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I NEGOZIATI

Londra scommette sulla resilienza ucraina: Zelensky incontra Starmer, Macron e Merz. Domani tappa a Roma da Meloni

Tra pressioni sul piano di pace americano, generatori per l’inverno ucraino e l’asse Bruxelles-Nato, il presidente ucraino apre a Londra un giro europeo ad alta intensità diplomatica

Alfredo Zermo

08 Dicembre 2025, 16:19

16:36

Londra scommette sulla resilienza ucraina: Zelensky incontra Starmer, Macron e Merz. Domani tappa a Roma da Meloni

L’ultima raffica di droni su Kharkiv è arrivata in piena notte, lasciando al buio interi quartieri. A migliaia di chilometri, nella sala riunioni di Downing Street, Volodymyr Zelensky mette sul tavolo una necessità brutale: “energia” e “scudi” per attraversare l’inverno. Da una parte il freddo e la rete elettrica corrosa dagli attacchi; dall’altra il negoziato più delicato degli ultimi anni, un “percorso di pace” su cui Londra, Parigi e Berlino chiedono garanzie solide. È la scena che apre il vertice di Londra di oggi, con Keir Starmer, Emmanuel Macron e Friedrich Merz, e anticipa la tappa di domani, 9 dicembre 2025, a Palazzo Chigi, dove Giorgia Meloni confermerà l’invio di generatori e forniture d’emergenza per aiutare l’Ucraina a tenere accese luci e ospedali. Sullo sfondo, Bruxelles: un incontro riservato con il segretario generale della Nato Mark Rutte, il presidente del Consiglio europeo António Costa e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, per allineare dossier su resilienza, difesa aerea e l’uso dei proventi dei beni russi immobilizzati.

Un vertice di crisi a Londra

Il formato londinese è ristretto, ma l’agenda è ampia. Attorno al tavolo ci sono i tre leader europei più esposti sul dossier ucraino – Regno Unito, Francia, Germania – e il presidente ucraino. L’obiettivo immediato è duplice: stabilizzare il fronte energetico ucraino nell’immediato – con forniture e protezioni per le infrastrutture – e sincronizzare la risposta europea al piano di pace promosso da Washington, che nelle ultime settimane ha suscitato entusiasmi e diffidenze, ma soprattutto molte domande sui confini, i tempi e le garanzie di sicurezza. A Downing Street rivendicano il ruolo di “ponte” transatlantico: Starmer insiste su una “pace giusta e duratura” fondata su sovranità ucraina e garanzie vincolanti, mentre gli europei ribadiscono che ogni cessate il fuoco senza protezioni robuste rischia di essere un intervallo prima di nuovi attacchi.

A Londra si discute anche delle opzioni per incrementare la difesa aerea: sistemi Patriot e SAMP/T, intercettori per i droni iraniani, munizioni e capacità di riparazione rapida delle reti. Gli inglesi spingono sulla coproduzione: già in autunno Zelensky e Starmer avevano ragionato di filiere comuni e di droni intercettori come l’“Octopus”, sviluppato in Ucraina e testato con il supporto britannico. È un tassello del disegno più ampio: consolidare l’industria europea della difesa e ridurre la dipendenza dai tempi lunghi delle forniture esterne.

Il contesto politico: un “piano di pace” da decifrare

Sul tavolo di Londra, accanto ai dossier militari, c’è l’ombra lunga dell’iniziativa statunitense. Le ultime dichiarazioni del presidente Donald Trump hanno fatto rumore: il leader americano si è detto “deluso” dalla prudenza di Zelensky sul progetto di accordo. Ma per le capitali europee la domanda è una: quali garanzie impedirebbero alla Russia di congelare la linea del fronte oggi per riaprire le ostilità domani? Da qui il pressing europeo per un pacchetto integrato: difesa aerea, aiuti macro-finanziari, ricostruzione emergenziale e sanzioni mirate su energia, “shadow fleet” e filiere dual use che alimentano lo sforzo bellico russo.

Se c’è un terreno dove l’Unione europea si muove con maggiore creatività è quello dei beni russi immobilizzati. I leader di Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia hanno chiesto oggi un’accelerazione sul progetto di “prestito di riparazione” finanziato dai proventi degli asset russi congelati, con garanzie pensate per rassicurare Belgio ed Euroclear. Non è una rivoluzione semplice: ci sono nodi legali e finanziari e Bruxelles lavora a un sistema di garanzie fino a oltre 100 miliardi di euro nella prima fase, con l’ipotesi di un secondo scudo a seguire. Ma la direzione è tracciata: mettere quei proventi al servizio della resilienza ucraina e del sostegno alla difesa, già nel 2026, mentre si continua a cercare un compromesso politico con gli Stati membri più prudenti.

