10 dicembre 2025 - Aggiornato alle 20:40
×

L'INTERVENTO

Cucina italiana patrimonio Unesco, Arrigo Cipriani controcorrente: «Riconoscimento che non ha senso. E vi spiego perché»

Il patron dell’Harry's Bar di Venezia: «Era meglio nominare le trattorie, un ambiente più che tipico italiano specializzato nella cucina locale e tradizionale»

Redazione La Sicilia

10 Dicembre 2025, 17:23

Cucina italiana patrimonio Unesco, Arrigo Cipriani controcorrente: «Riconoscimento che non ha senso. E vi spiego perché»

«Una dizione che non ha senso, un piatto può essere invece considerato patrimonio. Mi pare vago questo riconoscimento». Così commenta il riconoscimento della cucina italiana patrimonio dell’umanità Unesco, Arrigo Cipriani, 93 anni, secondo il quale se proprio si voleva gratificare il nostro buon cibo il marchio doveva andare «alle trattorie, un ambiente più che tipico italiano specializzato nella cucina locale e tradizionale, con un’atmosfera familiare, gestita in modo informale ma con enfasi sulla qualità del cibo e sulla preparazione dei piatti talvolta a prezzi contenuti. La trattoria - ribadisce  il patron dell’Harry's Bar di Venezia, fondato nel 1931 dal padre Giuseppe - è sinonimo di accoglienza familiare dove è nota la ricerca del gusto locale. Questa è la loro caratteristica, unica nel mondo».

«Non voglio sembrare sempre il bastian contrario - confida - non esiste una possibile generalizzazione della cucina italiana: c'è quella del nord, del centro, del sud, della Sicilia....La storia e la frammentazione secolare dell’Italia prima dell’unificazione ha avuto peculiari ricette, una diversa dall’altra. Nel mio locale, ad esempio - spiega - facciamo cucina veneziana e veneta: risi e bisi, pasta e fagioli, trippa, seppie o schie con la poenta e non sono cucina italiana, ma di qui. E poi il fegato alla veneziana è ben diverso da quello che si fa a Napoli o in altre zone. La cipolla, per questo piatto, deve essere cotta 40 minuti, non così altrove. E il turista viene da me per mangiare questo, come vuol mangiare le tipicità locali se si trova in Toscana, Sardegna, Sicilia e coì via. Unificare quindi la cucina italiana che fa centinaia di piatti buonissimi, che ha diversissimi sapori e prodotti, cucinati anche in modi diversi, non ha senso. E se poi estendiamo il concetto al vino, all’olio e altri prodotti ancora ognuno di essi è a sé stante come i formaggi di cui il grana è l’unico che si può definire italiano. Anche in Francia le salse sono diverse da zona a zona».

E a proposito della Francia, Arrigo sorride quando gli si chiede se i "cugini" l’hanno presa male per questo riconoscimento. «Non hanno ancora digerito il sorpasso del prosecco sullo Champagne, ma vedo che stanno reagendo».

«L'Italia - incalza - è piena di cucine che sono prettamente locali, sono piuttosto variegate ma non rispecchiano la tipica cucina italiana. E’ come il dialetto: qui a Venezia in ogni sestiere c'è un accento diverso e uno lo si riconosce subito da quale proviene». «Quindi - conclude - equiparare l’Italia ad ogni tipo di stratificazione è sbagliato. Mi vien male vedere sui locali il marchio dell’Unesco anche in quelli che non sanno cucinare. Sul mio locale non lo vedrete mai».