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la strage

Bondi Beach, l’attacco antisemita che ha spezzato la festa e il mito dell’Australia sicura: l'ultimo bilancio è di 16 morti

Un massacro durato pochi minuti, spari dall’alto della passerella su Archer Park, la folla di Chanukkah in fuga: le autorità lo definiscono terrorismo antisemita. L’Australia promette nuove leggi sulle armi, il mondo condanna. Ma restano domande cruciali su sicurezza, intelligence e odio che cova da tempo

Redazione La Sicilia

15 Dicembre 2025, 08:17

Bondi Beach, la luce interrotta: l’attacco antisemita che ha spezzato la festa e il mito dell’Australia sicura

La sera di Chanukkah a Bondi non somigliava a nessun’altra. Le candele accese sulla spiaggia più iconica d’Australia, i canti dei bambini, la distesa di luci dei telefoni che riprendono il grande candelabro. Poi, dal profilo scuro della passerella di Campbell Parade, due figure, una lunga arma per ciascuna, la traiettoria dei colpi verso il parco giochi di Archer Park. In meno di dieci minuti, quella “festa della luce” si è trasformata in un corridoio di ombre: urla, corpi a terra, la folla che rompe il perimetro delle transenne e corre verso il mare. Il bilancio si è aggravato ora dopo ora: almeno sedici morti — tra cui un bambino — e oltre quaranta feriti, secondo l’ultimo computo diffuso tra la notte del 14 e il 15 dicembre 2025 dalle autorità, il più grave attacco armato in Australia da quasi trent’anni e il più letale a sfondo terroristico della storia del Paese. Le autorità del Nuovo Galles del Sud lo hanno qualificato come “terrorismo antisemita”.

I due assalitori: un padre e un figlio, uno ucciso sul posto, l’altro in condizioni critiche

La dinamica è brutale nella sua semplicità: i due assalitori — identificati da più fonti come Sajid Akram (50 anni) e il figlio Naveed Akram (24), entrambi armati di fucili a canna lunga — avrebbero aperto il fuoco dall’alto della passerella, mirando alla folla radunata per l’evento “Chanukah by the Sea”, organizzato dal Chabad di Bondi. La polizia è intervenuta in pochi minuti. Il padre è stato ucciso dagli agenti; il figlio è stato ferito gravemente e posto in stato di arresto in ospedale. Nel caos, un gesto di sangue freddo: Ahmed al Ahmed, commerciante di frutta del quartiere, è stato ripreso mentre si lanciava addosso a uno dei due per sottrargli l’arma, venendo a sua volta colpito. Il premier del NSW, Chris Minns, ha parlato di “autentico eroismo”.

Gli investigatori hanno rinvenuto nelle vicinanze ordigni esplosivi improvvisati (IED) associati a un veicolo collegato ai sospetti. La polizia del NSW ha disposto un cordone e fatto intervenire gli artificieri. Per ore è rimasto il dubbio della presenza di un terzo complice; la pista è stata esaminata nel quadro delle poteri speciali attivati dal commissario Mal Lanyon alle 21:36 locali, proprio per circoscrivere eventuali ulteriori minacce.

Le vittime e il colpo alla comunità: muore il rabbino Eli Schlanger

Tra i morti c’è il rabbino Eli Schlanger, figura molto nota della comunità, londinese d’origine e padre di cinque figli, impegnato nell’organizzazione dell’evento. Il quartier generale mondiale di Chabad-Lubavitch lo ha ricordato con una nota intrisa di dolore: “stava facendo quello per cui era stato mandato — portare luce e gioia nello spazio pubblico — quando la sua vita è stata spezzata”. Tra le vittime anche una bambina e diversi anziani, inclusi sopravvissuti alla Shoah, stando a testimonianze raccolte nelle ore successive. Nella calca dei feriti compaiono almeno due agenti di polizia e minorenni. L’impatto sull’area orientale di Sydney, dove vive una parte consistente della comunità ebraica australiana, è stato devastante.

“Un atto di male puro”: la reazione di Anthony Albanese e la linea della sicurezza

Il primo ministro australiano, Anthony Albanese, ha convocato d’urgenza il Comitato per la sicurezza nazionale e ha parlato al Paese in termini inequivocabili: “un attacco mirato contro gli ebrei australiani nel primo giorno di Chanukkah, un atto di male antisemita”. Il premier del NSW Chris Minns ha definito la sparatoria “un attacco malvagio” e ha chiesto alla città di “stringersi attorno” alla comunità ebraica. Le autorità hanno annunciato un rafforzamento della protezione dei luoghi di culto e dei presidi comunitari ebraici in tutto lo Stato.

