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«Miniera chiusa, assurda decisione avrebbe dato ancora tanto lavoro»

Di William Savoca |

I recenti fatti di cronaca che hanno portato i carabinieri a scoprire un presunto traffico illecito di rifiuti intorno alla miniera di Pasquasia e indagato 11 persone, hanno riaperto una ferita lunga oltre venti anni. Due decenni in cui si è detto tanto intorno a quella che per tanto tempo è stata la più grande fonte di reddito per la provincia di Enna, ma anche di Caltanissetta e Agrigento. La chiusura definitiva della miniera, tra il 1992 ed il 1993, fu un duro colpo per l’economia delle tre province ed ancora oggi c’è chi soffre quando sente associare a Pasquasia simili vicende.

Ne abbiamo parlato con due ex lavoratori della miniera che ci hanno raccontato la loro storia e il loro pensiero e in entrambi c’è lo sconforto per l’ingloriosa fine a cui è stata ridotta la miniera.

«Ci sarebbe poco da pensare se non il voler esprimere tutta la rabbia possibile per tutto quello che abbiamo sentito in questi anni» dice incredulo Filippo Denaro, ex addetto alla riparazione delle macchine d’avanzamento. «Rispetto a quanto sentiamo oggi mi chiedo se queste notizie sono vere o no, di certo c’è tanta rabbia che nelle persone anziane come me si affievolisce, ma dovrebbe essere tanta nei giovani perchè li c’è ancora tanta materia da estrarre». Denaro pensa infatti agli effetti che porterebbe: «Darebbe migliaia di posti di lavoro per tutto l’indotto ed in più settori. Parliamo di una materia prima che servirebbe; molti territori non ne hanno e qui che c’è qualcuno la ignora».

Chi trattiene a stento le lacrime ripensando ai tempi d’oro di Pasquasia è Angelo Sberna che lavorava nei laboratori chimici: «Non riesco ancora a capire perchè è stata chiusa» continua a ripetersi da oltre venti anni Sberna: «C’è chi ha parlato di accordi con la Russia, chi di una volontà politica, ma mai è stata data una motivazione certa». Su un aspetto Sberna è però sicuro: «Io non credo alla presenza di scorie!» dice con voce ferma seppur provata. Ma Sberna, secondo cui «levando Pasquasia qui c’è poco», riesce ad essere sentimentalista e ammette candidamente che «quando passo da lì mi giro dall’altro lato o se posso faccio una strada diversa perchè sento un magone dentro di me». La voce qui cambia e dice che «io a Pasquasia ci credevo e – conclude con amarezza – sentendo certe notizie mi sale la tristezza». Sì, perchè di rabbia e tristezza si può certamente parlare quando in un territorio povero e bistratto come Enna si uccide uno dei pochi, se non l’unico, motore di sviluppo economico senza che la politica, in tutti i suoi livelli, senta il bisogno/dovere di indignarsi ed intervenire.

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