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Roy Paci e Mauro Ottolini: Noto, provincia di New Orleans

Di Gianluca Santisi |

Cosa avete messo di vostro?«Il cuore. La musica di Handy è andata perduta per diverse ragioni e così abbiamo semplicemente tirato fuori le composizioni arrangiandole per l’occasione, ma senza stravolgere nulla».

Domani sera, a S. Teresa di Riva, ancora Roy Paci ma in una veste completamente diversa: per la prima volta in Sicilia assieme ai Tinturia di Lello Analfino.«I Tinturia sono meravigliosi e quando sono con Lello m’arricriu. Le prime date in Italia sono andate molto bene, con tanto pubblico, compresi i “terronisti” sparsi per il Paese. Facciamo il loro repertorio e qualche pezzo mio riarrangiato. Insomma, n’addivittemu».

L’impegno sociale che la contraddistingue è invece un dovere?«L’ho sempre fatto, anche quando la mia azione non era visibile come oggi. Da adolescente, quando ho visto che intorno a me c’erano cose che non andavano, mi sono messo in mezzo a situazioni complesse: ero un ribelle, non volevo assolutamente genuflettermi a certe mentalità. Fare il musicista senza l’impegno mi farebbe sentire come un ammasso di carne informe».

Lei è solito prendere posizione attraverso i social, anche sapendo di andare incontro a reazioni scomposte.«Mi capita di scontrarmi con l’italiano medio che pensa di avere la capacità di confrontarsi sulle questioni con la semplicità disarmante di un “like”. Ho letto un bell’articolo sulla gente che condivide le cose fermandosi solo al titolo, senza comprenderne il contenuto. Una situazione che sta diventando aberrante. Non sono certo uno stinco di santo ma almeno ho il coraggio di dire quello che penso e motivarlo, perché c’è sempre la necessità del confronto. Invece ti attaccano subito: “Sei un pezzo di m…”, magari solo perché non tifi per quella o quell’altra squadra. Se ti fai carico dei problemi della gente ti dicono che sei un populista, se scrivi qualcosa in difesa degli immigrati sei un “perbenista del c…”. Questo è diventato un Paese in cui si punta il dito contro a priori».

In un suo recente intervento su Facebook, a sostegno del “no” al prossimo referendum costituzionale, ha tirato in ballo quei colleghi «che se ne fottono altamente dei problemi della gente».<«Me la sono presa con quelli che quando salgono sul palco e devono aprire bocca su questioni politiche non sanno neppure di cosa parlano. E dicono coglionate perché probabilmente devono dare conto a chi gli sta dando da mangiare, agli amministratori o ai promoter che organizzano il loro concerto. A me ‘ste robe non sono mai calate, se devi essere te stesso devi esserlo fino in fondo. Sia chiaro che io critico anche chi dice che voterà “no” al referendum solo per partito preso. Il mio è un pensiero che nasce dall’ideologia di sinistra ma non è detto che mi piaccia quello che sta succedendo in questo momento in Italia».

E la Sicilia come la trova?«Il cambiamento di classe politica, che si pensava potesse fare delle cose epocali, non ha dato i risultati attesi. Con l’avvicendamento al governo c’era da seguire subito quell’esempio che ci hanno lasciato i “poveri cristi” rimasti sul campo per combattere un sistema mafioso incancrenito. Ma questo non è assolutamente avvenuto, a cominciare dal clientelismo che è ancora diffuso. Non trovo grandi cambiamenti rispetto al passato se non in piccoli comuni virtuosi e spero che questi esempi diventino delle stelle fisse e non semplici comete di passaggio».

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