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LE TENSIONI

«Quarto Reich»: l’attacco di Elon Musk all’Unione europea e la rappresaglia di X sull’account pubblicitario di Bruxelles

Dopo la maxi-multa da 120 milioni, il proprietario di X alza i toni e definisce l’Ue “praticamente” il “Quarto Reich”. Intanto la piattaforma chiude l’account pubblicitario legato alla Commissione: accusa Bruxelles di aver sfruttato una vulnerabilità. L’Ue respinge: “Nessun uso scorretto, abbiamo agito in buona fede”.

Alfredo Zermo

07 Dicembre 2025, 19:15

“Quarto Reich”: l’attacco di Elon Musk all’Unione europea e la rappresaglia di X sull’account pubblicitario di Bruxelles

All’alba di una domenica gelida, il feed di X si illumina con un’immagine che buca lo schermo: una svastica che affiora sotto la bandiera blu con le stelle. Sopra, la scritta provocatoria “Fourth Reich”. Sotto, un commento secco: “praticamente”. L’ha scritto Elon Musk. Poche ore più tardi, un altro colpo: X chiude l’account pubblicitario collegato alla Commissione europea, accusandola di aver “pompato” artificialmente la portata di un post sfruttando un “exploit” dell’Ad Composer. Bruxelles replica: “Nessun uso scorretto, abbiamo agito in buona fede. E la nostra sospensione della pubblicità su X è in vigore da ottobre 2023”. Il risultato è una crisi senza precedenti tra il miliardario e le istituzioni europee, sullo sfondo della prima sanzione formale inflitta all’ex Twitter ai sensi del Digital Services Act (DSA): 120 milioni di euro per violazioni di trasparenza, con richieste di correzione entro poche settimane.

Cosa è successo nelle ultime 48 ore

Venerdì 5 dicembre 2025, la Commissione europea ha multato X per 120 milioni di euro per tre violazioni del DSA: design ingannevole del sistema di “spunta blu”, scarsa trasparenza dell’archivio pubblicitario e ostacoli all’accesso ai dati pubblici per i ricercatori. La decisione, la prima di questo tipo sotto il DSA, impone a X di presentare piani correttivi entro 60 e 90 giorni, a seconda dell’obbligo.

Il giorno seguente, 6-7 dicembre, Elon Musk ha inasprito il confronto: prima ha definito l’Ue “praticamente” il “Quarto Reich”, ripostando un contenuto con svastica e bandiera europea; quindi ha scritto che l’Unione non è una “DEMOcrazia” ma una “BUROcrazia”. In parallelo, X ha disattivato l’account pubblicitario collegato alla Commissione.

La motivazione della piattaforma l’ha resa pubblica Nikita Bier, responsabile prodotto di X: secondo lui, un profilo pubblicitario “dormiente” della Commissione sarebbe stato usato per sfruttare una vulnerabilità nel tool Ad Composer, pubblicando un link che “mima” un video e ne aumenta in modo artificiale la portata. Bruxelles smentisce: “Usiamo solo strumenti ufficiali, in buona fede; pubblicità sospese dal 2023.”

Perché la multa è un punto di svolta nel DSA

La sanzione da 120 milioni di euro sancisce la prima decisione formale di non conformità sotto il Digital Services Act, la legge europea che impone obblighi rafforzati ai “Very Large Online Platforms” per ridurre rischi sistemici e aumentare trasparenza. Nel mirino di Bruxelles sono finiti tre aspetti: la spunta blu a pagamento, che per la Commissione rappresenta una pratica di “dark pattern” capace di indurre in errore l’utente sull’autenticità degli account; l’insufficiente trasparenza dell’archivio pubblicitario, cruciale per tracciare gli inserzionisti e prevenire truffe e manipolazioni politichei limiti imposti all’accesso dei ricercatori ai dati pubblici, necessari per studiare le dinamiche di disinformazione e i rischi sistemici.

Il DSA prevede sanzioni fino al 6% del giro d’affari globale in caso di violazioni; in questa occasione si è scelto un ammontare “proporzionato” alla gravità delle tre aree contestate, secondo Bruxelles. X dovrà presentare entro 60 giorni un piano per la spunta blu e entro 90 per gli altri due obblighi; in caso contrario, potranno arrivare nuove sanzioni.

L’attacco di Musk: simboli estremi, parole pesanti

Il post con cui Elon Musk ha definito l’Unione europea “praticamente” il “Quarto Reich” è arrivato come risposta a un’immagine in cui una svastica emerge sotto la bandiera Ue: un frame destinato a incendiare il dibattito e a ridisegnare i confini del confronto tra un attore privato e un’istituzione sovranazionale. Nelle stesse ore, Musk ha insistito sulla tesi che l’Unione non sarebbe una democrazia, bensì una burocrazia guidata da non eletti. Diversi media hanno riportato il thread e il tenore dei messaggi, alimentando la polemica in tutta Europa.

Se l’obiettivo era attirare l’attenzione, è riuscito: l’uso di simboli nazisti in chiave anti-Ue aumenta la temperatura del confronto e accentua le pressioni politiche su Bruxelles, già accusata da alcuni ambienti statunitensi di usare il DSA come “bavaglio” ai colossi tech. Ma la Commissione insiste: il provvedimento riguarda trasparenza e tutela degli utenti, non contenuti o opinioni politiche.

La chiusura dell’account pubblicitario: ritorsione o enforcement?

