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Caltagirone, «L’ho accoltellata. Avrei voluto troncare, ma lei non voleva»

Di Carmela Marino |

Caltagirone (Catania) – All’inizio, quando forse non aveva ancora realizzato ciò che aveva fatto, era riuscito a dire ai Carabinieri della compagnia di Caltagirone, soltanto: «L’ho accoltellata». Un’ammissione di colpevolezza che Salvatore Pirronello, 53 anni, non aveva saputo, o voluto, motivare. Nelle ore successive il movente dell’ennesimo “femminicidio”, avvenuto la scorsa notte a Caltagirone e la cui vittima è stata Patrizia Formica, sarebbe emerso in tutta la sua tragicità. La causa scatenante di quelle quattro coltellate nel sonno, di cui una al cuore, sarebbe da ricondurre alla volontà di Pirronello di lasciare la compagna 47enne, con cui conviveva dall’estate scorsa. Lei però non ne avrebbe voluto sapere, tanto da insistere e postare, fino alla serata di ieri, sul suo profilo Facebook una foto di loro due in coppia accompagnata dalla scritta “Insieme appassionatamente”. 

Ieri sera, ha raccontato l’omicida ai carabinieri, al rientro della giornata domenicale trascorsa fuori casa insieme ad amici e ai figli della donna, che vivono col padre, avevano litigato sul loro futuro. Tutto però sembrava rientrato. Ma lui, ha sostenuto, non è riuscito a prendere sonno, pensando al loro rapporto. All’improvviso si è alzato, si è recato in cucina, ha preso un grosso coltello e, mentre la donna dormiva, l’ha colpita con una prima coltellata. La vittima ha cercato di difendersi e di fuggire, ma l’uomo ha continuato a colpirla e lei si accasciata ai piedi del letto, morendo dissanguata. Dalla ricostruzione del delitto fatta dai militari dell’Arma impegnati nell’indagine coordinata dal procuratore di Caltagirone Giuseppe Verzera e dal sostituto Fabio Platania, è emerso anche che Patrizia Formica ha cercato di difendersi, dopo essere stata colpita, chiudendo a chiave la porta della camera da letto dall’interno. 

La donna ha speso le ultime forze rimaste per alzarsi e chiudere a chiave la porta, come ultimo atto di difesa, probabilmente per paura che il convivente potesse tornare. Poi si è accasciata a terra, in un lago di sangue. Quando i carabinieri sono arrivati in casa hanno dovuto sfondare la porta della stanza da letto, ma lei era già morta. Pirronello, frattanto, si era cambiato e con abiti puliti aveva raggiunto la caserma dei carabinieri per confessare il delitto e costituirsi.

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Entrambi avevano alle spalle due matrimoni falliti e avevano figli nati dalle precedenti unioni. In queste ore è incontenibile la rabbia di parenti e amici. «Non ha avuto il tempo – hanno sottolineato alcuni familiari – di potere riprendere la propria vita nelle mani ed essere felice come avrebbe desiderato e meritato». Più dure le parole di Beniamino Formica, fratello di Patrizia, che ha invocato la pena di morte: «Un delinquente toglie la vita e poi vive tranquillo, mantenuto per anni in carcere. Non è giusto. Ed è colpa della politica. Lui non era l’uomo giusto per lei – aggiunge – io glielo avevo detto a mia sorella, ma lui ha minacciato me, la mia famiglia e i miei figli e io mi sono fatto da parte. Mia sorella ha presentato denuncia contro di me per salvare questo demonio, il suo assassino».

Per i vicini rappresentavano «Una coppia apparentemente tranquilla, educata e senza che abbia mai creato problemi». Nessuno li ha mai sentiti litigare, neppure ieri.  Abitavano nel palazzo da pochi mesi, in una casa presa in affitto. Lui usciva regolarmente ogni mattina per andare a lavorare in una impresa nella zona industriale di Caltagirone. Lei rimaneva a casa, dopo avere chiuso un negozio per la vendita di biancheria intima. «Sono sempre stati cortesi. Una vicenda assurda, incredibile. Per quello che si era visto imprevedibile». 

Salvatore Pirronello, che è stato arrestato per omicidio aggravato e condotto in carcere, aveva un precedente penale per rapina, per un reato commesso quando aveva 17 anni. Fece parte del gruppo di quattro banditi che, il 30 dicembre 1981, assalirono, per rapinare i passeggeri, l’autobus di linea Catania-Palermo, ma uccisero l’autista, Giuseppe Savarino, e l’avvocato Enzo Auteri, che era stato presidente della Provincia di Catania. Per il duplice omicidio furono condannati l’esecutore materiale e un suo complice. Pirronello e un altro 17enne furono processati soltanto per rapina dal Tribunale per i minorenni di Catania. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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