15 dicembre 2025 - Aggiornato alle 15:02
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Brown University, sangue durante gli esami: due studenti uccisi e nove feriti, fermata una “persona di interesse”: il punto delle indagini

Il campus di Providence sospende le attività, mentre le indagini si concentrano su un uomo ripreso dalle telecamere: vestito di nero, visto uscire dall’edificio di ingegneria subito dopo la sparatoria

Redazione La Sicilia

15 Dicembre 2025, 12:25

Nel cuore della Brown University, sull’altura di College Hill, due studenti sono stati uccisi e nove persone ferite in una sparatoria avvenuta all’interno del Barus & Holley, l’edificio che ospita Ingegneria e Fisica. Le autorità hanno successivamente fermato un uomo come “persona di interesse”, mentre circolava un video che mostra un individuo vestito di nero uscire dall’edificio immediatamente dopo l’attacco. Le lezioni sono state sospese, il campus è rimasto sotto un imponente cordone di sicurezza e, con esso, una comunità intera ha visto incrinarsi la fragile normalità di fine semestre.

Che cosa è successo dentro il Barus & Holley

Secondo le prime ricostruzioni fornite dalle autorità di Providence e dai vertici dell’ateneo, l’assalto è avvenuto durante una sessione di revisione per gli esami finali. Un uomo è entrato nell’edificio e ha aperto il fuoco all’interno di un’aula. Fonti investigative parlano di più di 40 colpi esplosi con una pistola 9 mm; gli inquirenti avrebbero recuperato due armi — una dotata di mirino laser — e caricatori da 30 colpi, elementi su cui si concentrano gli accertamenti balistici. Almeno dieci delle persone colpite, comprese le due vittime, sarebbero studenti dell’università, ha spiegato la presidente di Brown, Christina Paxson, evidenziando che gli esami in corso avevano mantenuto aperti diversi accessi dell’edificio. Le condizioni dei feriti sono risultate variegate: sette in condizioni stabili, una in condizioni critiche ma stabili e una dimessa nelle ore successive, secondo gli aggiornamenti forniti dai funzionari locali. La gestione del soccorso, con l’invio di ambulanze verso il Rhode Island Hospital, ha impegnato per ore i servizi di emergenza.

Nel caos dei minuti immediatamente successivi, un ordine di shelter-in-place ha imposto a studenti e personale di rimanere al chiuso, mentre la polizia di Providence e le unità della polizia statale del Rhode Island bonificavano l’area, con il supporto di agenti federali della FBI e dell’ATF. La presidente Paxson è rientrata d’urgenza a Providence per guidare la risposta dell’ateneo: «È il giorno che speravamo non arrivasse mai», ha detto in serata ai giornalisti, annunciando la sospensione delle attività accademiche e la messa a disposizione di servizi di supporto psicologico per studenti e personale.

Le prime immagini e l’uomo vestito di nero

Un elemento chiave delle indagini è un filmato di sorveglianza diffuso poche ore dopo l’attacco: nelle immagini, un individuo completamente vestito di nero — con maschera mimetica grigia secondo alcune testimonianze — viene ripreso mentre lascia il Barus & Holley sul lato di Hope Street. Il volto non è nitidamente visibile, ma la sagoma, l’abbigliamento e la direzione di allontanamento hanno fornito piste operative immediate. Il video è stato acquisito insieme ad altre registrazioni di telecamere pubbliche e private; la polizia ha invitato residenti e commercianti della zona a condividere eventuali filmati di campanelli smart o sistemi di sicurezza domestici nella fascia oraria dell’attacco e nelle ore successive.

Il fermo in hotel e la caccia alle prove

All’alba di domenica 14 dicembre, dopo ore di perquisizioni e tracciamenti, le autorità hanno fermato in un hotel di Coventry, circa 45 chilometri a sud di Providence, una persona di interesse ritenuta potenzialmente collegata alla sparatoria. Secondo fonti investigative, al momento del fermo l’uomo — un ventenne o poco più — avrebbe avuto con sé due armi da fuoco; una di esse presenterebbe una “caratteristica unica” su cui si concentrano le verifiche degli esperti balistici. La FBI avrebbe contribuito con attività di geolocalizzazione cellulare e analisi di tabulati per stringere il cerchio intorno al sospetto.

La posizione dell’uomo — la cui identità non è stata resa pubblica — è rimasta, nelle prime ore, oggetto di comunicazioni differenti da parte dei media: alcune testate hanno parlato di un fermo in vista di possibili imputazioni, altre hanno riferito di un rilascio successivo, mentre la polizia continuava a raccogliere elementi. In assenza di un capo d’imputazione ufficiale e di una conferma univoca, gli inquirenti hanno mantenuto il riserbo, sottolineando che nessun altro sospetto era ricercato nell’immediato e che l’ordine di shelter-in-place poteva essere revocato.

Questa fase fluida dell’inchiesta, con notizie in evoluzione e un’attenzione spasmodica del pubblico, ha messo in evidenza tanto la complessità delle indagini su una scena del crimine estesa quanto l’esigenza di precisione nella comunicazione istituzionale, dopo che, nelle prime ore, un alert interno dell’università aveva erroneamente parlato di un sospetto già in custodia, salvo correzione venti minuti più tardi.

