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Mafia Spa in crisi: meno estorsioni e “stipendi” tagliati

Di Andrea Lodato |

E, allora, che cosa sta succedendo al sistema economico siciliano, che, comunque, teme sempre l’aggressione al suo tessuto fragile e ansimante, dei capitali mafiosi? Il presidente di Confcommercio Sicilia, Pietro Agen, spiega: «Chiaro che la mafia continua ad avere una enorme disponibilità di capitali, ma i più recenti atti giudiziari, le indagini, le intercettazioni su cui stanno lavorando gli inquirenti, hanno aperto uno scenario certamente nuovo e diverso rispetto al passato. La mafia vive di economia, ovviamente, e oggi davanti ad un sistema in sofferenza anche i proventi delle famiglie criminali e dell’associazione presentano qualche defaillance».

Mafia Spa, dunque, che paga la crisi, accidenti verrebbe voglia di aggiungere. Perché, come detto, se è vero che alla fine dell’anno il fatturato di questa organizzazione mondiale chiude sempre abbondantemente in attivo, la novità c’è, ed è sotto gli occhi di tutti.

«Non è più il tempo in cui le cosche – spiega ancora Pietro Agen – con estrema facilità tiravano fuori soldi per rilevare attività commerciali, sia che fossero in crisi o che, molto più semplicemente, facessero loro gola. E’ un riscontro per noi quasi oggettivo, legato al numero di negozi che chiudono i battenti ed al fatto che non ci sono più le transazioni che c’erano una volta e che dimostravano come ci fosse spesso qualcuno pronto a rilevare quelle attività finite nel gorgo della crisi».

Va anche detto che la mafia, tradizionalmente, non è mai stata nemmeno una struttura che andasse a caccia di saldi o sconti. Insomma, se voleva un’attività se la prendeva, poteva farlo (e continua a farlo, si capisce) con le cattive, quindi penetrando all’interno dell’impresa mettendoci un po’ di soldi e, poi, finendo con l’acquisire tutto e liberarsi dei vecchi proprietari, oppure comprava a prezzo pieno, senza tanti problemi.

«Anche qui – dice Agen – ovviamente c’è la logica della criminalità organizzata, che spesso si trova a dovere fare investimenti che servono, più che altro, a riciclare grosse quantità di denaro. Penso a quel che è successo quando ci fu il passaggio dalla lira all’euro. In Sicilia, e a Catania in particolare, ci furono in pochissimi mesi una serie di compravendite determinate dal fatto che la mafia aveva pacchi di milioni di lire che non avrebbe certamente potuto portare alla Banca d’Italia per farseli convertire in euro».

Immagini che rievocano roba da Pizza Connection, soldi che traboccano da tutte le parti, che svolazzano per le cantine mentre vengono contati. Soldi sporchi che arrivano da narcotraffico, rapine, estorsioni, usura. Ecco, capitolo a parte per pizzo e denaro prestato. Perché la seconda attività, ovviamente, va benissimo in tempi di crisi, tempi in cui le banche (a parte sprofondare) prestano poco denaro e, spesso, lo rivogliono rapidamente indietro, soprattutto quando c’è aria di crisi. Sulle estorsioni, invece, discorso diverso.

«E’ una delle fonti di reddito per la criminalità – spiega ancora il presidente di Confcommercio Sicilia – che è venuto un po’ meno. Del resto, se i commercianti non guadagnano, anzi perdono pesantemente sino ad arrivare a chiudere, c’è ben poco da spremere con minacce e richieste di denaro».

Ma, per chiudere, Agen sottolinea un altro aspetto che preoccupa fortemente Confcommercio: «Quando un’attività passa di mano e viene rilevata da imprese non esattamente pulite, si finisce con il creare anche un altro danno a chi opera nella legalità: tanti, infatti, facendosi forte della loro posizione in seno ad ambienti malavitosi, non rispettano normative, regole e contratti. Insomma pagano quando e quel che vogliono, contando sul fatto che la paura che suscitano suggerirà ai lavoratori di non denunciare. Cosa che, ovviamente, finisce con il creare una concorrenza sleale a chi, invece, giustamente rispetta per intero le regole e le leggi, e se sgarra finisce denunciato e paga».

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