Dalle condoglianze alla polemica diplomatica: la condanna globale (e le accuse da Israele)

Dal Regno Unito agli Stati Uniti, dall’Unione europea alla Nuova Zelanda, la condanna è arrivata quasi in simultanea. La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni hanno parlato di “unità contro l’antisemitismo”. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, si è detto “inorridito”. In Israele, la reazione ufficiale è stata di solidarietà; sul piano politico, però, il premier Benjamin Netanyahu ha accusato Albanese di aver “alimentato l’antisemitismo” con la sua linea sulla questione palestinese — un j’accuse che ha scatenato un duro botta e risposta diplomatico nelle ore immediatamente successive.

Perché lì, perché ora: contesto e segnali pregressi

Gli inquirenti del Counter Terrorism Command hanno assunto la guida del fascicolo. La definizione dell’episodio come terrorismo antisemita si inserisce in un contesto di crescita documentata degli episodi d’odio in Australia dall’autunno 2023 in avanti, coincidente con l’escalation del conflitto in Medio Oriente. In Nuovo Galles del Sud, pochi mesi fa, la polizia aveva reso noto il ritrovamento in un sobborgo di Sydney di un rimorchio carico di esplosivi, con “indicazioni” — non definitive — di un possibile bersaglio legato a una sinagoga. Un dato che, pur riferito a un’inchiesta distinta, ha contribuito a tenere alta la vigilanza sul rischio di attacchi contro obiettivi ebraici.

La serata di Bondi presentava, purtroppo, tutti gli elementi di vulnerabilità: oltre mille persone riunite all’aperto, un’area di grande visibilità, l’accesso sopraelevato della passerella — un punto di fuoco “dominante” che ha moltiplicato il raggio d’azione degli assalitori. Fonti investigative hanno spiegato che le armi impiegate erano “long arms”; la ricostruzione in corso punta anche a capire provenienza e modalità di acquisizione degli armamenti, oltre al grado di preparazione logistica, la presenza degli IED e il ruolo di eventuali reti di sostegno.

L’eroe della passerella e la catena dei soccorsi

Il gesto di Ahmed al Ahmed, catturato da più video e verificato dalle agenzie internazionali, è già diventato simbolo: un civile che, disarmato, affronta un uomo con un fucile, lo placca, lo disarma e deposa l’arma a terra, guadagnando secondi preziosi per la fuga di genitori e bambini. Una scelta che, secondo il premier Minns, “ha salvato vite”. Ambulanze del NSW, unità di rianimazione e i primi soccorritori hanno operato per ore tra Archer Park, il Bondi Pavilion e Campbell Parade; oltre 40 i ricoveri, almeno sei in condizioni critiche nelle prime ore. Tra i feriti, due agenti.

Armi legali, licenze, controlli: le crepe del sistema e la risposta politica

C’è un punto che incendia il dibattito nazionale: secondo diverse fonti, i due avrebbero utilizzato armi legalmente detenute. Il premier Albanese ha annunciato l’intenzione di proporre nuove strette sulle armi, in coordinamento con i governi statali, includendo una revisione della durata delle licenze, limiti al numero di armi per persona e controlli più rigorosi sull’idoneità nel tempo dei titolari. Il premier Minns ha assicurato supporto a riforme che riducano l’accesso a armi ad alta potenza. Non è un dettaglio: l’equilibrio trovato dopo la strage di Port Arthur del 1996 — modello copiato in mezzo mondo — viene ora messo alla prova da un attacco deliberato, ideologicamente motivato e condotto con strumenti legalmente immatricolati.

Intelligence e precedenti conoscitivi: cosa sapevamo degli assalitori?

Nelle ore successive, fonti federali hanno riferito che uno dei due risultava “conosciuto” ai servizi di sicurezza, senza che fosse considerato una minaccia immediata. Una circostanza che rimette al centro la questione della valutazione dinamica del rischio: in che modo si aggiornano i profili? Quali segnali sfuggono quando un soggetto radicalizzato resta in una “zona grigia” che non consente interventi preventivi? È materia sensibile, che vedrà il confronto tra ASIO e il livello politico nelle prossime settimane.

“Non è tempo di ritorsioni”: l’appello alla calma

“Chiedo calma. Non è il momento della ritorsione”, ha insistito il commissario Lanyon, annunciando una presenza rafforzata dell’ordine pubblico ed operazioni di perquisizione in aree legate ai sospetti. Un messaggio chiarissimo anche alla luce del rischio di tensioni intercomunitarie e di emulazione. Le associazioni musulmane mainstream, come il Consiglio Nazionale degli Imam Australiani, hanno condannato senza esitazioni l’attacco, invitando all’unità.