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Tatuaggi: interpretare il disagio che nasce dall'esclusione

A volte i giovani sono attratti da chi incarna il male per puro spirito di anticonformismo

Sebastiano Ardita

23 Marzo 2025, 10:15

5 punte

Per capire le origini dei tatuaggi di mafia non basta capire il motivo per il quale si decide di scrivere sul proprio corpo. I motivi possono essere diversi: passione, arte, desiderio di non dimenticare, dedizione, ricordi, fede.
Una cosa però accomuna tutto: la scrittura del corpo ha in sé qualcosa di indelebile, che non può essere cancellato. Perché allora scrivere qualcosa che inneggia alla mafia, o a chi la rappresenta? Cosa coinvolge un giovane al punto da lasciare impresso sul proprio corpo il proprio odio per lo Stato, o la passione per chi incarna una vita senza rispetto per gli altri?

È una protesta estrema, di fronte alla quale esprimere solo una condanna non serve; ma può essere utile spingersi oltre per capire se dietro c’è l’incapacità di abbracciare una prospettiva diversa e altrettanto coinvolgente. Il sentimento di esclusione di molti rispetto alle cose pubbliche, che vengono ricondotte allo Stato; il non sentirsi parte di una comunità, può arrivare fino al punto di sentirsi corpo estraneo; un corpo che deve essere segnato, per essere riconoscibile come non omologabile.

Ma la scelta oppositiva spesso si porta dietro una ricerca di identità che può spingersi fino a utilizzare qualcosa di estremo, senza necessariamente sposarne fino in fondo il significato . Nessuno vuole giustificare chi fa del proprio corpo una bandiera del crimine, è in un modo che francamente è a volte ripugnante; ma neppure possiamo girarci dall’altro lato e limitarci a manifestare disprezzo. Dovremmo cercare di capire cosa passa per la testa di quelle persone ed entrare dentro un mondo che si sente escluso fino a considerare come nemici lo Stato, la polizia, i magistrati.

A volte i giovani sono attratti da chi incarna il male per puro spirito di anticonformismo rispetto a un modello perbenista che purtroppo non rappresenta il bene. Quanti ragazzi che disegnano la svastica sarebbero capaci di mandare a morte le persone? Eppure la svastica è stato un modo per contestare lo Stato, così come lo era la stella a 5 punte delle BR. E così quanti di coloro che fanno un tatuaggio di mafia, o intonano il neomelodico dedicato ai capi mafia detenuti al 41bis, condividono fino in fondo quell’idea di male? Certamente non tutti, speriamo pochi. Ma a poco servirebbe reprimere ciò che viene fatto per contrapposizione, senza capire da cosa nasce. Avrebbe come effetto solo di rafforzare la contrapposizione.

Sarebbe meglio osservare e poi parlare a questo mondo con modelli, parole e comportamenti semplici e coerenti, per essere altrettanto attrattivi . Sapere interpretare il disagio che nasce dell’esclusione, prima che si trasformi nella ricerca di identità capovolte. E bisognerebbe anche recuperare una credibilità perduta che ogni società civile e ogni istituzione dovrebbe avere. Altrimenti le espressioni di condanna, finiscono per somigliare ad una recita.

“Dove c’è brigantaggio lo schiacceremo, libereremo gli uomini che sono sfruttati, elimineremo la corruzione”, le parole di don Calogero Sedara nel suo discorso in Senato, arrivavano a tutti: anche ai contadini che vessava e ai proprietari che costringeva, attraverso i briganti, a vendergli i terreni a prezzo stracciato.