11 dicembre 2025 - Aggiornato alle 10 dicembre 2025 23:52
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“La più grande petroliera mai sequestrata”: la mossa di Trump al largo del Venezuela che alza la posta nel braccio di ferro con Maduro

Un blitz in mare, jet in cielo e molte domande aperte: cosa sappiamo, cosa manca e perché l’operazione può ridisegnare gli equilibri nel Caribe

Alfredo Zermo

10 Dicembre 2025, 22:19

“La più grande mai sequestrata”: la mossa di Trump sulla petroliera al largo del Venezuela che alza la posta nel braccio di ferro con Maduro

All’alba, sopra il Golfo del Venezuela, due scie bianche tagliano un cielo lattiginoso. Sotto, un convoglio di unità della Guardia Costiera statunitense si muove in formazione stretta verso una sagoma scura: una petroliera senza nome dipinta a lucido, i transponder muti come se il mare non avesse orecchie. Poche ore dopo, alla Casa Bianca, Donald Trump scandisce la frase destinata a dominare i notiziari del giorno: “Abbiamo sequestrato una petroliera al largo del Venezuela, una petroliera grande, molto grande, la più grande mai sequestrata”. E così oggi Washington piazza un nuovo tassello nella strategia di massima pressione contro Nicolás Maduro. Euronews riporta che l’operazione è stata “guidata dalla Guardia Costiera e supportata dalla Marina”, citando un funzionario americano che ha chiesto l’anonimato. La sera prima, due F/A-18 avevano sorvolato il Golfo per oltre 30 minuti: un messaggio in piena vista, ma con margini di ambiguità calcolata.

Che cosa sappiamo

Al netto dell’enfasi presidenziale, i dettagli ufficiali sono scarsi. La ricostruzione più circostanziata parla di un’azione di law enforcement in acque internazionali, con la Guardia Costiera degli Stati Uniti in testa e assetti della U.S. Navy in supporto. Associated Press e Reuters confermano l’intercettazione e il sequestro, aggiungendo che la petroliera potrebbe essere legata a traffici di greggio iraniano sanzionato e che l’intervento rientrerebbe nel contrasto a reti di esportazione “ombra” che gravitano attorno a Caracas. L’identità precisa dell’unità non è stata resa pubblica dalle autorità; Reuters indica il nome “Skipper” (ex “Adisa”), ma né bandiera né posizione esatta dell’abbordaggio sono state formalizzate in comunicati ufficiali. Siamo dunque in un terreno dove convivono affermazioni presidenziali, fonti anonime e frammenti verificati. Prudenza d’obbligo.

A confortare il quadro c’è la coerenza tra più tasselli: la natura “poliziesca” dell’azione (non un attacco di guerra), l’eventuale status di “nave apolide” — una qualifica che, se confermata, amplia i margini di intervento in alto mare — e la cornice di sanzioni su Venezuela e Iran che Washington rivendica come base giuridica extraterritoriale per sequestri e confische, come già visto in altri teatri. Ma senza documenti giudiziari resi pubblici, il fondamento esatto — tra diritto del mare, sanzioni OFAC e normativa federale su traffici illeciti — resta un cantiere aperto.

Il sorvolo degli F/A‑18: routine o segnale?

Il giorno prima del sequestro, due F/A‑18 hanno volato sopra il Golfo del Venezuela per più di mezz’ora. Il Pentagono ha definito la missione “addestrativa” e “non provocatoria”, spiegando che i jet sono rimasti in acque e spazi aerei internazionali. Ma il contesto conta: si tratta con ogni probabilità dell’avvicinamento più spinto di velivoli americani a quel tratto di costa dall’inizio della nuova campagna di pressione dell’amministrazione. Per Caracas, che considera quel golfo parte della propria sfera di sovranità, è un gesto che suona come una prova di presenza. Nel linguaggio della deterrenza, un volo “di routine” può valere quanto un comunicato ufficiale, a patto che chi deve capire capisca.

Campagna più ampia

Il sequestro della petroliera non è un episodio isolato, ma la punta più visibile di una strategia che negli ultimi mesi ha combinato dispiegamenti navali senza precedenti nel Mar dei Caraibi, sorvoli ravvicinati e, soprattutto, attacchi letali contro imbarcazioni accusate di narcotraffico nel Caribe e nel Pacifico orientale. Washington Post, Guardian e AP hanno documentato oltre 80 vittime in 22 azioni note, numeri contestati da Caracas e sempre più discussi anche negli Stati Uniti, dove cresce la richiesta di trasparenza su regole d’ingaggio e basi legali. In questo mosaico, l’intercettazione della “super‑petroliera” è una tessera narrativa potente: mostra braccia lunghe sul mare, senza varcare — per ora — la soglia di un attacco “di terra” che lo stesso Trump ha evocato come opzione imminente.