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Lombardo assolto per concorso esterno alla mafia, condannato a due anni per voto di scambio

Di Carmela Marino |

CATANIA – Assolto dall’accusa di concorso esterno alla mafia. Condannato a due anni per voto di scambio. E’ la sentenza della Terza Corte d’appello di Catania nel processo all’ex presidente della Regione Siciliana e ex leader del Mpa, Raffaele Lombardo. Il 19 febbraio 2014 era stato condannato a sei anni e otto mesi col rito abbreviato dal Gup Marina Rizza. L’accusa aveva chiesto la condanna a sette anni e otto mesi di reclusione, un anno in più della sentenza di primo grado, contestando anche il reato elettorale.

«Assolto dal reato di concorso esterno all’associazione mafiosa perché il fatto non sussiste» e «colpevole per voto di scambio esclusa l’aggravante dell’articolo 7 limitatamente all’essersi avvalso della forza di intimidazione dell’associazione denominata Cosa nostra e delle condizioni di assoggettamento e omertà che ne derivano, lo condanna a due anni di reclusione e 1.400 euro di multa». E’ quanto si legge nel dispositivo di sentenza. La Corte «ordina la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena» e «revoca le condanna accessorie della interdizione perpetua dai pubblici uffici» e la «misura della libertà vigilata». Dichiara «la sospensione dai pubblici uffici per la durata di due anni» , mentre lo dichiara «sospeso dal voto e dall’eleggibilità per sette anni». Le motivazioni della sentenza saranno depositate «entro 90 giorni».

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Secondo l’accusa per 10 anni Lombardo avrebbe avuto contatti con esponenti mafiosi. Quando l’inchiesta Iblis dei carabinieri del Ros viene a galla, nel novembre del 2010, Lombardo è un politico in ascesa, da possibile ministro del governo Berlusconi passa alla guida della Regione e con il suo Mpa è corteggiato dal centrodestra, col quale vince le elezioni nel 2008, e dal centrosinistra, col quale fa un accordo e vara una giunta ‘tecnicà appoggiata dal Pd ricevendo l’accusa di ‘ribaltonistà dai suoi ex alleati. Forte di consensi popolari, che per i suoi detrattori sono frutto di ‘clientelè, Lombardo ottiene voti in crescendo. Per la Procura di Catania in parte arrivano anche da Cosa nostra.

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Nata da uno stralcio dell’indagine Iblis dei carabinieri del Ros di Catania su presunti rapporti tra Cosa nostra, politica e imprenditori, l’inchiesta era sfociata in un processo per reato elettorale davanti al giudice monocratico per Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa. La Procura ha poi presentato una richiesta di archiviazione per concorso esterno all’associazione mafiosa che il Gip Luigi Barone, in camera di consiglio, ha rigettato disponendo l’imputazione coatta. Nel frattempo i Pm hanno contestato l’aggravante mafiosa per il reato elettorale, atto che ha di fatto concluso il processo davanti al giudice monocratico. Così le accuse dei due fascicoli sono confluite in un unico procedimento davanti al Gup Marina Rizza, con Raffaele Lombardo che ha scelto il rito abbreviato e il fratello Angelo quello ordinario, ancora in corso. Raffaele Lombardo, aveva scritto il Gup Rizza nelle motivazioni con cui lo ha condannato in primo grado, ha «sollecitato, direttamente o indirettamente, i vertici di Cosa nostra a reperire voti per lui e per il partito per cui militava (le regionali in Sicilia del 2001 e nel 2008 e le provinciali a Enna nel 2003) ingenerando nei medesimi il convincimento sulla sua disponibilità a assecondare la consorteria mafiosa nel controllo di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici».

Inoltre avrebbe «contribuito sistematicamente e consapevolmente», anche mediante «le relazioni derivanti dalla sua pregressa militanza in più partiti politici», alle «attività e al raggiungimento degli scopi criminali dell’associazione mafiosa» per «il controllo di appalti e servizi pubblici». Per il Gup era stato creato un «complesso sistema organizzativo ed operativo di cui facevano parte imprenditori ‘amicì e esponenti della “famiglia”, creando vantaggi di cui beneficiava anche l’associazione mafiosa».

«Raffaele Lombardo con Cosa Nostra non c’entra alcunchè: è questo quello che dice la giustizia in forma collegiale». Lo ha affermato, uno dei suoi legali l’avvocato Alessandro Benedetti, commentando l’assoluzione di Lombardo dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Alla lettura della sentenza Lombardo non era in aula, dove invece c’era il fratello Angelo, ex parlamentare nazionale del Mpa, che è sotto processo per gli stessi reati col rito ordinario. «Non sarò presente – aveva anticipato Lombardo – perché ho già ricevuto una “schioppettata” con la prima sentenza: ero convinto che mi avrebbero assolto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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