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A Sigonella avevano previsto tutto: «Elezioni Usa? Vincerà Trump»

Di Mario Barresi |

La Base di Sigonella, da lontano, sembra un centro commerciale illuminato per lo shopping di Natale. Avvicinandosi, il filo spinato e l’M16 minaccioso del piantone ti accolgono nell’enclave militare a stelle e strisce con vista sulla Libia. Ingresso vietato, com’è ovvio che sia, ma anche le pochissime persone che entrano ed escono hanno la consegna del silenzio. «C’è una precisa disposizione, per cui – ci spiegano – non possiamo parlare di politica. Né noi, né i nostri familiari». I due-tre pub sull’altra sponda del rettilineo che costeggia la Naval Air Station sono chiusi e al buio. «Aprono soltanto il venerdì e il sabato sera», sentenziano due giovanotti (tutt’altro che yankee; alquanto predisposti alle yancate) intenti in non meglio specificate operazioni notturne nei pressi della piazzola deserta del “Sigonella Inn”. Ma dall’esterno, prima che le sentinelle si insospettiscano, nella zona ricreativa della Base si nota un intenso sciamare. Insolito, vista l’ora: le 22,40. Ma questa, lì dentro, non è una notte normale.

E allora, per respirare un vago sentore di Election Day, al netto del fuso orario, bisogna spostarsi. Non di molto: a Motta Sant’Anastasia, oasi etnea scelto da centinaia di cittadini americani che lavorano, in divisa o senza, alla Base. E non è difficile, appena arrivati, riconoscerli, quelli dell’early vote. «Io ho già fatto la mia scelta, tre settimane fa. Tutto ok, per posta», dice Kimberly con un sorrisetto malizioso. Domanda banale: Clinton o Trump? «È la terza elezione in vita mia e stavolta è stata davvero dura. Non mi piaceva nessuno dei due. Le altre due volte avevo votato Obama, ma non ce l’ho fatta a scegliere Hilary. Mi sembra falsa, una che mentre ti sorride sta pensando a come fregarti». Ma nessuna paura del salto nel buio con “The Donald” il populista, non è unfit per diventare il 45º presidente degli States? Lei (dice di fare la commessa ma ci sembra piuttosto furba) sputa un falsetto beffardo: «E mi parlate di presidente inadeguato voi italiani che avete Berlusconi in giro da vent’anni?».

Touché. Meglio rifugiarsi nel sano pragmatismo di Tim e Robert, che escono dal ristorante con gli avanzi di pizza e patatine fritte da riciclare oggi a colazione, magari al posto di pancetta e uova strapazzate. «Da qui non abbiamo seguito bene la campagna elettorale. Lavoriamo in Sicilia da due anni: d’accordo c’è internet, ma non è la stessa cosa. Non ci fidiamo dei social, non ci ha convinto nessuno dei due. Potevamo votare, ma non l’abbiamo fatto». Due indecisi che sono rimasti tali: l’ex segretario di Stato e il tycoon dovranno farsene una ragione. O magari Tim e Robert fanno parte di quella maggioranza silenziosa e quatta quatta, che vota il miliardario repubblicano e non lo dice ai sondaggisti, né tantomeno ai giornalisti. Vedremo.

Al pub “Be at One” (ottimo l’hamburger con bacon croccante e doppio formaggio) arrivano Joe e Terence, quest’ultimo assieme alla compagna colombiana. Lei non vota. Infatti è la più rilassata. I suoi due compagni di birra, invece, sono piuttosto infervorati. Entrambi tifosi sfegatati di Trump. Non tanto per convinzione sulla qualità del candidato, quanto per esclusione per l’avversaria. «Io per lei non avrei votato mai. Anche se il suo sfidante fosse stato Mussolini (ma l’apologia del fascismo è una fattispecie applicabile anche per i cittadini non italiani?, ndr) avrei votato per lui!». Bum. Ma perché, di grazia? Il cittadino di Baltimora trapiantato sotto il Vulcano (lavora in un’officina meccanica) viene e si spiega: «Perché la moglie di Bill è corrotta, ha preso soldi dalla Libia e dall’Equador (ma un candidato presidente Usa può querelare un giornale siciliano?, ndr) e adesso vuole fare la grande donna di Stato». Riassumendo: «Non volevo non votare, quindi ho scelto lui. Se vincesse non passerà alla storia come il migliore presidente di tutti i tempi, ma è sempre meglio di quella…».

Accanto a lui, mentre la moglie colombiana se la ride, c’è Joe. Per gli amici: “Big Jo”. «Trump è il minore dei mali», argomenta con apparente pacatezza da conservatore del Virginia. Poi però, dopo un altro sorso di “Corona”, è molto più esplicito: «Hilary, secondo me, è una criminale. Io sono a Sigonella da otto anni, lavoro da civile ai servizi informatici. Vorrei tornare in America, l’anno prossimo o al massimo nel 2018. Ma se vince lei, la Clinton, mi sa che vado ad abitare in Australia…». Terence e Joe non sono militari, ma respirano l’aria della Base ogni giorno. «Lì dentro sono spaccati, metà e metà. Anche se forse Trump ha qualche elettore in più fra i nostri soldati, che però non parlano volentieri di politica». Infine, aggiungono i due nostri exit poll umani, «queste elezioni sono state troppo cattive, ma poco eccitanti».

Kimberly; Tim e Robert; Joe, Terence e consorte. Nessuno di loro, comunque abbiano votato (o non votato), andrà a dormire prima dell’alba.

Meno insonnia per due giovani campioni della Polisportiva Alfa di Catania. Alle 22 sono appena usciti dall’allenamento, Trevor Commissaris e Javante Byrd. Un occhio al sito della Cnn, prima di rifocillarsi. Trevor, cittadino del Michigan che fa sognare i tifosi di basket catanesi, è un altro degli astenuti a distanza: «Nessuno dei due candidati mi faceva battere il cuore. Se devi scegliere il meno peggio, allora può darsi che la cosa migliore sia: nessuno dei due». Se gli elettori siciliani applicassero la sua logica, le urne resterebbero deserte. Ja-Ja (di Portland, nell’Oregon) invece, chiude gli occhi e sceglie Hilary: «Ha più esperienza amministrativa, Trump mi fa un po’ paura». Zero nostalgia, né il rimpianto di non esserci. «Amiamo Catania, l’Alfa è una vera famiglia». Ma i due dormiranno come pascià, nella notte insonne del too close to call. Loro, l’America, l’hanno trovata sotto il Vulcano.

Twitter: @MarioBarresi

PUBBLICATO SU “LA SICILIA” IL 9 NOVEMBRE 2016 A PAG. 4

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