le tensioni internazionali
L'Ue gela Orban: asset russi bloccati per sempre, Meloni dice sì a malincuore
Ungheria e Slovacchia contrari, via libera con procedura scritta nonostante le perplessità di Roma, Belgio, Bulgaria e Malta
Il Rubicone evocato di prima mattina da Viktor Orbán viene oltrepassato solo dopo diverse ore, al termine di una votazione destinata a segnare un possibile punto di non ritorno nei rapporti tra Bruxelles e Mosca: il via libera al congelamento senza scadenza degli asset russi. A favore si esprimono 25 Paesi su 27.
Tra questi, spiccano le posizioni di Italia, Belgio, Bulgaria e Malta: un assenso freddo, attraversato da riserve, concesso alla fine “per spirito di cooperazione”. In sostanza, pur prendendo le distanze dai due contrari — i governi sovranisti di Ungheria e Slovacchia — Roma e le altre tre capitali riaffermano il loro sostegno all’Ucraina.
La decisione dell’UE, formalizzata tramite la cosiddetta procedura scritta, introduce due elementi di rilievo. Anzitutto elimina il rinnovo semestrale del divieto di trasferimento a Mosca delle attività della Banca centrale russa bloccate nell’Unione: i beni resteranno congelati a tempo indeterminato, con un’unica scadenza implicita, la fine della guerra e di ogni azione aggressiva russa contro l’Ucraina e l’UE.
Inoltre, fa ricorso all’articolo 122 dei Trattati, che in situazioni d’emergenza consente di aggirare l’obbligo dell’unanimità. In pratica, Ursula von der Leyen e Antonio Costa superano così l’ostruzionismo ricorrente di Orbán e Robert Fico. Tra i 25 consensi figura quello del premier ceco Andrej Babiš, che Orbán aveva dato per acquisito nel fronte sovranista.
È probabile che sulla sua scelta abbia pesato la visita compiuta nelle ultime ore ai vertici europei. Von der Leyen e Costa, del resto, hanno lavorato a lungo dietro le quinte, anticipando il voto sul congelamento dei beni rispetto al summit dei leader, per assicurarsi un primo passaggio cruciale in vista dell’eventuale utilizzo di quelle risorse.
La partita politica, però, resta in salita, e il vertice del 18 dicembre, già tra i più delicati degli ultimi anni, rischia di trasformarsi in una dura resa dei conti. “Qui ci sarà il confronto politico”, avverte Antonio Tajani. Le perplessità sull’impiego degli asset restano vive nella testa di Bart De Wever che, da Londra, per la prima volta definisce “possibile” la decisione.
Ma non è il solo. In una dichiarazione allegata al verbale della procedura scritta, il governo di Giorgia Meloni, insieme a Belgio, Bulgaria e Malta, mette per iscritto le proprie osservazioni: la scelta sul blocco, come quella sull’uso dei beni, andava discussa dopo il confronto tra i capi di Stato e di governo; il ricorso al voto a maggioranza qualificata non deve costituire “un precedente per la politica estera e di sicurezza comune”; e l’ok al congelamento non anticipa in alcun modo un placet sul loro impiego.
I quattro esecutivi invitano, inoltre, la Commissione a proseguire nella ricerca di soluzioni ponte o alternative con “rischi inferiori”. Tutti temi che potrebbero finire già sul tavolo del vertice con Volodymyr Zelensky a Berlino, al quale Meloni parteciperà.
Ben diversa l’atmosfera a Palazzo Berlaymont. “Il voto di oggi è un segnale forte alla Russia e un messaggio potente all’Ucraina”, sottolinea von der Leyen, che su questo dossier si gioca molto. Nei palazzi europei il momento è descritto come uno spartiacque per un’Unione mai così sotto pressione.
Il congelamento dei beni, oltre a parlare a Mosca con possibili ricadute sul percorso verso la pace, invia anche un messaggio agli Stati Uniti, rivendicando un principio di sovranità: come potrebbero gli europei accettare che un accordo tra Paesi terzi decida su questioni di loro competenza?
Dal canto suo, il Cremlino ha già reagito. La Banca centrale russa ha intentato causa contro Euroclear — che detiene gran parte degli asset — presso la Corte Arbitrale di Mosca. “Sono procedimenti legali di natura speculativa, Euroclear potrà rivalersi sui beni sequestrati”, ribatte il commissario europeo all’Economia Valdis Dombrovskis.