La decisione di X di chiudere l’account pubblicitario collegato alla Commissione europea è stata presentata come una sanzione per violazione delle regole della piattaforma. Nikita Bier ha scritto che Bruxelles avrebbe approfittato di un “exploit” dell’Ad Composer per pubblicare un link camuffato da video, in modo da incrementarne artificialmente la reach. Secondo Bier, la falla sarebbe stata “corretta” e l’account rimosso dalla possibilità di acquistare e tracciare campagne su X. Engadget ha riportato che la piattaforma parla di abuso “mai visto prima” e ora “patchato”.

La replica dell’Ue è netta: “Nessun uso scorretto del nostro account; utilizziamo gli strumenti ufficiali e in buona fede”, ricordando che ogni attività pubblicitaria su X era stata sospesa da ottobre 2023 e lo è tuttora. È un dettaglio non irrilevante: se confermato, smonterebbe l’idea di un uso strumentale della compravendita pubblicitaria per amplificare messaggi. Resta da chiarire se il profilo “dormiente” citato da X fosse un residuo tecnico o un canale specifico abilitato ad alcune funzioni. ANSA e altre testate italiane e internazionali hanno rilanciato le due versioni.

Cosa c’è dietro l’“exploit” dell’Ad Composer

Il nodo tecnico evocato da X riguarda una funzione dell’Ad Composer che consente di creare “card” personalizzate per i link. Secondo quanto ricostruito da siti specializzati nel marketing digitale, pratiche di “card customization” possono generare preview che imitano un player video, incrementando i click. Nel tempo queste tattiche sono state oggetto di linee guida più restrittive, proprio per prevenire interfacce ingannevoli. Se un profilo istituzionale avesse effettivamente sfruttato una falla per “boostare” un post, sarebbe una violazione; se invece avesse usato un tool ufficiale come progettato dalla piattaforma, la contestazione di X reggerebbe meno. Al momento, il racconto di Bier e la smentita dell’Ue restano inconciliabili e richiederanno verifiche tecniche.

Il contesto: un braccio di ferro che dura da due anni

L’istruttoria su X è stata avviata a fine 2023. Nella primavera-estate 2024 la Commissione ha già espresso una “preliminary view” secondo cui la piattaforma violava gli obblighi di trasparenza su dark pattern, ad repository e accesso ai dati per la ricerca: è il filone da cui nasce la sanzione di dicembre 2025. Parallelamente, restano aperti fascicoli su contenuti illegali, manipolazione dell’informazione e mitigazione dei rischi sistemici, con possibili sanzioni ben più pesanti.

Il DSA prevede infatti rimedi che vanno oltre le multe: in casi estremi e reiterati, sono possibili penalità periodiche e, se un servizio “mette a rischio vita e sicurezza delle persone” rifiutando sistematicamente di conformarsi, anche sospensioni temporanee nel mercato Ue. Si tratta di scenari limite, ma la temperatura politica è salita, e l’uscita di Musk sul “Quarto Reich” non aiuta ad abbassarla.

La dimensione geopolitica: Washington e la frattura transatlantica sulla regolazione tech

La multa a X è diventata terreno di scontro anche oltre Atlantico. Diversi esponenti della nuova amministrazione statunitense e del Congresso hanno criticato Bruxelles, accusando l’Ue di colpire la “libertà di espressione” dei colossi americani. Secondo ricostruzioni giornalistiche, il Segretario di Stato Marco Rubio e il Vicepresidente JD Vance hanno attaccato pubblicamente la decisione, mentre Musk ha rincarato la dose commentando in modo sferzante l’annuncio della Commissione. Una polemica che alimenta le tensioni in un momento già complesso per il negoziato commerciale Ue-Usa.

Oltre lo scontro: perché la trasparenza pubblicitaria conta davvero

Al netto della guerra di nervi, il cuore della questione è la trasparenza. Senza un archivio pubblicitario affidabile e aggiornato, e senza accesso per i ricercatori ai dati pubblici, è più difficile individuare:

  1. reti di bot e account coordinati;
  2. campagne di disinformazione a pagamento, in particolare durante le elezioni;
  3. truffe e scam che usano formati ibridi tra contenuto e adv.

L’Ue sostiene che l’assetto introdotto da X con la spunta blu a pagamento abbia aggravato la confusione tra identità autentiche e impostori, facilitando la “verosimiglianza” di contenuti fuorvianti; per questo ha chiesto a X di riformare il sistema entro scadenze ravvicinate. X, dal canto suo, rivendica un’impostazione di libertà d’espressione e contesta la narrativa europea sulle “interfacce ingannevoli”. Il confronto, quindi, non è solo legale: è politico, tecnologico e culturale.

Quanto pesano “parole e simboli” nel rapporto tra piattaforme e istituzioni

L’accostamento dell’Ue al nazismo non è un dettaglio comunicativo: tocca una memoria storica sensibile nel continente e alimenta un clima di contrapposizione che rischia di travolgere anche i necessari tavoli tecnici. Per Bruxelles, la posta in gioco è l’autorità regolatoria: mostrare che il DSA non è un’arma politica, ma un quadro di garanzie per utenti e mercato. Per Musk, la narrativa è quella del gigante regolatore che “zittisce” l’innovazione e le voci scomode. Nel mezzo, aziende, media, ricercatori e cittadini che chiedono regole chiare e un ambiente informativo affidabile.

In un ecosistema informativo polarizzato, i prossimi passi saranno decisivi: o si torna al dossier tecnico—con scadenze, audit, modifiche di prodotto—oppure il confronto rischia di degenerare in un braccio di ferro simbolico che non serve a nessuno, tantomeno agli utenti.