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Sede del Museo egizio Il «sì» del ministero Fatta la convenzione

Di Pinella Leocata |

A sancire l’importanza dell’incontro la presenza, come garanti, del capo di gabinetto e del segretario generale del Ministero, rispettivamente Giampaolo D’Andrea e Antonia Pasqua Recchia, del direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco, della sovrintendente di Torino Luisa Papotti e della direttrice amministrativa della Fondazione Samanta Isaia. Un incontro che ha dato il via libera al progetto che adesso può cominciare ad entrare nella fase operativa.

La convenzione definisce i compiti e i ruoli dei tre soggetti artefici della nuova sede del Museo egizio. Il Comune di Catania s’impegna a dare una sede, già individuata in un’ala di circa mille metri quadrati del primo piano dell’ex convento dei Crociferi, nell’omonima via, edificio ancora in corso di restauro. S’impegna, inoltre, a trovare i finanziamenti necessari per gli allestimenti e per avviare il museo, e a provvedere alla dotazione economica necessaria per i primi tre anni, periodo oltre il quale il museo dovrebbe poter autosostenersi. Di questo è convinta la Fondazione, alla luce della propria esperienza, e convinta della validità del progetto. L’assessore Licandro spiega che è stata preventivata una spesa di due milioni e mezzo, per aprire il museo e per provvedere alle spese per i primi tre anni, somma che il Comune prenderà dagli annunciati fondi del «Patto per Catania».

La convenzione prevede che la definizione del progetto scientifico, la scelta degli allestimenti e la curatela siano di competenza del Museo Egizio di Torino e della relativa Fondazione. E una prima scelta su cosa esporre è già stata fatta. E’ stato deciso che il Museo Egizio di Catania non sarà una versione in sedicesimo di quello di Torino, non avrebbe senso, ma avrà delle caratteristiche che, in senso lato, lo colleghino alla cultura greca del nostro territorio. Nella sede catanese verranno esposti i 2000 reperti provenienti dagli scavi di Tebtunis – città fondata nel 1.800 a.C. ai margini meridionali della depressione del Fayyum – dove sono stati ritrovati preziosi papiri del periodo demotico e greco, testi di astronomia e di astrologia, e varie copie del libro di Nut. Gli scavi hanno portato alla luce importanti resti di un insediamento tolemaico e romano. Dunque si tratta di una città che si è sviluppata anche in periodo ellenistico e che conserva reperti della cultura greco egiziana. Reperti che, in parte, furono scavati nel 1931 e portati, allora, al Museo egizio di Firenze. A Catania saranno esposti i papiri, molti oggetti della vita quotidiana e, naturalmente, mummie umane e di animali, in particolare di coccodrilli. E che si tratti di una collezione importante lo rivela anche il numero dei reperti, circa 2000, tanti se si pensa che il Museo Egizio di Torino ne espone 3.500. Un allestimento nel quale, come sottolinea l’assessore Licandro, sarà dato notevole spazio all’aspetto didattico con particolare attenzione ai bambini.

Subito dopo la firma della convenzione il Comune stipulerà un contratto di servizio per disciplinare gli interventi necessari all’impiantistica e all’acquisto delle vetrine e a quanto necessario all’esposizione.

Enzo Bianco – che ha avuto e lanciato l’idea di una sezione catanese del Museo Egizio, subito accolta dal direttore Christian Greco e dalla presidente Evelina Christillin – assicura che «adesso procederemo con la massima celerità per concludere nel più breve tempo possibile questo progetto, reso possibile grazie ai considerevoli risultati ottenuti con la strategia delle politiche culturali perseguita in questi tre anni e che ha interessato anche le più prestigiose istituzioni museali del Paese».

E l’assessore Licandro conclude che, «con la sezione del Museo Egizio, si consolidano e diventano strutturali quelle attrattive culturali di grande importanza che in questi ultimi anni hanno reso sempre più vivace Catania facendola diventare un rilevante polo d’attrazione. Il Museo Egizio non è solo un attrattore culturale, ma un più ampio progetto scientifico per la conoscenza della storia della Sicilia nel Mediterraneo che coinvolgerà anche gli istituti di ricerca».

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