Domani a Roma: generatori e continuità del sostegno italiano

Il capitolo italiano entra in scena domani, 9 dicembre 2025, con l’incontro a Palazzo Chigi tra Zelensky e Giorgia Meloni fissato per le 15. Dopo una telefonata di preparazione avvenuta ieri, il governo italiano ha annunciato l’invio di generatori e “forniture di emergenza” per sostenere la rete energetica ucraina, bersaglio di raid ripetuti. Il messaggio che arriva da Roma è duplice: solidarietà verso la popolazione e impegno a mantenere la pressione sui canali diplomatici, anche in raccordo con gli Stati Uniti, per non disperdere il lavoro fatto finora sul binario delle garanzie di sicurezza. L’Italia, spiegano fonti di governo, intende contribuire tanto all’immediato – tenere in piedi la rete elettrica e gli essenziali civili – quanto al medio periodo, con strumenti europei come SAFE per la difesa e con progetti industriali congiunti.

Bruxelles, l’altro asse: Nato-Ue e la cabina di regia della resilienza

Il vertice “parallelo” di Bruxelles è meno visibile ma non meno importante. Nella residenza ufficiale del segretario generale Mark Rutte, Zelensky incontra António Costa e Ursula von der Leyen. È un formato che fotografa la nuova realtà: lo spazio euro-atlantico agisce come un ecosistema. La Nato coordina scelte militari e standard; l’Ue orchestra strumenti finanziari, sanzioni, energia e industria; Kiev chiede che i due piani si parlino senza attriti. Sul tavolo ci sono l’aria (difesa aerea), il denaro (stabilità macro-finanziaria, fondi per l’energia e la ricostruzione) e la legittimità (un percorso di pace che non premi l’aggressione). L’incontro avviene a porte chiuse e senza stampa, ma il significato politico è chiaro: prima di arrivare al Consiglio europeo del 18 dicembre, serve un’intonazione comune.

Cosa vuole Kiev: scudi per il cielo e reti che reggono

Dal lato ucraino, le priorità sono scolpite nella geografia dell’inverno. La difesa aerea è la prima linea: missili, radar, munizioni e capacità di integrazione dei sistemi occidentali con le centrali di comando ucraine. L’altra priorità è la resilienza energetica: generatori, trasformatori, apparecchiature di media e alta tensione, squadre di riparazione e protezioni fisiche dei nodi critici. Di recente Zelensky ha insistito perché l’Europa bilanci l’assistenza militare con la difesa dell’economia e delle infrastrutture, in particolare nei mesi freddi, quando gli attacchi russi mirano a tagliare elettricità e riscaldamento per piegare il morale civile. Da Bruxelles arrivano segnali di coordinamento, con l’idea di usare i proventi delle attività finanziarie russe immobilizzate per coprire esigenze immediate e “blindare” il 2026.

Cosa aspettarsi nelle prossime 48 ore

Decisioni operative su forniture immediate: il pacchetto di generatori italiani e i pezzi di ricambio per la rete ucraina potrebbero essere sbloccati con tempi di consegna di poche settimane. Un messaggio politico congiunto da Londra a sostegno di una “pace giusta”, con enfasi su garanzie di sicurezza e nessuna concessione unilaterale su territori e sovranità. A Bruxelles, un lavoro di cesello sui proventi degli asset russi, cercando un equilibrio tra ambizione e precauzione legale, in vista della scadenza del 18 dicembre.

Il messaggio di Zelensky: “Unità, aria, energia”

In pubblico, Zelensky ripete tre parole chiave: unità tra partner, difesa aerea, energia. È la sintesi di un’agenda costruita per resistere all’inverno senza perdere terreno sul campo né quota al tavolo negoziale. Perché l’architettura di una “pace giusta” – nel linguaggio europeo – non è un atto notarile: è una sequenza di garanzie, capacità e risorse che deve iniziare ora, mentre le sirene suonano e i tecnici riparano cavi sotto la neve. Londra, Bruxelles e Roma provano a costruirla con strumenti diversi ma complementari. Se basterà, dipenderà da una serie di numeri molto concreti: batterie consegnate, intercettori disponibili, megawatt ripristinati, euro mobilitati e giorni senza blackout negli ospedali ucraini.

In una guerra che si combatte nei cieli e nei bilanci, il giro europeo di Zelensky prova a dare un ordine alle urgenze: prima sopravvivere all’inverno, poi blindare la pace. Non c’è retorica sufficiente a mascherare l’equazione: senza energia e difesa aerea, non c’è stabilità possibile; senza garanzie credibili, non c’è pace duratura. Londra, Bruxelles e Roma si sono prese l’impegno di provarci, con numeri e strumenti, subito.