Spinelli a scuola, non bastano i blitz: il nostro reportage sul fenomeno
La preside del Vaccarini: «Sì ai cani a scuola, ma non una tantum»
«I cani antidroga a scuola? La mia posizione è assolutamente d’apertura - dice Salvina Gemmellaro, preside dell’ Is Vaccarini, 1.025 alunni tra liceo e istituto tecnico nelle loro diverse articolazioni - ne ho già parlato con i colleghi e con i rappresentanti d’Istituto. Secondo me però dev’essere fatto nella continuità, non sono per l’episodio singolo, ma per l’ intervento che si ripeta anche a sorpresa almeno tre quattro volte l’anno in una giornata qualunque. Il momento singolo in cui la forza dell’ordine rappresenta l’estraneo che viene a scuola per pizzicare qualcuno, non mi interessa, non è questa l’idea che voglio portare avanti. La scorsa settimana si è istituita la Zona 2 dell’osservatorio d’Area in cui ricade la mia scuola peraltro individuata come coordinatrice Rep (Rete di educazione prioritaria) una sigla nuova che comprende anche “Archimede”, “Cavour” e “Fermi-Eredia”. L’idea è quella di lavorare un triennio sul disagio giovanile, che poi è legato al disagio genitoriale. La verità è questa».
Come se lo spiega questo disagio?
«Mi sono interrogata più volte anche con i miei collaboratori: lo leghiamo ad un disagio complessivo dei ragazzi che trascorrono molte ore a scuola e che hanno un bisogno costante di far emergere questo loro “navigare”, a volte nel buio. La scuola oggi è il luogo dove si apprendono competenze, ma è anche il luogo in cui si manifesta più evidentemente questo disagio».
Nella sua scuola che succede?
«Lo fanno di nascosto, però si sente, si ciaurìa , utilizzando un’espressione dialettale. Per la mia realtà di scuola parlo di cannabis, almeno qui non c’è mai stato altro».
La vendono gli stessi ragazzi?
«Ci sono alunni che arrivano, come dire, già “pronti” dalla scuola media e questa è una cosa che ho potuto verificare anche dalla mia passata esperienza al Polivalente di S. G. La Punta, sono proprio i più piccoli. Poi ci sono anche persone che dall’esterno individuano e “istruiscono” alunni più fragili».
Quando se ne accorge che fa?
«Quando non ho la certezza della prova mi limito a comunicare il dubbio ai genitori in virtù di quel patto di corresponsabilità che ogni anno loro rinnovano con la scuola come istituzione. Dico loro che ho un sospetto, poi sta a loro andare a verificare tramite un’analisi al sangue la presenza o meno di qualcosa che sia diverso dal semplice fumo della sigaretta».
E come reagiscono?
«C’è chi davanti ad una chiamata si allarma moltissimo e poi magari ringrazia per la segnalazione ma ci sono anche genitori che fanno finta di non vedere e anche genitori che in famiglia ne fanno uso».