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Combattimenti tra cani in Sicilia, nei casolari i ”fight club” dei pitbull: 50 euro la puntata minima

Dalle carte di diverse inchieste la conferma che nell'Isola sono tanti a scommettere su questi vilenti scontri tra animali

Laura Distefano

19 Maggio 2024, 13:17

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I poliziotti della squadra Falchi hanno appena terminato un blitz in una piazza di spaccio indoor, nel cuore di San Cristoforo. Stanno ispezionando l’esterno per poter ricostruire i collegamenti delle microtelecamere che controllano l’area dalle incursioni delle forze dell’ordine. A un certo punto l’abbaiare di un cane attira l’attenzione di un investigatore: proviene da un abitazione fatiscente. Un cancello con le grate è chiuso con un catenaccio attaccato a una catena. Invece dei vetri c’è una sorta di cartone a fare da copertura. Un poliziotto crea un buco nel cartone e illumina con una torcia l’interno. Alla parete c’è una bandiera degli Stati Uniti: un pit bull al buio in mezzo a scarti e immondizia abbaia. È lì abbandonato. La stranezza è quel vessillo a stelle e strisce appiccicato al muro. Per le corse di cavalli ha un perfetto codice di “appartenenza” criminale. Saranno gli accertamenti a dare risposte ai tanti interrogativi che si sono sollevati dopo quel singolare ritrovamento.

Siamo in via Di Giacomo, qui 31 anni fa - il giorno dopo la cattura di Nitto Santapaola - vennero cronisti da tutta Italia per vedere dove era cresciuto il boss catanese. Tante volte cani, come i pit bull o i dogo, sono stati utilizzati per fare la guardia anche per le case dello spaccio. Un dogo argentino bianco chiamato Michael, come il protagonista del padrino, era messo come “security” davanti al covo del boss dei “carcagnusi” Nuccio Mazzei, catturato dopo un anno e mezzo di latitanza nel 2015.

Voci e operazioni

Che a Catania ci siano gruppi che organizzano combattimenti tra cani, su cui scommettere, non è una novità. Anche se non si è mai andati oltre a qualche sequestro per maltrattamento di animali e alla localizzazione di zone dove c’erano chiari segni di lotta tra cani. Come nel 2016, quando una commissione consiliare di Catania fece un sopralluogo tra le masserie abbandonate di Monte Po e si trovò davanti a un vero e proprio ring per i combattimenti. Alcuni animalisti raccontano che gli incontri dove si punta pesante si terrebbero nel periodo invernale nella zona della Plaia, lontani da occhi curiosi. Ma restano voci, che fino ad oggi non hanno trovato un riscontro per l’apertura di un procedimento penale.

Ma i catanesi sono degli scommettitori di combattimenti di cani. Alcuni di loro finirono tra gli indagati dell’operazione della polizia scattata a Canicattì, in provincia di Agrigento. Dove fu interrotto, un sabato di due anni fa, in diretta un combattimento tra pitbull che si stava svolgendo in un’area di contrada Garziano. In un casolare privato (nella foto). Un elicottero del reparto Volo di Palermo riuscì a filmare i tanti spettatori che fomentavano gli animali ad azzannarsi. Il bilancio dell’operazione, denominata “Dog Fight”, fu di 25 persone denunciate e il sequestro di 5.800 euro in contanti che fu ritenuto il provento della raccolta delle scommesse. Erano tutte banconote da 50 euro, questa la puntata minima. L’organizzatore dei combattimenti - ne erano previsti tre - , in cui erano coinvolti sei pitbull, sarebbe stato un agrigentino. Ma tra gli indagati, oltre due minorenni, c’erano uomini che arrivanano da Barletta, Trani, Palermo e Catania.

I poliziotti trovarono anche farmaci e siringhe e le cartucce di una pistola semiautomatica. Alcuni cani furono trovati con diverse ferite. Istigati ad attaccare, a mordere. Alcune volte fino alla morte. Atroce.
Carcasse di pitbull lo scorso gennaio sono state trovate sul ciglio dell’autostrada A30 in provincia di Napoli.

Il video

A Palermo, in un’aula di tribunale, alcuni anni fa un carabiniere raccontò di come riuscì a entrare in possesso di un filmato registrato con un cellulare che mostrava il combattimento di due pit bull all’interno di un recinto in legno. Quel video fu sequestrato dopo un semplice controllo su strada: due uomini a bordo di una Bwm stavano visionando le immagini. I vestiti insanguinati che indossavano insospettì il militare che volle capire cose stessero guardando con tanto insistenza sullo schermo del telefonino. Fu l’input investigativo che permise di fare irruzione in un terreno di via Patti a Palermo dove era stata allestita l’arena per i combattimenti con dei materassi. In totale trovarono sei pit bull. Uno ferito al collo e alle orecchie. Altri imprigionati in alcuni box pattumiera. I carabinieri trovarono anche un gallo a cui avevano attaccato alla zampa una flebo. Lo stavano dopando. Un’altra faccia dell’orrore.

Quel processo finì in primo grado con diverse condanne. Gli animalisti raccontarono la storia di Tyson, uno dei cani salvati, che aveva subìto il duro e violento allenamento per diventate un cane lottatore e che poi era stato adottato. Importanti condanne, negli anni scorsi, sono arrivate anche dalla Corte d’Appello di Caltanissetta.

A Messina un gregario del clan mafioso di Giostra avrebbe avuto interessi personali nei combattimenti di animali. Ma le inchieste non hanno mai dato prova di collegamenti tra il crimine organizzato e il business dei combattimenti di animali. Quella bandiera nella tana del pit bull a Catania però potrebbe nascondere un’inversione di tendenza.