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Catania, la fecondazione assistita all’anno zero

Di Giuseppe Bonaccorsi |

I reparti di fecondazione assistita a Catania non funzionano a pieno ritmo e gli studi “privati” ringraziano. Potrebbe essere questo il titolo di un film già visto da anni a Catania, se non fosse che poi l’inconsistenza dei reparti pubblici si ripercuote sulle coppie sterili che purtroppo per avere un figlio sono costrette a rivolgersi a un centro privato oppure prendere un aereo e volare altrove.

E’ un problema che dovrebbe investire direttamente anche la Regione, ma che sino a questo momento sembra non avere risposte, visto e considerato – lamentano in alcuni reparti – che proprio la Regione non avrebbe neanche dato seguito agli annunciati fondi per sostenere la fecondazione assistita nei reparti siciliani.

Quanto ai prezzi che oggi una coppia è costretta a sborsare, nel servizio pubblico una famiglia può arrivare a spendere 2776 euro tutto compreso (laboratori, visite…), che è la tariffa regionale attuale, mentre nel privato i prezzi oscillano tra un minimo di 3500 euro in su per le analisi di laboratorio e le visite.

A questo punto la domanda sorge spontanea: perché in Sicilia non deve funzionare a dovere un servizio che è rivolto alle coppie giovani che hanno il desiderio di avere un figlio?

Vediamo, comunque, quali sono le problematiche che affliggono questi reparti. Innanzitutto va detto che alcuni anni fa è stata emanata una precisa normativa che imponeva ai reparti di adeguarsi a nuovo standard e decreti legislativi n. 191/2007 e 16/2010 relativi a disposizioni per i centri trapianti. Siccome anche una fecondazione viene ormai equiparata a un trapianto allora gli standard dei reparti operativi dovevano equipararsi alle disposizioni di legge. Questo ha provocato problemi di adeguamento in alcuni reparti di Catania, come il Santo Bambino e il Garibaldi che avrebbero funzionato a singhiozzo.

Nel reparto del Policlinico (S. Bambino) attualmente sono in corso lavori di adeguamento e quindi il reparto non effettua fecondazioni assistite, ma soltanto analisi di laboratorio preparatorie poi a successivi innesti. Da quello che si apprende da fonti della direzione il reparto potrebbe non aprire mai più al Santo Bambino, ma attendere di essere trasferito nel nuovo San Marco di Librino dove tutto il dipartimento materno infantile dovrebbe essere trasferito in via graduale già a partire dai primi giorni di marzo.

Al Cannizzaro, invece, ci sarebbe uno dei pochi reparti pubblici dell’isola (c’è chi dice che sia addirittura l’unico) a funzionare a regime, questo grazie ai lavori di adeguamento già ultimati nel 2014. Allo stato il reparto soddisferebbe tutte le richieste che provengono da coppie sterili effettuando fecondazioni di primo e secondo livello, tra l’altro con una camera di crioconservazione perfettamente adeguata e locali a norma con gli standard di legge. Da notizie non ancora ufficializzate il reparto del Cannizzaro sarebbe stato scelto dal ministero della Salute come reparto pilota per i trapianti di utero e questo farebbe dell’ospedale catanese un centro di eccellenza a livello nazionale per queste patologia della donna.

E veniamo alla “nota dolente”, il nuovo reparto del Garibaldi inaugurato nel febbraio del 2017 in pompa magna dall’ex commissario dell’Arnas (oggi da poche settimane diretta da un altro commissario), alla presenza dell’allora sindaco Enzo Bianco con fascia tricolore e dell’assessore alla Salute, all’epoca dei fatti, Baldo Gucciardi. In quei giorni la direzione dell’ospedale scrisse in una nota stampa che il reparto si sarebbe avvalso «di strumentazione tecnologicamente avanzata e di un personale altamente qualificato». L’apparecchiatura tra l’altro sarebbe costata centinaia di migliaia di euro pubblici. Adesso si scopre che il reparto avrebbe funzionato a singhiozzo per via di alcune problematiche collegate non soltanto alle restrizioni imposte dalla normativa vigente, ma anche per l’assenza in determinati periodi di personale specializzato e della crioconservazione. Addirittura sembra che la crioconservazione non sia stata ancora consegnata all’ospedale dalla ditta vincitrice e non si capisce – se fosse vera questa indiscrezione – perché a distanza di due anni nessuno abbia denunciato questa anomalia.

Abbiamo contattato più volte l’ufficio stampa del Garibaldi per chiedere maggiori lumi e anche la possibilità di poter visionare i dati ufficiali delle fecondazioni che di norma vengono inviati al ministero, ma finora non abbiamo avuto risposta.

In questo contesto sempre al Garibaldi si inserisce la curiosità di una annosa vicenda giudiziaria che contrappone un vincitore di concorso per Pma e la direzione dell’Arnas. La vicenda ha portato a una sentenza del Tar che non sarebbe stata ottemperata in toto dalla ex direzione dell’Arnas. Dalle carte emerge che il 29 maggio 2017 un ginecologo con esperienza in fecondazione ha avuto accolto il ricorso dal Tar che ha disposto l’annullamento della precedente graduatoria per la procedura selettiva e la correzione della graduatoria. Da quello che si evince da un successivo procedimento in corso al Tribunale civile sezione Lavoro la commissione dell’ospedale avrebbe in effetti rivalutato i titoli del ricorrente, facendolo risultare il primo della graduatoria, ma successivamente la direzione non avrebbe mai ottemperato all’assunzione del vincitore, non rispettando una sentenza del Tar e mettendo l’Arnas a rischio di danno erariale qualora al ricorrente il tribunale del Lavoro dovesse dare ragione. Un capitolo a parte sarebbe utile per capire se questo lungo contenzioso abbia nuociuto anche al funzionamento del reparto inaugurato due anni fa con tanto di fanfare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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