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Cara di Mineo: avviso di chiusura indagini a Castiglione, sott’accusa per turbativa d’asta e corruzione elettorale

Di Mario Barresi |

CATANIA –  Corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, entrambe finalizzate ad acquisire vantaggi elettorali; turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Queste le ipotesi di reato messe nero su bianco dalla Procura di Catania che ha emesso il decreto di conclusione indagini per circa una ventina di persone coinvolte nel filone siciliano di “Mafia Capitale” che vede come epicentro il Cara di Mineo. Fra i destinatari del decreto, recapitato ieri mattina, spicca il nome del sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione.

«Finalmente dopo 18 mesi dall’avviso di garanzia provvisorio… chiarirò all’autorita giudiziaria puntualmente la mia posizione ed il mio comportamento così come dimostrato nelle sedi istituzionali improntati a massima trasparenza, rigore e correttezza istituzionale», la breve dichiarazione rilasciata al nostro giornale dall’esponente del Ncd.

Insieme con lui, l’avviso di chiusura indagini è stato recapitato a Luca Odevaine (collettore fra criminalità e politica nell’inchiesta romana), Paolo Ragusa (ex presidente di Sol.Calatino, la coop capofila dell’appalto), Giovanni Ferrera (ex direttore del consorzio di Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza”), Anna Aloisi (ex presidente del consorzio e attuale sindaco di Mineo), già destinatari dei primi avvisi di garanzia. La posizione di Marco Sinatra (ex presidente dell’assemblea dei sindaci-soci e attuale primo cittadino di Vizzini), a quanto risulta, dovrebbe essere stata archiviata.

Ma nell’indagine sono entrate altre persone, adesso destinatarie dell’avviso di conclusione che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Ci sarebbero almeno due tra manager e tecnici della coop “La cascina” (fra cui l’ex n.1 Salvatore Melolascina) e della Pizzarotti, azienda proprietaria dell’ex Residence degli Aranci dove sorge il Cara, oltre che affiliata nell’Ati che s’è aggiudicata l’appalto da 100 milioni finito nella bufera giudiziaria, oltre a 5 operatori ed ex operatori assunti al centro di accoglienza e 3 dipendenti comunali con incarichi al Cara.

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