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Villasmundo torna nelle grotte della Timpa per rivivere la sua storia

Di Carmen Greco |

Durante la Seconda Guerra mondiale gli abitanti di Villasmundo e di Augusta si rifugiarono dentro i “Ddieri della Timpa”, una sorta di cittadella preistorica scavata nella roccia. Poco più che grotte (ddieri in arabo significa “casa”) adattate ad abitazioni, “cugine” della più celebre Necropoli di Pantalica, inspiegabilmente abbandonate all’assalto del cemento dei centri commerciali e dell’inquinamento della raffineria di Melilli. Eppure il villaggio fortificato del Petraro (risalente al XVI sec. a. C.) e la Timpa Ddieri, a pochi chilometri dalla foce del fiume Mulinello, rappresentano un esempio – raro – di quella preistoria siciliana, con una continuità di vita che va dal neolitico fino al medioevo.

La parte sommitale della Timpa Ddieri

I due siti archeologici e la riserva naturale collegata (Riserva integrale Grotta Alfio del Cutgana, diretta da Elena Amore) saranno i protagonisti di una docu-fiction le cui riprese sono state appena ultimate. Si chiamerà “Sicilia questa sconosciuta” ed ha ricevuto il contributo economico della Regione Siciliana perché rientra nelle direttive del Bando della Film Commission che ritiene il cinema e l’audiovisivo «… mezzo per la valorizzazione del patrimonio culturale, artistico e ambientale ai fini della valorizzazione del territorio».

L’operatore di ripresa Orazio Aloi e la regista Pina Mandolfo

L’operazione, prima che culturale è del “cuore” se è vero – come sottolinea la regista, Pina Mandolfo che «è un omaggio al legame con questa piccola frazione, Villasmundo, dove ho trascorso l’infanzia, e ai miei genitori che qui sono stati come dei missionari, mio padre Francesco come medico e mia madre, Maria Grazia come insegnante. È il paese nel quale ho trascorso gli anni più belli e spensierati con un rapporto quasi di sorellanza con gli abitanti del paese».

Non a caso i protagonisti della docu-fiction sono anche loro, sia come testimoni della memoria storica, sia come attori non professionisti (l’unica attrice “vera” è la palermitana Patrizia D’Antona che dà corpo alla simbologia della Gran Madre mediterranea ndr), e si sono prestati volentieri a rivivere quel luglio del ‘43, quando i loro nonni si rifugiarono nella Timpa, subito dopo l’arrivo degli alleati.

L’attrice Patrizia D’Antona nei panni della Gran madre mediterranea

«Gli anziani del paese mi hanno anche raccontato dei misteri e delle “presenze” che abitano questi luoghi – spiega Mandolfo -, per esempio l’incantesimo della campana d’oro che, secondo la leggenda, era immersa nel fiume e si poteva tirare su solo con un filo di seta. Tanti ci avrebbero provato senza successo, finché la campana sarebbe sparita, portata via – si dice – da una baronessa un po’ strana che correva all’impazzata su un calesse nelle sue proprietà. E poi mi hanno raccontato che nel ‘43 con lo sbarco degli alleati tutti gli abitanti si riunirono e decisero di andare in questi “Ddieri” per trenta giorni, ripristinando in quelle grotte i luoghi del loro vivere sociale, la scuola, la chiesa… Ogni tanto gli uomini scendevano in paese per fare il pane e portarlo agli altri. In quei trenta giorni nacquero anche due gemelli, un maschio e una femmina».

Gli abitanti di Villasmundo che hanno partecipato alle riprese della docu-fiction

Sul villaggio preistorico e i Ddieri della Timpa, finora aveva acceso i riflettori solo Legambiente che, infatti, ha collaborato al progetto assieme agli speleologi dello Speleo Club Ibleo, l’Associazione Natura Sicula e il Cutgana dell’Università di Catania che gestisce la Riserva Integrale della Grotta S. Alfio.

«Non ci sono altri esempi di fortificazioni preistoriche come queste – sottolinea la regista -, ne sono state ritrovate uguali solo in alcune isole dell’Egeo, nell’isola greca di Syros, in Spagna, e sulla costa atlantica del Portogallo. Prove che nell’età del bronzo gli abitanti della Sicilia, Sicani e Siculi, avevano già scambi con il Mediterraneo orientale. Purtroppo questi luoghi negli anni sono stati poco valorizzati, abbandonati e saccheggiati dai tombaroli. Il nostro obiettivo è portare a conoscenza delle istituzioni e degli operatori del settore turistico e didattico, un tesoro naturalistico e archeologico inesplorato e di offrire a visitatori italiani e stranieri immagini e suoni di rara bellezza ancora sconosciuti».

In mezzo a tanta bellezza, durante i cinque mesi di preparazione, fra sopralluoghi in posti inaccessibili e riprese, gli autori della docu-fiction si sono imbattuti anche nelle brutture che deturpano il paesaggio. «A nord ovest di Villasmundo c’è una bellissima sughereta su un terreno privato – fa sapere Mandolfo – in cui gli alberi vengono vandalizzati per rubare la corteccia e il bosco viene utilizzato come discarica, anche per l’amianto».

Maria Grazia Lo Cicero, Elena Amore, Marta Ruggiero, Pina Manfolfo, Orazio Aloi

La struttura del docu-film, che durerà 50 minuti e dovrebbe essere ultimato in autunno (ora si passa alla fase del montaggio e della post produzione), prevede la narrazione classica del documentario con parole e immagini, ma anche degli “inserti” con interviste, immagini di repertorio, frammenti di animazione e tratti di vera e propria ricostruzione fiction, in particolare la vicenda legata alla seconda guerra mondiale, “ricostruita” con circa sessanta figuranti «in modo – afferma Pina Mandolfo – che il maggiore impatto sullo spettatore trasmetta meglio la verità storica e anche la percezione di un rapporto più vivo tra la storia passata e la sua continuazione in un presente che da quella storia assuma ricchezza».

Rifugiati nelle grotte come nella Seconda guerra mondiale nel luglio del 1943

La docu-fiction è prodotta dalla G&E Film Production Service Srl, e diretta da Pina Mandolfo con Maria Grazia Lo Cicero e Orazio Aloi. Le musiche originali sono del Quartetto Area Sud e sarà distribuito da Premiere srl.

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