Le vittime: una comunità ferita e nomi che non dovrebbero apparire in cronaca

Sui due studenti uccisi le autorità mantengono un profilo di riservatezza, in attesa delle formalità di legge e del contatto con le famiglie. Tra i nove feriti, figure anche riconoscibili nella comunità studentesca più ampia: in almeno un caso, una giovane donna identificata da fonti scolastiche del North Carolina come Kendall Turner risulta in condizioni critiche ma stabili. Questi dettagli, filtrati tra ospedali, famiglie e media, raccontano la dimensione umana dell’evento, oltre i numeri freddi del bollettino.

La Brown University ha annunciato veglie e momenti di raccoglimento, oltre a una rete di counseling rafforzata per studenti e docenti. Il sindaco di Providence, Brett Smiley, ha parlato di «resilienza e coraggio» delle persone coinvolte, e ha invitato la cittadinanza a non rinunciare alle iniziative comunitarie del periodo natalizio come strumento — seppur parziale — di guarigione collettiva.

Il contesto: sicurezza nei campus, porte aperte per gli esami e vulnerabilità

Il Barus & Holley è uno stabile di sette piani che ospita laboratori e aule di Ingegneria e Fisica. In occasione degli esami finali, molte aree restano accessibili, con una conseguente maggiore permeabilità degli ingressi: un dettaglio operativo che, secondo il sindaco Smiley, ha probabilmente favorito l’accesso dell’assalitore. È un aspetto cruciale, perché mette in discussione l’equilibrio, da sempre delicato, tra apertura accademica e controllo degli accessi. Nelle prime ore successive all’attacco, l’università ha rafforzato la presenza di sicurezza sul campus e ha rilanciato le procedure di allerta: messaggi testuali, e-mail, sirene.

Molti studenti, rifugiati in aule o biblioteche, hanno descritto la scelta di nascondersi sotto i banchi, chiudere le luci, silenziare i telefoni: gesti imparati, purtroppo, nelle esercitazioni che ormai fanno parte della vita accademica statunitense. Non sono mancate storie che si intrecciano con una storia più lunga di violenza armata nelle scuole: alcuni studenti presenti a Brown hanno già vissuto sparatorie in precedenti istituti. La coincidenza del calendario con l’anniversario di Sandy Hook ha acceso parole forti da parte di associazioni come Sandy Hook Promise e da figure politiche — tra cui il senatore Chris Murphy — che hanno rinnovato un appello a riforme più incisive in materia di armi da fuoco.

Indagine in corso: balistica, catena delle prove, profilo dell’assalitore

L’ipotesi prevalente, al momento, è quella di un assalitore solitario. Restano da chiarire il movente, la relazione — se esistente — dell’autore con la Brown University, eventuali segnali preparatori e la possibile provenienza delle armi. Le indagini, precisano le autorità, sono aperte e qualsiasi conclusione affrettata rischia di danneggiare la solidità del caso.

Le parole delle istituzioni e lo choc del campus

«Abbiamo mobilitato tutte le risorse per proteggere la comunità e sostenere chi è stato colpito», ha detto Christina Paxson, che nelle ore successive ha incontrato studenti e famiglie. Il messaggio è duplice: vicinanza immediata alle vittime e determinazione nel portare l’indagine fino in fondo. Dal municipio, Brett Smiley ha insistito sulla collaborazione tra agenzie: oltre 400 agenti mobilitati fra polizia cittadina, statale e federale nelle prime fasi, una cifra che dà il senso dell’allarme e della dimensione dell’operazione.

Intanto, sul campus, molti docenti hanno ricalibrato programmi e scadenze. Le prove finali sono state annullate o rinviate, e le residenze studentesche sono diventate, per alcuni giorni, luoghi di ascolto e mutuo supporto. Le cappelle universitarie hanno aperto spazi di preghiera e silenzio. Sono dettagli minimi di fronte alla perdita di vite, ma sono anche la quotidianità con cui una comunità tenta di riannodare le trame.

Un dato che non lascia scampo: quasi quattrocento sparatorie di massa in un anno

La sparatoria alla Brown University si inserisce in un quadro nazionale che da anni registra numeri impressionanti. Nel 2025, gli Stati Uniti hanno contato quasi 400 episodi di sparatorie di massa secondo i conteggi aggiornati di Gun Violence Archive, un termometro tragico che registra eventi con quattro o più persone colpite da arma da fuoco, escluso il tiratore. Se il numero preciso varia di settimana in settimana, il trend non lascia margini di ambiguità: la violenza armata nelle scuole e negli atenei resta un rischio sistemico, non un’anomalia.

Questo dato, oltre a dare contesto, alimenta un dibattito politico che si è riacceso immediatamente: i sostenitori di norme più stringenti sulle armi invocano controlli universali dei precedenti, limiti sui caricatori ad alta capacità, e tracciabilità più robusta; altri insistono sulle esigenze di sicurezza perimetrale e sui diritti costituzionali. La sparatoria di Providence, sul piano del discorso pubblico, diventa così il caso concreto attorno a cui si polarizzano richieste e resistenze.