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Il tempo è scaduto, i siciliani aspettano risposte: è il momento di assumersi le responsabilità

Ci assale il dubbio che Schifani si stia un po’ “crocettizzando”: il senso di un paragone che, pur essendo volutamente provocatorio, può apparire quasi blasfemo

Mario Barresi

30 Marzo 2025, 12:50

Renato Schifani

Ci fu un’era in cui il presidente della Regione non faceva altro che scovare manciugghia nei cassetti. Ululava allo «scantalo», ripreso dai titoloni dei giornali, correndo in procura, dove passava (sommato a quello nel salotto di Giletti) molto più tempo che a Palazzo d’Orléans. Così fu per Crocetta, fin quando si esaurì - dopo più di due anni - il credito politico dell’annunciata «rivoluzione».

Sappiamo com’è andata a finire.

Adesso, però, ci assale il dubbio che Schifani - pur distante anni luce per indole, aplomb e sobrietà istituzionale - si stia un po’ “crocettizzando”.

Schifani come Crocetta? Fatte le debite proporzioni, basta passare in rassegna alcune delle ultime vicende della Regione per comprendere il senso di un paragone che, pur essendo volutamente provocatorio, può apparire quasi blasfemo.

Il caso dei referti

Prendiamo il “buco nero” dei referti di Trapani. Benissimo ha fatto il governatore (che ha pure chiesto scusa) a usare la linea dura: piano straordinario di recupero dei ritardi, ispettori dell’assessorato e sospensione del manager. Croce è stato messo in croce. Ma, al di là delle sue colpe, chi l’ha messo lì? L’attuale governo regionale, retto dalla stessa maggioranza che ha litigato per mesi prima di nominare gli altri vertici di ospedali e Asp, compreso il direttore sanitario di Trapani, posto rimasto vacante nei mesi in cui i test oncologici si accumulavano.

I ritardi del Pnrr

E domani in Presidenza è prevista la sfuriata sui ritardi della Sicilia nella spesa del Pnrr. Convocati 9 assessori e 15 dirigenti generali con un comunicato stampa in cui s’intravede già l’esito finale: «È tutta colpa loro». Ma, al netto dell’apprezzamento per aver scoperto il rischio di perdere i fondi, chi li ha selezionati i super burocrati su cui piomba adesso la minaccia di essere cacciati? E chi ha scelto (e tenuto in giunta, magari grazie alle indebite pressioni dei partiti nazionali) gli assessori che devono assumersi l’onere politico dell’annunciato flop?

L'emergenza rifiuti

Lo stesso copione, senza farla troppo lunga, si ripete nei rifiuti (con le amnesie altrui sulle carte all’Anac e sui ricorsi per affossare i termovalorizzatori) e nella siccità (commissariato il dipartimento che non aveva collaudato la diga Trinità); ma anche nel turismo, dopo una linea ben diversa tenuta sullo scandalo Cannes, con i 13,7 milioni di SeeSicily che la Commissione Ue s’è ripresa.

Le mancette dell'Ars

E la narrazione del «non è colpa mia, ma ora il problema lo risolvo io» ricorre anche nelle mancette dell’Ars. Il governatore ha il merito di averci messo una toppa a Roma, scongiurando l’impugnativa del governo su alcune norme appiccicate all’ultima finanziaria regionale, a partire dai contributi agli enti pubblici. Onore al suo standing nazionale. Ma chi c’era, attendato per giorni e notti a Palazzo dei Normanni, a fare da garante, in nome della manovra-lampo, all’inciucio dei fondi a pioggia sui quali ora al Mef si giura (e spergiura) «mai più»?

Giro di boa

Schifani governa la Sicilia da quasi due anni e mezzo. Siamo al giro di boa. E ormai il tempo è scaduto. Quello della luna di miele con i siciliani che lo elessero nel 2022 e che aspettano risposte. Così come quello dell’«io non c’ero», nonostante il garbato - e, a dire il vero, un po’ innaturale - refrain della «continuità» con Musumeci: se ci fossero errori del recente passato, andrebbero esplicitati e risolti. Senza temere ritorsioni. È scaduto anche il tempo del «non ne sapevo niente», con la variante «l’ho scoperto dai giornali», che vanno rispettati - tutti - non soltanto quando creano alibi sui disastri, ma anche davanti a critiche documentate e magari costruttive.

Ed è scaduto, soprattutto, il tempo del «non è colpa mia». Per questo, se Schifani vuole gestire al meglio la seconda metà del suo mandato, aspirando legittimamente al bis, deve farlo sempre col pugno duro usato su scandali e magagne. Ma anche a testa alta. Cominciando ad assumersi le sue responsabilità.