20 dicembre 2025 - Aggiornato alle 00:59
×

"Fuitine" e liti, la procuratrice: «Emancipazione femminile? Esigenza culturale e sociale»

Carla Santocono, procuratrice dei minori di Catania, quotidianamente affronta questioni legate a nuclei familiari con minorenni se non addirittura formati totalmente da minorenni

Laura Distefano

01 Settembre 2024, 11:11

fuitina

«Acquisire una reale emancipazione femminile è un’evidente esigenza sociale e, prima ancora, culturale». Parla così Carla Santocono, procuratrice dei minori di Catania. La magistrata, che quotidianamente affronta questioni legate a nuclei familiari con minorenni se non addirittura formati totalmente da minorenni, è consapevole che è necessario «sollecitare le Istituzioni a intervenire» per rompere schemi patriarcali e prevaricanti che inducono giovani (e giovanissime) donne a credere che la “fuitina” sia la finestra per trovare una libertà agognata. Ma quella che sembra una fuga verso la libertà si può trasformare in una nuova prigione. I fatti recentemente accaduti nella provincia etnea hanno riacceso i riflettori su un fenomeno a prima vista “antico” ma invece ancora fin troppo diffuso.

Procuratrice, quanto è importante diffondere il valore dell’autodeterminazione della donna?
«È un percorso da segnare, sollecitare e rafforzare anche da parte di tutte le istituzioni, verso i giovanissimi e non solo. È una esigenza che emerge in maniera trasversale in tutti i contesti sociali, sebbene si evidenzi in maniera più esplicita in contesti culturalmente più deprivati».

Le radici sono culturali?
«È inscindibilmente connessa a dinamiche di genere connotate da cultura tradizionalmente patriarcale, in contesti dai quali spesso emergono i più esasperati episodi e gli eclatanti fatti di cronaca. Ne sono prova l’enorme incidenza statistica dei reati di violenza di genere, di stalking , maltrattamenti in famiglia, femminicidi. Episodi che rappresentano la “non accettazione”, da parte dell’autore del reato, dell’emancipazione, o del tentativo di emancipazione femminile; la difficoltà culturale di accettare la “libera autodeterminazione delle donne” nel porre fine a relazioni o convivenze violente , schemi patriarcali o semplicemente relazioni sentimentali terminate».
Come si può agire?
«È un’esigenza che richiede strumenti educativi, strumenti di rielaborazione di modelli culturali tradizionali e strumenti di sollecitazione per l’acquisizione di un pensiero critico, tra i giovanissimi e non solo».
Quale è lo scenario su cui si deve intervenire?
«Sebbene siano trascorsi decenni dalle acquisizione di un pensiero culturale che vede la parità di genere come un dato acquisito , permane , sembra persistere e anzi appare riemergere, su una linea parallela, un modello culturale nel quale la donna è ancora ancorata ai vecchi schemi e dinamiche. Ciò che emerge è quasi un effetto boomerang».
Cioè?
«Molte donne cercano con coraggio di sottrarsi a situazioni di prevaricazione maschile o a modelli culturali patriarcali, a dinamiche di violenza familiare o di genere, e in questo senso sono in costante aumento le segnalazioni delle forze dell’ordine, gli interventi della polizia, le forme di intervento a tutela che quotidianamente forze dell’ordine e magistratura avviano, anche grazie alla normativa del cosiddetto codice rosso che consente alle donne, vittime di violenza di familiare o di genere, di ricevere protezione e sostegno per loro e i loro figli. Di contro moltissime giovanissime e giovanissimi pongono le premesse per replicare modelli relazionali e familiari contraddistinti dalla proiezione delle medesime dinamiche patriarcali».
La soluzione non può essere solo la repressione?
«La normativa fornisce utilissimi strumenti repressivi, ma di tipo “emergenziale”; manca una azione preventiva, che è necessariamente culturale».
Sono tante le spose ragazzine?
«Giovanissime nell’età, che si colloca tra i 13 e i 15 anni, avviano relazioni sentimentali che si trasformano immediatamente in convivenze, con contestuale genitorialità precoce; giovani del tutto privi di reale consapevolezza delle conseguenze e responsabilità che ne derivano. Intercettiamo il fenomeno attraverso le comunicazioni delle nascite di figli di ragazze infrasedicenni esclusivamente per ragioni legali, da parte dei presidi ospedalieri. Il genitore può infatti riconoscere il figlio solo se ha compiuto sedici anni e i presidi ospedalieri hanno l’obbligo di comunicare alla procura per i minorenni tale situazione per esigenze legate al formale affidamento di questi bambini. Molto spesso entrambi i genitori sono infrasedicenni».
Dopo queste segnalazioni quali azioni intraprende la procura per i minorenni?
«Come ufficio verifichiamo la situazione socio-familiare sottostante ed emerge che il nuovo nucleo di giovanissimi genitori replica le tradizioni culturali e familiari di riferimento».
Ci spieghi.
«Madri a 15 anni, o anche più giovani, hanno alle spalle genitori trentenni per i quali è normale avallare tali scelte, ed accettare il ‘giovane nuovo nucleo familiare’. Sono situazioni che le famiglie di riferimento accettano, assecondano e sovente sollecitano. Inevitabilmente connessa a tale situazione e’ l’appartenenza a contesti sociali contraddistinti da povertà educativa. L’abbandono scolastico di queste giovani madri e padri è una costante. Emerge che le ragazze hanno già abbandonato la scuola durante la gravidanza, e prima ancora la loro frequenza scolastica era saltuaria. Ciò si traduce inevitabilmente in un’incolmabile distanza dai contesti formativi, nella difficoltà di acquisire o recuperare competenze culturali. Ragazze e donne tagliate fuori da ogni possibilità di trovare una occupazione lavorativa che gli consenta un’indipendenza economica, e quindi una reale autonomia . Se non c’è formazione, cultura, non può esserci autonomia; senza autonomia non c’è reale emancipazione».
Qual è la strada per una rivoluzione culturale “vera”?
«Occorre fornire strumenti educativi e stimoli culturali; dalla scuola, a supporto delle famiglie, devono arrivare chiari e forti stimoli in tal senso. Occorre anche maggiore educazione sessuale tra i giovanissimi. Gli uffici giudiziari minorili sono quotidianamente impegnati nel sostegno ai giovani e alle loro famiglie. La Procura per i Minorenni sollecita l’emersione delle forme di disagio dei giovani, intercettando i segnali di deprivazione culturale, sociale ed educativa che si traducono in condizioni di potenziale pregiudizio per il regolare percorso di crescita dei minori .Pregiudizio che è anche, e sopratutto, la mancanza di stimoli formativi, educativi, intellettuali».
Che messaggio possiamo dare alle giovani donne?
«Il messaggio va indirizzato non solo alle donne, ragazze e bambine, ma anche agli uomini, ragazzi e bambini. L’istruzione, lo studio, la cultura, la formazione intellettuale e professionale, il rispetto delle regole, della legalità, la parità di genere, rendono gli esseri umani, uomini e donne , liberi di scegliere consapevolmente; La vera libertà non è “fuggire” ma scoprire e perseguire i propri autentici desideri, affrancandosi dal bisogno, dai condizionamenti e programmando il futuro decidendo della propria vita».