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Imprese, in Sicilia il far west degli abusivi: e fanno più danno del racket

Di Andrea Lodato |

Il sommerso, dunque, il primo ostacolo alla sopravvivenza e allo sviluppo. Spiega Andrea Milazzo, segretario (riconfermato ieri) della Cna catanese: «L’abusivismo imprenditoriale è un fenomeno che mette a rischio il lavoro di imprese regolari, professionali e qualificate, che hanno effettuato investimenti per centinaia di migliaia di euro e che oggi non si sentono minimamente tutelate da chi dovrebbe avere il compito e l’interesse a contrastarlo. L’opera degli abusivi crea danni ingenti anche all’erario. Stime sommarie elaborate a livello provinciale già tempo addietro calcolavano il mancato gettito erariale in diversi milioni di. A livello nazionale l’ economia illegale e sommersa viene stimata dall’Istatin circa 211 miliardi di euro pari al 13% di PIL. Oltre 20 volte l’incidenza del racket».

La Cna denuncia anche il fatto che le attività illegali provocano enormi problemi all’ambiente a causa del non corretto smaltimento dei rifiuti. Per molto abusivi è normale il conferimento in centri di stoccaggio non autorizzati, l’abbandono nei cassonetti per rifiuti urbani o, peggio ancora, sul territorio. E questo ha un impatto gravissimo sulla comunità per i costi di bonifica, per il depauperamento della qualità ambientale e per i rischi connessi alla salute. Ma cosa fare? Milazzo e la Cna sono determinati. E non ci girano intorno.

«Il sommerso viene agevolato dalla non azione degli organi preposti al controllo, che lamentano pochi uomini per un efficace azione sul territorio, salvo poi spiegare mezzi e risorse quando si tratta di ispezionare le imprese regolari, a volte con blitz in pieno stile caccia al mafioso, creando allarmismo nell’utenza e mettendo in seria difficoltà chi gestisce un’attività. Pagare le tasse dovrebbe far parte del senso civico di ognuno di noi. E se le pagassimo tutti ne pagheremmo meno e migliorerebbe la qualità dei servizi pubblici. Il nostro interesse è regolarizzare gli abusivi: che stiano anch’essi nel mercato, ma che lo facciano alle stesse condizioni di tutti».

Le città siciliane, emerge dagli interventi dell’assemblea, oggi sono il far west dell’abusivismo imprenditoriale. Un armata sempre crescente di autoriparatori, impiantisti, muratori, estetiste, parrucchieri senza preoccupazione alcuna, opera indisturbata sotto gli occhi di tutti e nell’indifferenza del personale addetto ai controlli.

«La situazione non è più tollerabile – insiste Milazzo – l’assenza di qualunque verifica alimenta cattivi esempi e invoglia a percorrere le strade più brevi. Per questo vogliamo lanciare una campagna per la legalità, una campagna a tutela degli onesti, di coloro che ogni mattina si alzano per lavorare e pagano contributi e tributi».

Le rivendicazioni e le priorità del mondo dell’artigianato siciliano sono tante, dall’accesso al credito, all’oppressione burocratica, dalla iniqua pressione fiscale, alla dilagante concorrenza sleale. Con tutti questi ostacoli sulla loro strada, per le imprese il cammino è tutto in salita. I dati degli ultimi mesi del 2016 e i primi del 2017 sotto questo aspetto sono emblematici. Tutti i trimestri del 2016 ed il primo del 2017 sono preceduti, infatti dal segno meno, in Sicilia come in tutta l’Italia. Nell’Isola le imprese attive al 31 dicembre 2016 erano 73152, 12674 in meno rispetto al 2007. Con quale stato d’animo, allora, le imprese affrontano questa stagione?

«Il clima di fiducia dei nostri associati resta molto basso tra quelli più piccoli che operano quasi esclusivamente nel mercato locale e che si ritengono ancora strette nella morsa della crisi. E preoccupa tutti l’immobilismo del governo regionale incapace di sostenere imprese e lavoro produttivo».

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