente tali preoccupazioni, attraverso un movimento spontaneo sempre più crescente di Sindaci, è la Rete dei Sindaci “Recovery Sud”, nata per iniziativa del sindaco pugliese di Acquaviva del Fonte Davide Carlucci (nella foto) e diventata in pochi giorni punto di riferimento per più di 180 sindaci di tutte le regioni del Sud d’Italia.

Nel documento “Proposte della Rete dei sindaci “Recovery Sud”, oltre ad essere esplicitata la ragione per la quale nasce la Rete e cioè “organizzare una risposta istituzionale alla grave crisi di rappresentanza del Sud, che a giudizio dei Sindaci ha portato a una serie di risultati molto negativi per i territori amministrati”, vengono anche evidenziati le disparità di trattamento fra i comuni del Nord e quelli del Sud d’Italia dove continua ad aggravarsi il divario economico con un PIL scivolato nel 2020 ai livelli del 1989, con un calo occupazionale del 4,4% rispetto al 2019 a fronte dell’1,2 per cento nel Nord; dove la spesa sociale media pro capite registra un enorme divario (56 euro in Campania, 94 euro in Umbria, 127 euro in Piemonte e 173 euro in Emilia Romagna); dove la Puglia è all’ultimo posto per numero di dipendenti pubblici per mille abitanti (7,5 contro una media nazionale di 11); dove, come recentemente dichiarato dal Governatore della Banca d’Italia “la distanza del Mezzogiorno rispetto al resto dell’Italia è la più grande distanza tra un’area in via di sviluppo e un’area sviluppata nell’Unione europea” e dove il Pil pro-capite varia dai 36.000 euro del Nordest ai 19.000 euro del Sud.

Ma il Documento della Rete dei sindaci del Sud, oltre a fotografare i divari esistenti, declina anche un’articolato e puntuale quadro di proposte di indubbio interesse quali: varare un piano straordinario di assunzioni, nella misura di almeno 5.000 progettisti specializzati nei programmi comunitari in tutto il Mezzogiorno (oltre i 60.000 proposti dall’ANCI); garantire livelli essenziali delle prestazioni sanitaria, scolastica, assistenziale e di trasporto, come sottolineato dal ministro del Sud Mara Carfagna e, di concerto con l’ANCI, assicurare una casa a tutti, realizzare un effettivo efficientamento energetico e di rigenerazione del patrimonio edilizio esistente pubblico e privato attraverso piani di recupero dei centri storici frutto di interazione misto pubblico-privato; avviare piani di recupero delle acque reflue per il riuso in agricoltura, piani di adattamento ai cambiamenti climatici con priorità d’intervento sul versante sia idrogeologico, per la tenuta stessa dei territori a rischio, e sia su quello della emissione di gas climalteranti; definire una strategia dei rifiuti coerente con il quadro specifico di impoverimento del suolo e con l’obiettivo prioritario del riciclo e del recupero di materia nello stato primario.

Oltre a ciò i sindaci del Sud mirano a sostenere l’internazionalizzazione delle produzioni agroalimentari, a sviluppare i Distretti del Cibo e a potenziare i Gruppi di Azione Locale (GAL); vogliono, altresì, che venga definito un Piano per il Recupero dei Castelli, delle dimore storiche e di tutto il patrimonio culturale pubblico ancora in abbandono o in situazione di pericolo; mirano a ottenere deroghe per i Comuni in dissesto; eliminare gli impacci burocratici che limitano l’erogazione e l’attuazione di finanziamenti; coinvolgere i percettori del Reddito di cittadinanza in progetti di utilità sociale, in particolare nella tutela di boschi, delle aree verdi in genere e del miglioramento dell’arredo urbano.

I sindaci di ReteSud ritengono, inoltre, fondamentale: intervenire nella sanità delle aree interne; realizzare progetti di interscambio economico-culturale fra i comuni del Sud e altre aree d’Italia, d’Europa e di altri Continenti; superare le carenze infrastrutturali attraverso l’alta velocità ferroviaria, come evidenziato dai promotori di “Vogliamo anche al Sud treni più veloci”; varare un robusto intervento in linee di bus elettrici o a idrogeno e un Piano per la Bike economy del Sud; sviluppare l’agricoltura sociale nei terreni confiscati e in abbandono, creare un sistema di parchi comunali periurbani nelle aree marginali e, soprattutto, definire un modello specifico di sviluppo per i borghi dove è ancora notevole il divario rispetto alle città in termini di servizi e diritti accompagnando, a tal fine, le Amministrazioni locali in percorsi premianti di rigenerazione sociale e territoriale e ponendo al centro la sfida climatica e attuando, finalmente, un vero investimento nazionale per sostenere buone pratiche di comunità resilienti, in grado di creare dinamismo sociale ed economico.

Tutto ciò sembrerebbe un ambizioso programma o, forse, per chi ha poche conoscenze dei problemi del Sud, una sorta di libro dei sogni. In realtà siamo però in presenza di proposte legittimate da troppi anni di abbandono di una parte considerevole dell’Italia, ridotta a zavorra per il rilancio del Sistema Italia nel mondo, ma siamo anche in presenza di un grido lucido e forte di chi, come i sindaci dei piccoli paesi delle aree interne, lottano giornalmente da impari contro un modello di sviluppo che rende sempre più poveri i poveri in contesti di criticità e solitudine indicibili.

Non va escluso, anzi, va fortemente auspicato, che la Rete dei Sindaci “Recovery Sud”, a breve, molto a breve, potrà allargarsi ad altri soggetti pubblici, in primis le Università del Sud, ma anche ai soggetti misto-pubblici privati operanti nei territori più difficili e bistratti d’Italia, alle associazioni di categorie produttive e ai sindacati, al mondo delle attività produttive pullulante di microimprese, al variegato universo dell’associazionismo culturale, sociale e assistenziale affinchè tutto ciò possa provocare un grande moto di popolazione che all’unisono gridi con forza è determinazione: RETESUD NEW DEAL.

*ArchitettoCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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