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La grappa siciliana vuole la scena….e la conquisterà

Di Carmen Greco |

Recuperare il tempo perduto e avviare una campagna di comunicazione per far innamorare i siciliani della grappa. È l’obiettivo di Giancarlo Francione, nuovo commissario regionale di Anag (Assaggiatori Grappa ed Acquaviti) già delegato di Anag Vittoria, cui è stato assegnato l’incarico di rappresentare il mondo “spiritoso” siciliano. Un mondo, per la verità, poco conosciuto e relegato, almeno nell’immaginario collettivo del passato, all’idea del bicchierino per anziani al bar. Un cliché che in Sicilia, se non altro per il ritardo con cui si sta scoprendo questo distillato, non è mai esistito, cosa che potrebbe “spianare” i consumi nei cocktailbar, nei ristoranti e nei locali fighetti. Si tratta di una storia tutta da scrivere.

I produttori di grappa in Sicilia si contano sulle dita di una mano e, a parte qualche bella eccezione, chi la produce, spedisce le vinacce nelle distillerie del Nord dove la cultura e la tradizione della grappa hanno radici antiche.

«Sulla grappa in Sicilia, c’è sempre stato una sorta di tabù – ammette Francioni -. Da noi si consuma specialmente nel periodo estivo, alla fine di un lauto pranzo a base di pesce, ma la cultura della grappa è un’altra cosa. Per questo da 15 anni lavoriamo per farla conoscere, e devo dire che le nostre migliori ambasciatrici sono le donne, ce ne sono molte che partecipano ai nostri corsi. Anzi le anticipo che a novembre partiremo con un corso per imparare a degustare la grappa a Catania, a gennaio lo faremo su Ragusa, a Palermo ci stiamo lavorando».

Quanti sono i produttori di grappa in Sicilia?

«Ce ne sono, soprattutto sull’Etna, poi c’è la distilleria Giovi nel messinese… altre hanno delle difficoltà».

Il consumo di grappa in Sicilia è una questione culturale o imprenditoriale?

«Entrambe. C’è ancora un consumo ridotto e quindi l’imprenditore non fa investimenti adeguati, in genere chi fa vino accoppia alla propria linea anche le grappe, magari inviando le vinacce al Nord per la lavorazione».

In questi ultimi anni c’è stato il boom degli amari “autoctoni”, prodotti con arancia, melograno, cardo, fichidindia. Perché la grappa non ha le stesse fortune?

«È una questione di mentalità e di gusto. I consumatori sono stati abituati a bere la grappa non conoscendola. Magari vanno al supermercato, comprano quella che costa di meno, e capita che non ne abbiano – diciamo così – un “buon ricordo”. Abituati a questo tipo di prodotto non ci ritornano più rinunciando a provare quelle sensazioni incredibili che una grappa ti può dare, aroma, colore, gusto, abbinamenti. Noi siamo sul campo proprio per questo, per “educare” al consumo di un prodotto tutto italiano, non dimentichiamolo, per far conoscere il processo di distillazione, per far capire quanto lavoro c’è in un bicchiere di grappa e soprattutto per insegnare a berla, sempre con responsabilità».

Quali strategie bisognerebbe attuare per far diventare di moda la grappa, specialmente tra i giovani?

«Un passaggio fondamentale è sicuramente il mondo della miscelazione. Le distillerie negli ultimi anni stanno investendo molto in questo settore. La grappa ha una personalità ben precisa, molto particolare e per utilizzarla nei cocktail ci vuole una certa competenza, è una bella sfida per i bartender in alternativa al rhum e al gin. Oggi ci sono prodotti così perfetti che non hanno nulla da invidiare ai grandi distillati».

Cosa manca alla grappa siciliana per il salto di qualità?

«Manca innanzitutto una campagna di supporto, un marketing adeguato. Noi facciamo la nostra parte con i corsi e le serate a tema. Chi viene rimane entusiasta, c’è una gran voglia di saperne di più, ma abbiamo bisogno di comunicazione».

Il corsista tipo chi è?

«Uno che ha già fatto il primo passaggio con il mondo del vino. Hanno tutti questa “base”. In genere chi ha già avuto un primo approccio con il vino e vuole approfondire le sue conoscenze, si dedica ai distillati. Molte donne, l’ho già detto?, ma sono le più appassionate».

Un consiglio per un neofita davanti allo scaffale del supermercato?

«Non avendo un’idea precisa, è consigliabile affidarsi ai produttori più noti che fanno dei prodotti sicuri e magari iniziare con dei buoni prodotti siciliani che non hanno una grande varietà, ma sono ottimi e meritano di essere provati. Il nostro obiettivo è di portare la produzione siciliana a Milano per un evento che si terrà nel 2019 in un contesto nazionale e internazionale. Il mio intendimento è proprio questo: far conoscere la produzione siciliana. Che c’è, ed è di tutto rispetto».

Twitter: @carmengreco612COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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