13 dicembre 2025 - Aggiornato alle 20:46
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L’export regionale reagisce ai dazi Usa e limita le perdite di benzina e chimica

Calano di un terzo le vendite verso gli States e quelle dell’industria pesante, corrono gli altri settori

13 Dicembre 2025, 00:10

L’export regionale reagisce ai dazi Usa e limita le perdite di benzina e chimica

A volte i numeri statistici non descrivono tutta la realtà, vanno confrontati con altre analisi per avere un quadro completo. È il caso dell’andamento dell’export nei primi nove mesi di quest’anno. Secondo le rilevazioni dell’Istat, nel terzo trimestre le esportazioni sono andate bene in tutte le ripartizioni italiane, tranne Sud e Isole (-0,9%), e da gennaio a settembre, mentre l’export nazionale è cresciuto del 3,6% (Centro +14,3%, Sud +3,2%, Nord-Est e Nord-Ovest +1,9%), le Isole hanno registrato un tonfo del -7,3%. A livello di singole regioni, la Sicilia, con -5,1%, si colloca a metà delle realtà in perdita, fra il -0,3% di Bolzano, il -11,5% della Sardegna e il -12,1% della Basilicata.

Ma è davvero possibile che il resto del Paese sia riuscito a compensare l’impatto dei dazi Usa trovando altri mercati di sbocco, e solo la Sicilia no? In realtà non è così, anche la Sicilia è riuscita ad agganciare lo sforzo nazionale di ricerca di nuovi mercati alternativi agli Usa, e lo si dimostra guardando al dettaglio statistico, ai fatti contingenti e all’andamento del traffico commerciale nei porti siciliani di cui riferiamo nell’altro articolo in pagina.

Intanto va detto che la perdita dei nove mesi del 2025 si è notevolmente attenuata nel terzo trimestre: infatti, da gennaio a giugno l’export siciliano aveva perso il 12,6% con 1,2 miliardi di prodotti petroliferi in meno; adesso, invece, il deficit si è ridotto al 5,1% e nel conto finale l’Isola è scesa, per valore di vendite all’estero, dai 10 miliardi dei primi nove mesi del 2024 a 9,5 miliardi dello stesso periodo di quest’anno. Riduzione contenuta grazie a molti settori innovativi in crescita che hanno parzialmente compensato quelli tradizionali maggioritari in flessione. Infatti, questo calo di gennaio-settembre è attribuibile per lo più alle tre principali voci tradizionali dell’export della Sicilia: i prodotti petroliferi raffinati che sono calati di un quinto (-19,1%) a causa della crescente diffusione di auto e bus elettrici che sta progressivamente riducendo la domanda mondiale di combustibili fossili; i prodotti della chimica pesante (-18,9%) e questo è dovuto prevalentemente al recente fermo degli impianti Versalis di Priolo e Ragusa oggetto del piano di riconversione avviato dall’Eni, effetto negativo sul settore che nel quarto trimestre sarà ancora più evidente; e gli articoli farmaceutici (-19,8%) e questo è sì un effetto dei dazi imposti dall’amministrazione Trump. L’ulteriore elemento che spiega l’anomalia siciliana nel panorama nazionale è proprio la perdita di quote di mercato negli Stati Uniti (-28,9%) (cioè un terzo). Per il resto, invece, tutti i settori sono in crescita e lo si vede dal saldo totale nei rapporti con gli altri Paesi: l’Isola perde solo il 2,3% verso i Paesi UE a 27 contro il -7,6% verso i Paesi extra UE.

L’analisi dell’Istat ci conferma, dunque, che, tolti i tre pilastri tradizionali, tutti i settori identificativi del Made in Sicily apprezzati in tutto il mondo sono in forte espansione: addirittura i mezzi di trasporto +568%, ma anche gli alimentari +11,9%, i tessili +14%, gli agricoli +13,8%, abbigliamento +40,5%, legno +21%, articoli in gomma +24%, computer +16,4% così come gli apparecchi elettrici.

Dunque, si può concludere che le imprese siciliane hanno imboccato la strada giusta per reagire e rispondere ai dazi statunitensi. Perché se così non fosse non si spiegherebbe il boom del traffico container nei porti dell’Isola. Adesso la sfida è quella di aumentare le quote di export dei settori apprezzati in tutto il mondo per arrivare, in valore, almeno alla pari rispetto ai prodotti tradizionali dell’industria pesante che ancora pesano per circa quattro miliardi, quasi la metà del totale del nostro export. Industria pesante che, a sua volta, va rapidamente avviata ad un percorso di riconversione verso produzioni sostenibili e in linea con le nuove richieste del mercato.