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Sigilli da Lampedusa a Siracusa: in Sicilia depurazione acque alla resa dei conti

Di Gioacchino Schicchi |

Ieri il depuratore di Lampedusa, oggi quello di Siracusa, e quello di Giammoro. Nella Sicilia dei 228 Comuni in procedura d’infrazione europea e delle 324 irregolarità sul fronte della depurazione dei reflui fognari, i sequestri degli impianti incompleti, mal funzionanti o spenti sono una novità. Si contano sulle dita di una mano le Procure che stanno mettendo a “frutto” quanto previsto dalla legge del 2015 che ha inserito gli eco-reati nel Codice penale. Tra queste spicca la Procura di Agrigento, che tra il 2016 e il 2018 ha portato a termine 14 provvedimenti di sequestro, spesso di impianti facenti capo al gestore Girgenti Acque, che oggi ha visto la richiesta di rescissione del contratto da parte dei sindaci agrigentini.

Le contestazioni mosse hanno riguardato soprattutto la scarsa capacità depurativa, trattandosi di impianti vetusti e sottodimensionati rispetto alla quantità di popolazione servita, con casi limite in cui il refluo in uscita dalla struttura era addirittura più inquinante della fogna che vi era entrata. Gli impianti, una volta sequestrati, sono però tornati nella gestione – controllata, ovviamente – del privato, per poi transitare al dipartimento regionale delle Acque “stante l’inefficacia dei disposti sequestri preventivi”, dato che la Girgenti Acque non aveva rispettato le prescrizioni della magistratura. Oggi la società, però, continua a gestire, anche se sotto la guida della Regione.

A Lampedusa per la procura il caso è allarmante: i risultati delle analisi fatte sulle acque marine hanno registrato una presenza di batteri coli-fecali 10mila volte superiore a quella consentita dalla legge.

«Casi come quello di Agrigento ci insegnano che il sequestro non è la soluzione del problema, ma solo la fotografia dello stesso – spiega il presidente di Legambiente Sicilia, Gianfranco Zanna – . Da anni con Goletta Verde ci occupiamo di rilevare la qualità delle acque nei pressi dei depuratori siciliani, e, con dati scientificamente inattaccabili, abbiamo rilevato che vi sono casi in cui l’acqua è peggiore del refluo in entrata. Per lungo tempo le nostre denunce sono rimaste sulla carta, ora da quando c’è la nuova legge sugli ecoreati alcune Procure si sono attivate, ma ovviamente svolgono una funzione molto diversa da quella che è e rimane in carico all’amministrazione pubblica».

«Oggi stiamo pagando all’Ue, come Paese, una multa salatissima per la mancata depurazione. A questo risultato contribuisce in maniera determinante la Sicilia, e per questo i cittadini siciliani pagano in bolletta una sanzione 8 volte superiore al resto d’Italia – continua Zanna – . La Regione enormi responsabilità, dato che è sua competenza la programmazione l’utilizzo delle somme dell’Ue su questo fronte. Somme, va ricordato, che non siamo stati capaci di spendere». Milioni che rischiano di finire nelle fogne, metaforicamente. Sì perché, giova ricordarlo, fino ad oggi spesso mancano i progetti definitivi per impianti fognari o depuratori e, quelli definitivi, sono bloccati da pastoie burocratiche nonostante si siano autorizzate procedure d’emergenza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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