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Martina: «In Sicilia meno organizzazioni più organizzazione»

Di Giorgio Romeo |

Catania.«Meno organizzazioni e più organizzazioni». Sembra un gioco di parole, eppure è l’uovo di colombo. La ricetta di Maurizio Martina, ieri ospite d’onore alla Festa nazionale dell’Unità di Catania, è il “modello Melinda”: addio alla polverizzazione in micro imprese e investimento su qualità e aggregazione. Il ministro dell’Agricoltura rassicura anche sui danni all’ortofrutta sicilia dovuti agli accordi euromediterranei: «Stiamo battagliando a Bruxelles, teniamo l’attenzione alta».

Ministro, in Sicilia sono numerose le filiere – dal grano agli agrumi, passando per l’ortofrutta in crisi. Come si può tutelare il reddito dei nostri agricoltori?«Salvaguardare la giusta remunerazione del lavoro dei produttori è il nostro obiettivo numero uno. Per questo abbiamo agito direttamente sulla leva fiscale, tagliando del 25% le tasse sugli agricoltori, con la cancellazione di Irap e Imu agricola. Ora serve uno scatto in più sul versante dell’aggregazione, in particolare in Sicilia. In questa regione abbiamo 54 organizzazioni di produttori e molti settori in crisi. Bisogna puntare ad avere più organizzazione e meno organizzazioni. Guardiamo ai modelli che hanno funzionato come quelli delle mele del Trentino. Si può fare».

Eppure c’è un comparto a doppia velocità: c’è chi lamenta e batte cassa, e chi s’ingegna per conquistare il futuro.«La Sicilia può essere una fucina di idee per il futuro agroalimentare del nostro Paese. Ne abbiamo avuto una grande dimostrazione a luglio proprio al nostro evento di Catania, Agrogeneration. Tanti giovani imprenditori che lanciano starti up, affrontano i problemi e propongono soluzioni innovative. Proposte che abbinano sempre elementi cardine come: territorio, sostenibilità e qualità. Il nostro impegno a sostenere questi giovani è e resta massimo».

Il Psr Sicilia è partito col freno a mano tirato, anche se l’assessore Cracolici assicura che settembre sarà il mese della svolta. Come la vede?«Siamo davanti alla prima applicazione dei nuovi Psr e quindi c’è stata una fase di rodaggio da superare. Ora è fondamentale che la Sicilia possa sfruttare le risorse per rafforzare il proprio modello agricolo. Ci sono tutti i numeri per fare meglio».

La proroga dell’import a dazio zero delle arance bionde dal Nord Africa è l’ultimo schiaffo “euromediterraneo” ai produttori siciliani. Una battaglia persa?«No. Noi stiamo battagliando a Bruxelles per limitare gli effetti per i nostri produttori di accordi che ci portiamo dal passato. Abbiamo ottenuto l’aumento dei prezzi di ritiro dei prodotti ortofrutticoli, dopo mesi di confronto con la Commissione europea, proprio per avere degli elementi di compensazione. Teniamo alta l’attenzione».

Lei fra poco presenterà, assieme a Orlando e altri compagni di partito, i comitati per il sì della sinistra Pd. Ma si può votare questa riforma dicendosi “di sinistra”?«Assolutamente sì che si può dire “sì” dalla sinistra del partito. Con convinzione e forti della storia che abbiamo alle spalle e dei tentativi innumerevoli che abbiamo fatto a sinistra per migliorare la seconda parte della Costituzione. Io penso che al fondo questa sia una riforma utile per i cittadini e i territori».

Eppure non tutti, nel Pd, la pensano così.«Il Pd è un partito grande e plurale e che deve sapere, oggi più di ieri, l’enorme responsabilità che ha sulle spalle: pluralità e unità devono stare insieme, altrimenti i cittadini non ci capiscono. Credo che le ragioni del sì devono essere plurali, restando al merito. Perché certe volte sento dichiarazioni di chi sostiene i no che francamente non capisco, perché non sono sul merito della riforma, anche se hanno a che vedere con cose più generali e legittime».

Sta parlando di D’Alema?«Io penso a tutti quelli che immaginano che discutendo di riforma siamo all’antipasto del congresso del Pd e credo che questo sia sbagliato. E questo vale per tutti».

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